Storia GEOLOGICA d’Italia. Cap. 1

Nel 1912, il geofisico tedesco Alfred Wegener formulò la teoria della deriva dei continenti, secondo la quale le terre emerse sarebbero arrivate alla posizione attuale a partire dallo smembramento di un unico grande blocco circondato da un vasto oceano.

L’idea di Wegener incontrò per molti anni una forte ostilità e solo a partire dagli anni sessanta venne inglobata in una teoria più vasta che prende il nome di tettonica a zolle. Questa teoria è basata essenzialmente sulla suddivisione del globo terrestre in tre gusci concentrici che corrispondono a zone con caratteristiche chimiche e fisiche diverse: la crosta (di tipo oceanico o continentale), il mantello e il nucleo.

litosferaLa zona più esterna, che comprende la crosta e parte del mantello (litosfera) è più rigida della parte di mantello sottostante (astenosfera). Litosfera e astenosfera sono separate da una zona a bassa viscosità che favorisce lo scorrimento di una parte rispetto all’altra. La teoria della tettonica a zolle è in gran parte basata sul contrasto delle proprietà di deformazione tra litosfera rigida e astenosfera sottostante meno rigida e sulla presenza di una zona a minore viscosità tra le due. Differentemente da quanto ipotizzava Wegener, a muoversi non sono i pezzi di crosta continentale, ma le zolle di litosfera che scorrono sull’astenosfera e i continenti vengono trasportati come sassi incastrati in un ghiacciaio.

interno terraLa litosfera è attualmente divisa in sei zolle principali delle dimensioni di migliaia di chilometri e in un certo numero di zolle secondarie, molto più piccole. I vari pezzi di litosfera sono in continuo movimento relativo: in corrispondenza delle dorsali oceaniche le zolle si allontanano una dall’altra (margini divergenti) per convergere nelle zone dette di subduzione (margini convergenti).

La teoria della tettonica a zolle ha portato ad ipotizzare l’esistenza di profondi moti convettivi che trasportano in superficie, in corrispondenza delle dorsali medio-oceaniche, materiale fuso il quale spostandosi lateralmente e allontanandosi dall’asse della dorsale crea nuova crosta oceanica. In corrispondenza delle fosse, invece, la crosta oceanica sprofonda e viene riassorbita nel mantello.

La storia geologica dell’Italia e di tutta l’area mediterranea può essere inquadrata nei modelli di evoluzione di margini divergenti e convergenti. I movimenti litosferici che hanno conferito alla nostra penisola la struttura che oggi vediamo, benché si siano sviluppati nell’arco di centinaia di milioni di anni, rappresentano solo la fase geologica più recente.

[tratto da: http://vulcan.fis.uniroma3.it/lisetta/index.html]

Consigli utili su come affrontare serenamente la prima gravidanza

Paure e dubbi sono comuni nelle donne alle prese con la loro prima gravidanza. Uno stile di vita sano è importante per salvaguardare la salute di mamma e bimbo, e lo è anche sottoporsi agli esami di screening prenatale.

L’alimentazione va controllata. Bisogna nutrirsi in modo appropriato, senza esagerare col cibo, per introdurre le sostanze nutritive adatte allo sviluppo del bimbo e dare energia alla gestante. Aumentare troppo di peso può agevolare la comparsa del diabete, pericoloso per mamma e bebè.

Vietato assumere alcolici e fumare durante gravidanza e allattamento: il bimbo riceve tutto ciò che assume la madre. I ginecologi vietano fumo e alcol per evitare l’insorgere di complicazioni anche gravi. Ingerire molte bevande alcoliche può causare nel bimbo la sindrome fetale alcolica e di conseguenza disturbi psico-fisici. Fumare riduce la circolazione sanguigna diretta al feto con possibilità di parto prematuro.

Accertata la gravidanza, ci si deve sottoporre a specifiche analisi del sangue per controllare la presenza di infezioni o patologie di tipo virale e per scoprire se la gestante è immune a toxoplasmosi o rosolia (prese in gravidanza potrebbero nuocere al nascituro). Il ginecologo, scegliendo l’iter di screening prenatale più indicato, prescriverà alla gestante anche queste analisi.

Le medicine non sono vietate, ma la gestante non deve ricorrere al fai da te. Il ginecologo consiglierà i farmaci per determinati disturbi, che non siano dannosi per il feto. Se la gestante assume quotidianamente farmaci perché affetta da malattie, dovrà rivolgersi a uno specialista che si preoccuperà di adattare la cura.

Età della gestante superiore ai 35 anni1 o casi di anomalie cromosomiche o genetiche in famiglia, possono accrescere la possibilità di difetti cromosomici nel feto. Ginecologo o medico specialista in genetica sono le persone cui ci si deve rivolgere per conoscere i test di screening prenatale più indicati da fare.

Amniocentesi e villocentesi (esami diagnostici invasivi), sono affidabili al 100% per la rilevazione di anomalie fetali. Hanno un rischio d’aborto dell’1%1.

Il test del DNA fetale è un esame di screening non invasivo, senza rischio d’aborto. Esamina i frammenti di DNA fetali nel sangue materno e rileva con un’affidabilità del 99,9%2, alterazioni cromosomiche come Sindrome di Down, trisomia 21 e Sindrome di Edwards.

Per maggiori informazioni: www.testprenataleaurora.it

 

Fonti:

  1. Medicina dell’età prenatale: Prevenzione, diagnosi e terapia dei difetti congeniti e delle principali patologie gravidiche – Di Antonio L. Borrelli, Domenico Arduini, Antonio Cardone, Valerio Ventrut
  2. Poster Illumina ISPD_2014 Rev A

Scoprire e riconoscere il tappo mucoso

Prepararsi alla maternità significa ampliare la propria conoscenza di tutte le nozioni teoriche sulla gestazione. Nozioni che nel corso della gravidanza spesso non si conoscono e che vengono spiegate durante un corso preparto. Tra i dubbi più diffusi tra le future mamme troviamo quelli riguardanti il tappo mucoso e, vista la sua correlazione con l’avvio del travaglio, la difficoltà nel riconoscerlo e nel capire la sua funzione. Questi dubbi possono generare ansia nella donna; è bene quindi fare chiarezza.

È all’inizio della gravidanza che assistiamo alla formazione del tappo mucoso, che ha un ruolo importantissimo, ossia di sigillare l’utero impedendo aggressioni dell’ambiente esterno. Posizionato nel collo dell’utero, il muco cervicale rappresenta una barriera indispensabile per proteggere il bambino ma anche la mamma da batteri ed infezioni.

Il tappo rimane nella sua posizione fino al periodo prodromico, cioè quando l’utero comincia la preparazione al parto con piccole contrazioni. Il tappo mucoso verrà poi espulso nel momento in cui la cervice inizia a dilatarsi. Questo però non significa che il parto sia imminente. L’espulsione del muco può avvenire anche qualche giorno o addirittura qualche settimana prima dell’inizio del travaglio.

Se la perdita del tappo avviene troppo in anticipo (già sei settimane prima della data presunta del parto) occorre rivolgersi subito al proprio ginecologo, per verificare lo stato di chiusura del collo dell’utero e assicurarsi che il parto non avvenga prima del termine.

Il tappo mucoso fuoriesce in modo indolore e può avvenire anche in giorni diversi, sotto forma di piccole perdite. Generalmente il tappo mucoso ha una consistenza gelatinosa e filamentosa, somigliante alle normali secrezioni vaginali, aspetto che spesso lo fa passare come inosservato. Il colore invece può variare, dal biancastro/rosato a leggere striature marroncine dovute alla presenza, maggiore o minore, di sangue.

Nelle ultime fasi di espulsione del tappo, le perdite possono diventare maggiori o contenere più sangue; questa è la parte più interna del tappo mucoso, la cui fuoriuscita indica che il travaglio sta per iniziare.

Ogni futura mamma dovrà prestare particolare attenzione alle modalità di perdita del tappo mucoso e alle sue caratteristiche. In caso di perdite abbondanti o con molto sangue, di colore tendente al marrone o al giallo o che producono cattivo odore, è consigliato rivolgersi immediatamente al proprio ginecologo.

Frequentando un corso preparto potrai trovare le risposte a tutti i tuoi dubbi sulla gravidanza. Sul motore di ricerca di www.corso-preparto.it scopri tutti i corsi preparto e post parto della tua città.

 

Conservare il cordone ombelicale: i passaggi da conoscere

Conservazione cellule staminali del cordone ombelicale: una scelta importante, un atto di amore e di protezione, un’attenzione speciale per il bambino che sta per nascere e per la sua famiglia.

Una decisione a cui giungere dopo un percorso di consapevolezza e di valutazioni, ricercando informazioni ed offerte per scegliere la struttura migliore a cui affidare un tale patrimonio.

Ecco quindi che una coppia di neo genitori decide di conservare, seleziona la struttura e firma il contratto: ora cosa manca da fare? Quali azioni rimangono da compiere?

Dopo le prime fasi decisionali la mamma e il papà devono seguire semplici passi. Per prima cosa, prima di concludere l’accordo firmando il contratto, occorre verificare che la biobanca scelta offra standard elevati di qualità (in tal senso ricordiamo la certificazione di qualità GMP, un ottimo indicatore per capire la qualità del servizio, la principale certificazione internazionale nel campo della conservazione delle cellule staminali). Contemporaneamente è necessario occuparsi di un’assicurazione che possa garantire il servizio nel caso di insolvenza o di problemi finanziari della struttura.

Dopo la firma del contratto, papà e mamma dovranno adoperarsi per ottenere il nulla osta che consenta l’esportazione delle cellule staminali compilando dei moduli da presentare direttamente dalla direzione sanitaria dell’ospedale dove avverrà il parto.

Si passa poi al dover contattare la biobanca. I genitori riceveranno da quest’ultima un pacchetto informativo e uno speciale contenitore dove vengono posti gli strumenti necessari al prelievo e alla conservazione del sangue nel suo viaggio fino all’arrivo presso la biobanca. Il kit di raccolta contiene un’unità che registra la temperatura interna, che permetterà di monitorare costantemente lo stato del campione raccolto durante il viaggio.

Le migliori banche del cordone fanno di più: affiancano alla famiglia un tutor personale, sempre disponibile per chiarire dubbi e rispondere alle domande dei genitori.

 

Il giorno del parto ora è arrivato.

Mentre la mamma sarà impegnata ad affrontare il tanto atteso momento della nascita, il papà dovrà ricordarsi di portare in ospedale il kit per il prelievo, che verrà utilizzato dal personale medico per contenere il sangue cordonale prelevato dal cordone ombelicale.

Subito dopo la nascita è il momento di contattare la biobanca con una semplice telefonata; un corriere raggiungerà i neo genitori all’ospedale e per prendere in carico la spedizione del campione al laboratorio. Una volta raggiunta la biobanca, il campione verrà sottoposto a tutte le analisi necessarie per verificarne parametri quali la vitalità e il volume delle cellule raccolte. Superate le analisi, il campione è pronto per la vera e propria crioconservazione.

I genitori riceveranno il certificato di crioconservazione che attesta l’effettiva conservazione del campione nei biocontainers, speciali contenitori che lo mantengono ad una temperatura di – 196°C. Questa temperatura garantisce la conservazione ottimale del sangue per anni, assicurando al bambino o alla sua famiglia la possibilità di richiamare il campione in caso di necessità, dopo aver richiesto l’autorizzazione all’importazione al Ministero della Salute.

 

Per informazioni: www.sorgente.com

30 ANNI DI GREENPEACE ITALIA!

L’OLIO DI JOJOBA PER NON ROVINARE LA PELLE CON IL SOLE

Finalmente è arrivata l’estate, oggi vogliamo parlarvi dell’olio di Jojoba e delle sue incredibili proprietà che lo rendono un ottimo ingrediente per preparare cosmetici e creme solari sicure  per la nostra pelle e per quella dei nostri bambini.

L’olio di jojoba è una cera liquida prodotta dalla spremitura dei semi della Simmondsia chinensis storicamente usata dai nativi americani per lenire le irritazioni dei tessuti, e le infiammazioni delle mucose di occhi e gola, è ricco di vitamina E, vitamine del complesso B e minerali quali zinco, rame e iodio. A differenza di altri oli di cui vi abbiamo parlato in questa rubrica, l’olio di Jojoba non è utilizzato nell’alimentazione, non è assolutamente tossico se ingerito, ma è indigesto e provoca uno spiacevole effetto lassativo. La sua particolare forma molecolare lo rende molto simile al sebo umano, una sostanza grassa composta prevalentemente da colesterolo e acidi grassi, che serve a mantenere la pelle idratata e a proteggerla dall’attacco dei fattori esterni (batteri, sole, vento, sostanze chimiche presenti nell’aria), evitando così che essa si secchi e s’irriti. La grande somiglianza che presenta quest’olio con il sebo umano lo rende pertanto davvero un’ottima base per creme e solari, poiché è in grado di porre rimedio alla mancanza del naturale manto idrolipidico della pelle che provoca secchezza, irritazioni e desquamazioni ( soprattutto in seguito alle esposizioni solari che vanno a intaccare il sebo cutaneo).Inoltre l’olio di Jojoba penetra molto facilmente nella pelle lasciandola liscia e setosa, quindi è in grado di fornire un’ottima azione idratante. Inoltre quest’olio è in grado di rigenerare la pelle irritata, e di prevenire le rughe e l’invecchiamento cutaneo.

Vediamo ora insieme come realizzare una crema solare biologica e sicura per la pelle con l’olio di Jojoba.

INGREDIENTI

250 ml di olio di Jojoba

30 gr di cera d’api naturale

1 cucchiaio raso di ossido di zinco

2 gocce di olio essenziale di sandalo ( ne consigliamo l’uso per conferire alla crema un aroma gradevole poiché l’olio di jojoba è inodore e incolore)

 

PROCEDIMENTO

Poniamo la cera d’api in un pentolino e la facciamo sciogliere a bagnomaria, quando la cera si è sciolta completamente spegniamo il fuoco e aggiungiamo uno alla volta gli altri ingredienti continuando a mescolare sino al raggiungimento di un composto omogeneo.

Versiamo il composto in un barattolo e conserviamo a temperatura ambiente, la crema si conserva per circa un mese, ma il nostro consiglio è quello di prepararla e usarla in un lasso di tempo più breve in modo da non perdere le proprietà dell’olio di jojoba. Raccomandiamo anche esposizioni al sole brevi e non durante le ore più calde della giornata.

Laboratori con pennarelli

Quali colori sono più abituati ad usare i bambini?
Possono i pennarelli sostituire qualunque tipo di tecnica?
Una valutazione costruttiva per un variegato utilizzo dei pennarelli.

Lo stereotipo dei pennarelli
Il ‘pennarello’ in sé, come ogni strumento ha potenziale, valore o difficoltà intrinsechi. Purtroppo se ne fa un l’uso poco creativo e molto generico. lo si propone talmente tanto e ovunque (a scuola, al Museo, a casa, in ludoteca, in viaggio, in spiaggia, al ristorante…) che il suo uso è diventato eccessivo, smodato, quasi esclusivo. I bambini e le bambine senza i pennarelli si sentono persi, tanto da bloccarsi e sentirsi smarriti. Ho visto bambini con un disagio tale davanti all’assenza dei pennarelli da scomodare le lacrime!  Ho sentito bambini dire: ‘Senza non so disegnare!’. Ho osservato bambini, anche di 3 anni, cercare i pennarelli come un faro nella notte. Francamente mi sembra uno squilibrio eccessivo, ma soprattutto inspiegabile.
Occorre selezionare materiali, tipologie di colori e tecniche a seconda del tipo di percorso che si intende realizzare. Tra questi possiamo utilizzare i pennarelli, ma lo sforzo deve essere di proporli in una veste altra, rispetto al ruolo di contorno o di riempitivo di spazi delimitati. Lo stereotipo diffuso e radicato è un foglio bianco (A4) e il barattolo di pennarelli a punta maxi.SAMSUNG

Una cosa non vale l’altra
Il pennarello dovrebbe essere una possibile scelta tra il molteplice. Non l’unico modo con cui riesco ad esprimermi. Occorre porre molta attenzione a quello che trasmettiamo in maniera consapevole o meno. Perché non è vero che una cosa vale l’altra. Non è vero che indipendentemente da quello che utilizzo avrò lo stesso risultato. Non è vero che ha più valore il disegno preciso (con contorni in nero e colorato dentro), che imita la realtà, rispetto ad un opera che investiga il materiale o che gioca con le forme.

I pro e i contro dei pennarelli
Mi sono spesso chiesta il perché di tanta fortuna del pennarello, rispetto ad altre tecniche che stimo più congeniali ai bambini. Ovvero più intuitive e maneggevoli. Mi sono risposta che i pennarelli sono comodi, sporcano poco, hanno bisogno di nessun tipo di preparazione prima, né di sistemazione dopo l’utilizzo. Forse anche motivazioni commerciali. Oppure perché il pennarello si richiude con il tappo e viene messo via con rapidità e poca fatica. Si trasporta facilmente. A differenza del lavoro che c’è dietro ai colori da usare con i pennelli, come tempere, che necessitano di maggior tempo e attenzione.
SAMSUNGTuttavia lo stesso tipo di comodità-se così possiamo chiamarla- lo riscontro , per esempio, anche per cere e carboncini o per le matite colorate.
Usare in maniera esclusiva i pennarelli annichilisce capacità e competenze che vengono sviluppate attraverso altre strade. Si disimpara l’attesa accrescendo l’idea errata che tutto abbia un tempo uguale e breve. Incrementa l’omologazione di tecniche e soggetti da disegnare. Cristallizza un certo tipo di manualità, fino a disabituarsi a fare altri tipi di movimento. Cosa che produce insicurezza e rifiuto davanti a proposte diverse. E se non si corrono rischi e non si commettono errori si alimenta la paura di sbagliare.

SAMSUNGsono proprio da buttare?
Ovviamente no! E’ errato farne il centro dell’universo come escluderli totalmente dalle sperimentazioni. Proviamo a stravolgiamone l’uso: bagniamo il foglio per create sfumature o forme diverse da quelle che abbiamo creato;
facciamo un disegno a tecniche miste abbinandoli ad altri tipi di pratiche; utilizziamo tutte le punte disponibili sul mercato (non solo quelle grosse!!) per riconoscere e differenziare i tratti e lavorare- per esempio, sulle trame.
Utilizziamolo su supporti che non siano carta, ma per esempio pietre e notiamo il cambiamento di tono quando il colore si assorbe. Oppure mettiamone la punta in acqua e vediamo colorarsi il liquido e utilizziamolo, così, disciolto. In qualunque maniera lo adoperiamo quello che conta è che sia una scelta. Durante i miei laboratori, investo molto tempo ed energie a raccontare anche altro. Ad invitare i bambini e le bambine a fare scelte personali, autonome rispetto alla ‘regola generale’. Lasciare i materiali a disposizione perché la creazione è libera se libero mi sento di scegliere: il
supporto e sue dimensioni, la tecnica, il soggetto, il tempo di realizzazione e, quando è possibile, anche il momento in cui creare. Purtroppo non sempre ho a disposizione un tempo tale per accompagnare i bambini in una lenta riflessione
su se stessi. Ma non perdo occasione per mostrare che i pennarelli sono una possibilità. Tra tante

 

Cellule staminali cordonali: ecco come raccoglierle e conservarle

Sono tanti i dubbi che colgono il futuro genitore di fronte alla possibile raccolta e conservazione cordone
ombelicale e delle cellule staminali in esso contenute. Dubbi legittimi e naturali: “la procedura è da ritenersi
completamente sicura?” “Il bambino sentirà dolore?”. E ancora: “come si conservano le cellule così a lungo
nel tempo?”.
Diventa importante dunque informare e fare un po’ di chiarezza. Le procedure attraverso le quali viene
raccolto il sangue del cordone ombelicale sono da considerarsi completamente sicure ed indolori sia per il
bambino che per la madre.
La procedura viene infatti effettuata da personale adeguatamente formato e consiste nel trasferimento del
sangue cordonale dalla vena ombelicale ad una sacca ematica che contiene un anticoagulante; il tutto
effettuato attraverso un apposito ago di grosso calibro. Il campione così ottenuto viene poi sottoposto ad
opportune analisi ematologiche aventi lo scopo di valutare parametri quali la cellularità e il volume, oltre
alla presenza di eventuali batteri che potrebbero determinare problemi nella conservazione.
Una volta terminate le prime analisi, si passa ad ulteriori trattamenti come ad esempio l’eventuale
eliminazione della frazione plasmatica o dei globuli rossi, che permettono la conservazione all’interno di
una banca del cordone ombelicale.
Si passa poi alla fase della conservazione. Essa avviene all’interno di biocontainers sottoposti ad una
temperatura di – 196°C, realizzata attraverso l’uso di azoto liquido o aeriforme. Il campione viene infine
miscelato con un agente crioprotettivo, generalmente dimetilsolfossido al 10% (DMSO)1, per evitare la
formazione di ghiaccio.

Elevata l’attenzione riservata alla sicurezza: per tenere sotto controllo e segnalare rapidamente le possibili
variazioni di temperatura, rischiose per il processo di conservazione, le stanze che ospitano i biocontainers
sono sottoposte a speciali allarmi. Ulteriore precauzione è rappresentata da una fonte secondaria di azoto
applicata ai biocontainers, in grado di rilasciare azoto in caso di avarie o black out.
Ma per quanto tempo è possibile conservare le cellule staminali del cordone ombelicale?
Recenti studi scientifici hanno dimostrato che si possono raggiungere e superare i 20 anni di conservazione,
senza alcuna alterazione di vitalità e capacità proliferative e differenziative2 3.
Vanno ricordati in questa sede i risultati di una ricerca sperimentale in cui cellule staminali del cordone
umano sono state conservate per oltre 20 anni e poi trapiantate in un modello murino. Il risultato è
soddisfacente. Le cellule sono riuscite a ripopolare il midollo osseo dell’animale ad un primo trapianto, e
anche ad un secondo, avvenuto a distanza di sei mesi.
Risultati che sottolineano l’importanza della conservazione del cordone ombelicale. Una scelta
fondamentale per il futuro dei nostri figli e delle nostre famiglie.

 

Per ulteriori informazioni: www.sorgente.com
2Broxmeyer, H.E., et al., Hematopoietic stem/progenitor cells, generation of induced pluripotent stem cells,
and isolation of endothelial progenitors from 21- to 23.5-year cryopreserved cord blood. Blood. 117(18): p.
4773-7.   3Broxmeyer, H.E., Cord blood hematopoietic stem cell transplantation in StemBook, T.S.C.R. Community,  Editor. May 26, 2010.

Screening prenatale: i test da fare in gravidanza

Per assicurare uno stato di benessere al nascituro è molto importante che la gestante si prenda cura di se stessa e si sottoponga a regolari controlli e a test di diagnosi prenatale.

Vari sono i test di screening prenatale non invasivi per conoscere le probabilità di anomalie del feto; vediamo quali sono e quando possono essere svolti.

Bi test e translucenza nucale (11ª – 14ª settimana) sono esami svolti contemporaneamente. Con il Bi test si studiano due proteine (Free Beta-HCG e PAPP-A) dal campione di sangue materno prelevato, con la translucenza nucale si esegue un’ecografia per misurare il feto. Se i valori proteici o le misurazioni non rientrano nei valori di riferimento, occorre fare un test diagnostico invasivo per stabilire con certezza la presenza di anomalie fetali. 85% è la percentuale di affidabilità del Bi test, il quale non fornisce diagnosi ma probabilità di presenza di anomalie fetali (es. Sindrome di Down).

Un altro test di screening prenatale non invasivo si può fare dalla 10ª settimana. Questo test prevede un prelievo ematico dalla madre per controllare i frammenti di DNA fetale in circolo. Si utilizzano strumenti di ultima generazione e la precisione del test nell’individuazione di anomalie come le trisomie 21, 18, e 13, è del 99,9%1.

Il Tri test (15ª – 18ª settimana) prevede un prelievo ematico dalla gestante e un’ecografia. Dal sangue materno si esaminano i valori di tre sostanze: alfafetoproteina (AFP), estriolo non coniugato e gonadotropina corionica. Per controllare più nel dettaglio i valori delle analisi del sangue si esegue un’ecografia con la quale si determina l’eventuale presenza di anomalie (spina bifida, Sindrome di Down). Il Quadri Test è una variante del Tri test e immette tra i risultati anche i valori dell’inibina A (un ormone). L’attendibilità del Tri Test e del Quadri Test è del 70%. Non forniscono diagnosi ma probabilità che vi siano anomalie nel feto.

Sottoporsi agli esami di screening prenatale è consigliato a tutte le gestanti e in particolar modo a quelle che presentano fattori di rischio come familiarità con anomalie genetiche o età superiore ai 35 anni. Sottoporsi a test diagnostici invasivi, invece, si può rivelare necessario nel momento in cui i test di screening prenatale hanno rilevato anomalie e solo previa indicazione dello specialista.

Per avere indicazioni su quali test prenatali è possibile fare ci si può rivolgere al proprio ginecologo.

Per maggiori informazioni: www.testprenataleaurora.it

 

Fonti:

  1. Medicina dell’età prenatale: Prevenzione, diagnosi e terapia dei difetti congeniti e delle principali patologie gravidiche – Di Antonio L. Borrelli, Domenico Arduini, Antonio Cardone, Valerio Ventrut
  2. Poster Illumina ISPD_2014 Rev A

AMAZZONIA: INDIGENI MUNDURUKU DELIMITANO LE LORO TERRE INSIEME A GREENPEACE

ITAITUBA, 15.06.16 – Gli indigeni Munduruku sono impegnati, con l’aiuto di attivisti di Greenpeace, in un’operazione informale di delimitazione delle loro terre, nel cuore dell’Amazzonia, dove il governo brasiliano intende realizzare la mega diga di São Luiz do Tapajós. Un progetto devastante, che inonderà parte delle loro terre distruggendo una vasta area della foresta amazzonica.

Munduruku and Greenpeace Demarcate Indigenous Lands in the Heart of the Amazon Povo Munduruku inicia sinalização da Terra Indígena Sawré Muybu

I Munduruku, che abitano la valle del Tapajós da generazioni, combattono da più di trent’anni per difenderla dalla minaccia dei megaprogetti idroelettrici. “Questa è una battaglia importante non solo per noi, ma per tutti gli abitanti del Pianeta, perché stiamo parlando di una delle più grandi foreste al mondo” afferma Juarez, portavoce dei Munduruku.

 

Il primo importante risultato è stato ottenuto lo scorso aprile, quando l’Agenzia brasiliana per le popolazioni indigene (FUNAI) ha riconosciuto i territori dei Munduruku, fornendo la base legale per richiedere la sospensione della costruzione della mega diga. Questa sospensione è però solo temporanea e non equivale alla cancellazione del progetto, che avverrà solo nel caso in cui il governo brasiliano confermi la decisione del FUNAI di tutelare le terre Munduruku.

Munduruku and Greenpeace Demarcate Indigenous Lands in the Heart of the Amazon Povo Munduruku inicia sinalização da Terra Indígena Sawré Muybu

Attivisti di Greenpeace provenienti da diversi Paesi del mondo, tra cui l’Italia, hanno raggiunto i Munduruku nel villaggio di Sawré Muybu per installare pannelli solari e aiutarli a demarcare il loro territorio utilizzando cartelli simili a quelli che impiega il governo brasiliano. “Siamo al fianco dei Munduruku e ci battiamo perché siano rispettati i loro diritti e perché il progetto della diga venga cancellato una volta per tutte” afferma Martina Borghi, campagna foreste di Greenpeace Italia. “Non solo la diga cambierebbe per sempre la vita di questo popolo ma avrebbe anche un enorme impatto sulla incredibile biodiversità dell’Amazzonia”.

 

La diga di São Luiz do Tapajós, la prima delle 43 dighe previste sul fiume Tapajos, avrebbe un bacino di 729 chilometri quadri (circa l’estensione di New York) e sommergerebbe 400 chilometri quadri di foresta pluviale incontaminata, portando inoltre alla deforestazione di un’area di 2.200 chilometri quadri.

Munduruku and Greenpeace Demarcate Indigenous Lands in the Heart of the Amazon Povo Munduruku inicia sinalização da Terra Indígena Sawré Muybu

Greenpeace chiede alle imprese internazionali di prendere le distanze da questo progetto. Ad esempio, l’azienda tedesca Siemens negli ultimi anni da un lato ha rafforzato la sua presenza nel settore delle rinnovabili, ma d’altra parte ha partecipato anche alla realizzazione della diga di Belo Monte, sul fiume Xingu, che ha devastato un ampio tratto di foresta amazzonica. “Chiediamo a Siemens di confermare che non sarà coinvolta in alcun modo nella realizzazione della diga di São Luiz do Tapajós, un’operazione che sarebbe in netto contrasto con l’immagine “green” che pretende di mostrare. Siemens deve seguire l’esempio di Enel, che già all’inizio di quest’anno ha dichiarato che non prenderà parte a questo progetto” conclude Borghi.

 

Leggi il report DAMNING THE AMAZON (in inglese): http://www.greenpeace.org/brasil/Global/brasil/documentos/2016/Greenpeace_Damning_The_Amazon-The_Risky_Business_Of_Hydropower_In_The_Amazon-2016.pdf

Leggi il briefing “Amazzonia sbarrata” (in italiano): http://www.greenpeace.org/italy/Global/italy/report/2016/foreste/Briefing%20Tapajos_2404.Finale.pdf

Gabriele Salari, ufficio stampa, 06.68136061 int. 293 – 342.5532207

PREPARARE LA PELLE ALL’ESTATE CON L’OLIO DI RISO

Oggi vogliamo parlarvi dell’olio di riso, delle sue proprietà e di come può aiutarvi a preparare la pelle all’estate. Estremamente versatile nel suo utilizzo, sicuro su ogni tipo di pelle e decisamente più economico rispetto ad altri tipi di olio, l’olio di riso ( quello puro e Bio si intende!) è un ottimo alleato per risolvere numerosi problemi di pelle e capelli. Imparando a sfruttare al meglio le sue virtù si possono ottenere capelli, viso e pelle del corpo sempre perfetti.

L’olio di riso è conosciuto da secoli per le sue proprietà idratanti ed emollienti, svolgendo una potente azione nutriente può essere utilizzato sul viso per favorire la corretta idratazione oppure su tutto il corpo, specialmente prima dell’esposizione solare e nel momento immediatamente successivo, per prevenire problemi di pelle screpolata. L’olio di riso è anche in grado di rallentare l’invecchiamento cellulare e protegge la pelle dalle radiazioni solari, per questo i cosmetici a base di olio di riso sono particolarmente indicati per il trattamento della pelle nel periodo estivo. Un’altra proprietà che lo rende un prodotto fantastico per il periodo estivo è quella lenitiva, infatti è in grado di dare sollievo alla pelle irritata o scottata dal sole. Ultimo, ma non meno importante, l’olio di riso è anche un potente elasticizzante per la pelle, indicatissimo quindi per la prevenzione e la cura delle smagliature pre e post gravidanza.

 

Abbiamo visto quindi che le proprietà cosmetiche dell’olio di riso lo rendono un ottima base cosmetica per il periodo estivo, essendo in grado di nutrire e preparare la pelle alle esposizioni solari. La ricetta che vi proponiamo oggi è quella di uno SCRUB per il corpo a base di olio di riso, ottimo per pulire la pelle e nutrirla, ma può essere usato anche dopo la ceretta per lenire ed idratare la pelle appena sottoposta a stress. Vediamo insieme come prepararlo.

 

INGREDIENTI

100ml di olio di riso Bio

4 cucchiai rasi di zucchero

1 cucchiaio raso di bicarbonato

1/2 cucchiaio di miele

 

PROCEDIMENTO

Prendi una ciotola e versa uno alla volta gli ingredienti mescolandoli fino ad ottenere un composto omogeneo. Copri la ciotola con la pellicola trasparente, lo scrub è subito pronto all’uso. Applicalo il giorno dopo la ceretta massaggiando la pelle facendo assorbire l’olio e risciacqua per togliere i residui di zucchero. In questo modo avrai la pelle nutrita, e se lo applichi regolarmente eviterai che si formino fastidiosi peli incarniti e la follicolite.

 

Dalla manicure alla tinta: ecco come mantenersi belle in gravidanza

Durante la gravidanza, la gestante affronta (spesso con ansia) i cambiamenti naturali che il proprio corpo subisce giorno dopo giorno, e che sovente causano in lei la sensazione di essere meno attraente. Molte donne rinunciano alla bellezza in gravidanza poiché temono che la maggior parte dei trattamenti estetici possa nuocere al bimbo. Ricorrere a trattamenti di bellezza per farsi coccolare e sentirsi più belle non è vietato, e ciò lo può confermare la propria ostetrica, l’importante è seguire alcune raccomandazioni.

Manicure e pedicure sono ammesse, ma lo smalto è sconsigliato durante i primi tre mesi di gestazione (il periodo più delicato). Lo smalto e altri prodotti utilizzati dall’estetista contengono dei solventi e ciò richiede che questi due trattamenti estetici siano fatti in un ambiente ben arieggiato affinché non si respirino direttamente sostanze irritanti. Si sconsiglia l’applicazione di unghie finte, poiché la colla usata per applicarle potrebbe essere pericolosa. Gli strumenti con cui si farà la manicure, o la pedicure, devono essere perfettamente sterilizzati, e lo smalto non dovrà essere applicato troppo vicino alle cuticole, onde evitare il potenziale contatto con batteri e sostanze chimiche.

Nonostante i peli del corpo crescano più lentamente a causa della produzione di estrogeni è possibile concedersi un trattamento di epilazione. Per quanto riguarda la ceretta, è preferibile scegliere quella “a freddo”, oppure quella orientale con lo zucchero Kawala (l’epilazione è fatta usando una speciale pasta a base di zucchero). La ceretta “a caldo” provoca una dilatazione dei vasi sanguigni, e dopo lo strappo questi ultimi (soprattutto i capillari), possono subire uno stress. L’epilatore elettrico o il rasoio sono ottimi per le donne in dolce attesa che vogliono provvedere da sole all’epilazione. L’importante è usarli delicatamente evitando di tagliarsi. Meglio ridurre l’uso della crema epilatoria, poiché anche se agisce solo sulla superficie della pelle (quindi il bimbo non corre rischi) il contatto con sostanze chimiche e irritanti deve essere minimo. Sconsigliati durante la gravidanza i trattamenti di epilazione definitiva come il laser, la luce pulsata, l’elettrocoagulazione.  Dopo il parto è possibile farvi ricorso ma solo previo nullaosta medico.

E il parrucchiere? Le gestanti possono concedersi colpi di sole, mèches e tinta, ma solo dopo i primi tre mesi di gravidanza e solo con i prodotti per la colorazione dei capelli privi di ammoniaca, di sostanze tossiche (come ad esempio la resorcina), e che provocano allergia (come il nichel). La sicurezza dei colpi di sole e delle mèches è dovuta la fatto che la tinta non tocca il cuoio capelluto, e quindi si scongiura il contatto con sostanze chimiche. Un’ottima alternativa naturale è l’henné, anche se potrebbe causare un dermatite da contatto nella donna. Si consiglia di informare la parrucchiera del proprio stato, affinché possa prendere tutte le precauzioni possibili.

I massaggi sono consentiti, per ottenere relax e soprattutto sollievo al mal di schiena. Per migliorare la circolazione sanguigna e alleggerire le gambe dal gonfiore va bene il linfodrenaggio. Durante i massaggi bisogna evitare di farsi massaggiare la zona addominale. Si consiglia, tuttavia, di confrontarsi con il proprio medico curante prima di sottoporsi a qualunque tipo di trattamento di bellezza.

Per maggiori informazioni: www.corso-preparto.it

 

Pensieri su cui ragionare…

Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All’umanità che ne scaturisce. A costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. A non divenire uno sgomitatore sociale, a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo.
In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare…. A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. E’ un esercizio che mi riesce bene. E mi riconcilia con il mio sacro poco.
Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù…”

[Pier Paolo Pasolini]

Ci sarà… by nonna Tella

Quando ero piccola e la mamma mi leggeva una favola iniziava sempre con: “C’era una volta…in un paese lontano…”

Il sogno iniziava e…ogni cosa diventava grande, lontana e… misteriosa.

La mia favola non comincerà affatto così!

Ma…

Ci sarà un giorno, fra molti e molti anni, in un paese che non ha un nome definito, ma ogni abitante lo definisce come più gli aggrada, un  uomo felice. Veramente felice.

I suoi occhi avranno il colore del mare sereno, senza increspature né onde pericolose, talmente azzurri da perdere la definizione di azzurro per arrivare ad essere pura sensazione di colore. I capelli saranno neri, ma neri come le piume dei corvi e avranno il profumo del sole e della terra. L’aspetto sarà di una persona semplice ma la sua voce sarà sicura e rassicurante.

Il pregio maggiore di questa persona sarà sicuramente il saper leggere i pensieri dei bambini così saprà sempre distinguere il dolore dal capriccio. Un bel giorno questo signore, che chiameremo solo col suo nome di battesimo: Filippo, diventerà maestro ed insegnerà in una scuola elementare. Una scuola del futuro, dove non ci saranno solo i quaderni e le matite colorate, non ci saranno solo computer parlanti e robot comandati dal suono della voce ma… stupendi e lussureggianti giardini. Piante e fiori scintilleranno per i riflessi del sole in un cielo talmente pulito da farci credere che da molti anni l’uomo non inquina e rispetta il mondo in cui vive. Nel giardino di ogni scuola ci sarà una fontana e dentro tanti pesci di ogni colore. D’inverno, quando tutto diventerà bianco di neve e la fontana sarà gelata, i bambini pattineranno e giocheranno a scivolare sul ghiaccio. La serenità, la felicità faranno sì che i bambini impareranno molte cose e…siccome si capiranno sempre, qualunque lingua ognuno di loro parlerà, si vorranno bene. Anche i loro genitori avranno imparato a volersi bene e a cercare di capire prima di prendere posizione… Il maestro dagli occhi azzurri saprà insegnare loro a leggere col cuore e a vedere ogni cosa per quello che è. Insegnerà loro  ad usare ogni tecnologia e a non essere mai usati da nessuno…

 

Caro Francesco, ci sarà un giorno, fra molti anni , un mondo proprio come tu desideri… Se da oggi inizierai a pensarlo.

[by Donatella]

 

ZENZERO

ZINGIBER OFFICINALE

 

Lo zenzero è un’erba di cui di utilizza il rizoma. E’ originaria dell’India e fu Marco Polo a farla conoscere in Europa nel XIII secolo.

La pianta ha una buona efficacia in caso di:

  • chinetosi;
  • disturbi della digestione;
  • astenia;
  • impotenza/ fatica sessuale.

Lo zenzero è famoso per le sue virtù afrodisiache e per essere un aiuto per la fertilità.

Melody e il mondo di Armonia

Melody e il mondo di Armonia, una fiaba avventurosa fra i segreti della musica.

Rudy Mentale, autore reggiano, pubblica Melody e il mondo di Armonia, una fiaba nata dalla collaborazione con l’illustratore Ro Marcenaro.
Ricca di episodi avventurosi, la fiaba ha lo scopo principale di avvicinare i bambini alla musica, facendoli divertire nella esilarante scoperta di fantastici personaggi.

Concetti come Maggiore, Minore, Diminuito, Intervallo, Intonazione non saranno più un mistero per i piccoli lettori e tutto questo grazie ai protagonisti di questa fiaba: Musico, Polifonio, i gemelli Swing, Ritmo, I briganti andanti e tanti altri ancora condurranno la curiosità dei bambini nel misterioso e affascinante mondo della musica, il mondo di Armonia.

Presentato una prima volta nel 2014 nella modalità self publishing, ora Rudy Mentale pubblica questo racconto con Cerebro Editore di Milano.
La copertina è stata disegnata dal famoso illustratore Ro Marcenaro con il quale l’autore condivide il progetto futuro di realizzare una versione fumetto della fiaba. Una storia avvincente che, per il suo contenuto didattico, meriterebbe anche il grande schermo come cartone animato.

Melody e il mondo di Armonia conta 190 pagine, tutte da godere.
Distribuito da Fastbook, Libri diffusi e Cento libri, è prenotabile in qualunque libreria ed è reperibile in rete, sia in carta che in digitale, su tutti i siti più importanti, tra cui Amazon e Ibs.

Tutte le informazioni sul sito di Rudy Mentale: www.rudymentale.it
Email: rudy.mentale@yahoo.com
Tel: 3487473472

da Greenpeace: FAR WEST NEI MARI ITALIANI

ROMA, 31.03.16 – Nei mari italiani operano circa 100 piattaforme, a gas e petrolio, del cui impatto ambientale non si ha alcuna stima, misurazione o controllo. Greenpeace denuncia questa incredibile mancanza di supervisione dell’attività delle compagnie petrolifere nei nostri mari, precisando di avere appreso questa situazione da una nota stampa dell’ENI, proprietaria di gran parte degli impianti.
greenpeace
Questo l’antefatto: a seguito di una istanza pubblica di accesso agli atti, lo scorso settembre Greenpeace aveva ottenuto dal Ministero dell’Ambiente i piani di monitoraggio di 34 piattaforme di proprietà ENI. L’associazione ambientalista aveva però chiesto al Ministero di poter accedere ai dati di tutte le piattaforme operanti nei mari italiani, che secondo il Ministero dello Sviluppo Economico sono 135. Dal momento della diffusione di quei dati, Greenpeace ha ripetutamente chiesto – e con essa lo hanno fatto anche le Regioni promotrici del referendum sulle trivelle – cosa ne fosse delle oltre 100 piattaforme e strutture assimilabili di cui non aveva ricevuto alcun dato: il Ministero aveva deciso deliberatamente di limitare l’accesso agli atti, o il problema era l’assenza di monitoraggi?

A queste domande ha risposto ieri sera ENI, con una nota alle agenzie di stampa: “Relativamente alle ‘100 piattaforme mancanti’, per le quali secondo Greenpeace non sarebbero stati forniti i piani di monitoraggio, ENI spiega che quelle di propria pertinenza, non emettono scarichi a mare, né effettuano re-iniezione di acque di produzione in giacimento, pertanto non ci sono piani di monitoraggio prescritti e nessun dato da fornire”.

«Ecco svelato il mistero, finalmente: i petrolieri estraggono fonti inquinanti nei nostri mari e nessuno controlla. Alla faccia della “normativa severissima” che secondo il governo regolerebbe il settore, le attività di estrazione di gas e petrolio offshore assomigliano a un far west», dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. «Siamo un Paese in cui vengono (giustamente) controllati gli scarichi dei motorini, ma non si controllano le piattaforme in mare. È vergognoso e preoccupante».

Secondo Greenpeace è inoltre incredibile che ad aver chiarito questo aspetto non sia stato il Ministero per l’Ambiente, pure interrogato per settimane, ma ENI: viene da chiedersi quali siano le istituzioni del Paese, quelle del governo o quelle delle multinazionali fossili?

Greenpeace ritiene l’assenza di controlli su questi impianti un fatto gravissimo, che conferma la necessità di una vittoria del Sì al referendum del prossimo 17 aprile. Chiede che il Governo risponda pubblicamente di questa situazione, chiarendo all’opinione pubblica quali misure intende adottare per avviare quanto prima una seria attività di controllo. L’associazione ricorda anche come attualmente le piattaforme offshore siano state escluse – in virtù di un recepimento aberrante della direttiva 2012/18/UE (DL 26 giugno 2015, n. 105) – dalla categoria di “impianti a rischio di incidente rilevante”. In pratica il legislatore esclude a priori che queste strutture possano rompersi, incendiarsi, avere delle perdite rilevanti, collassare, affondare.

Riguardo alla mancata necessità di controllare le piattaforme che non re-iniettano le acque di produzione, Greenpeace segnala il caso (portato alla luce nelle scorse ore da “S”, il mensile di Live Sicilia) di 500 mila metri cubi di acque di strato, di lavaggio e di sentina che sarebbero state iniettate illegalmente nel pozzo Vega 6, del campo oli Vega della Edison, al largo delle coste di Pozzallo. I dati relativi a questo disastro ambientale verrebbero da un dossier di ISPRA, al centro di un procedimento penale della Procura di Ragusa. Gli inquirenti ipotizzano “gravi e reiterati attentati alla salubrità dell’ambiente e dell’ecosistema marino attuando, per pura finalità di contenimento dei costi e quindi di redditività aziendale, modalità criminali di smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi“. Secondo ISPRA la miscela smaltita illegalmente in mare contiene “metalli tossici, idrocarburi policiclici aromatici, composti organici aromatici e MTBE” e ha causato danni ambientali e inquinamento chimico. “La natura particolare delle matrici ambientali danneggiate”, secondo ISPRA, non potrà essere riportata “alle condizioni originali”.

Leggi il rapporto di Greenpeace “Trivelle fuorilegge”

trivelle
ROMA, 01.04.16 – Il 73 per cento delle piattaforme situate entro le 12 miglia marine dalle coste italiane sono non operative, non eroganti o erogano così poco da non versare neppure un centesimo di royalties alle casse pubbliche. Analizzando i dati presenti sul sito del Ministero per lo Sviluppo Economico relativi alla produzione delle piattaforme oggetto del referendum del prossimo 17 aprile, Greenpeace ha scoperto che in tre casi su quattro si tratta di impianti il cui ciclo industriale è chiaramente esaurito perché non producono o lo fanno in quantità insignificanti.

Come si può leggere nel documento “Vecchie spilorce” di Greenpeace, delle 88 piattaforme operanti entro le 12 miglia, ben 35 non sono di fatto in funzione: 6 risultano “non operative”, 28 sono classificate come “non eroganti”, mentre un’altra risulta essere di supporto a piattaforme “non eroganti”. Dunque, il 40 per cento di queste piattaforme resta in mezzo al mare solo per fare ruggine.

Ci sono poi altre 29 piattaforme che sono considerate “eroganti” ma che in realtà da anni producono così poco da rimanere costantemente sotto la franchigia, cioè sotto la soglia di produzione (pari a 50 mila tonnellate per il petrolio, 80 milioni di metri cubi standard per il gas) che esenta i petrolieri dal pagamento delle royalties. In altre parole, quasi un terzo delle piattaforme entro le 12 miglia continua a essere definito “erogante”, sebbene produca al di sotto dei limiti della franchigia (in alcuni casi da oltre 10 anni) e quindi non renda un centesimo di royalties alle casse pubbliche. È solo una finzione che permette ai petrolieri di evitare i costi di dismissione degli impianti.

In definitiva, solo 24 piattaforme (di cui una di supporto) operano abitualmente estraendo idrocarburi al di sopra della franchigia: rappresentano appena il 27 per cento delle piattaforme entro le 12 miglia. Greenpeace ne deduce che è urgente smantellare le altre 64 strutture – alcune vecchie più di 40 anni – che hanno palesemente esaurito il loro ciclo di produzione e che devono essere rimosse prima che il mare e la ruggine provochino cedimenti nella struttura, con il rischio di causare disastri ambientali.

«Abbiamo deciso di fare chiarezza: le piattaforme interessate dal referendum del 17 aprile sono ferrovecchi che nella maggioranza dei casi estraggono nulla o poco più e che non versano neppure un centesimo nelle casse pubbliche. È questo il comparto strategico che Renzi e il fronte astensionista difendono? Il 17 aprile votando Sì possiamo dare un termine certo alla presenza di questi inutili dinosauri nei nostri mari», dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace.

Leggi il documento “Vecchie spilorce”

Olio di palma… qual è la verita?

Cos’è l’olio di palma?

AfricanOilPalmL’olio di palma è un grasso  di origine vegetale. Si produce prevalentemente in Malesia e Indonesia, ma anche nelle zone tropicali del continente americano. E’ un grasso solido come il burro e quindi rende gli alimenti cremosi senza influenzare i sapori e permette anche di conservarli più a lungo.

L’olio è di colore rossastro e si ottiene dalla spremitura della polpa del frutto ma si ottiene anche dal seme (olio di palmisto che non è rosso), quindi possiamo dire che dai frutti della palma si ricavano due tipologie differenti di olio commestibile.

L’olio di palma è l’olio vegetale più usato al mondo sia nei prodotti alimentari che nel settore cosmetico, energetico, farmaceutico e anche nella produzione di mangimi. Le ragioni ddella sua diffusione a livello mondiale è douta al fatto che la pianta da cui deriva rende moltissimo. Il raccolto in base alla superficie di terreno utilizzata dà molto più olio rispetto ad esempio alla soia o al girasole (che richiederebbero più spazio).

 

Quali effetti ha sul nostro organismo?

L’olio di palma non è un veleno ma non per questo non rappresenta un rischio dal punto di vista nutrizionale.  Non ha colesterolo, ma contiene una quantità di acidi grassi saturi molto elevata rispetto ad altri oli.
In 100 grammi di olio di palma ci sono:

  • 47,1 grammi di acidi grassi saturi (l’olio di oliva ne ha 16,3) con una prevalenza per l’acido palmidico;
  • per il 39% da acidi grassi monoinsaturi (come l’acido oleico);
  • per l’11% da acidi grassi polinsaturi (come l’acido linoleico);
  • per meno dell’1% da elementi biologicamente attivi come carotenoidi, tocoferoli, steroli, squalene, coenzima Q10, fosfolipidi e polifenoli.

Una tale composizione, assunta in grande quantità  provoca rischi per cuore e circolazione.  Il rischio di assumerne una quantità rischiosa c’è visto che  l’olio di palma è praticamente dappertutto ed è facilmente accumulabile durante la giornata.

Anche l’Istituto Superiore di Sanità afferma: “non è l’olio di palma in sé, ma il fatto che rappresenta una rilevante fonte di acidi grassi saturi, cui le evidenze scientifiche attribuiscono – quando in eccesso nella dieta – effetti negativi sulla salute, in particolare rispetto al rischio di patologie cardiovascolari“.

 

Chi è più a rischio?

A fare attenzione devono essere soprattutto i bambini (da 3 a 10 anni), anziani, obesi, ipertesi e persone che hanno avuto in passato problemi cardiovascolari.

E l’ambiente? Quali danni subisce?

I danni per l’ambiente non sono da sottovalutare. Sopratutto in  Indonesia oltre il 70% delle coltivazioni si trovava in aree prima occupate da foreste, che sono state distrutte o incendiate per far posto alla coltivazione delle palme, causando la scomparsa dell’80-100% delle specie animali che le abitavano. Il danno è enorme per la biodiversità tipica di queste aree. Sono stati violati anche i diritti territoriali delle comunità indigene, con espropriazioni delle terre dei contadini e deportazioni di interi villaggi.

 

 

 

 

CINQUE ANNI DOPO FUKUSHIMA…

GREENPEACE: CINQUE ANNI DOPO FUKUSHIMA CIRCA CENTOMILA PERSONE NON SONO ANCORA TORNATE A CASA

MOSCA, 9.03.16 – Cinque anni dopo il disastro di Fukushima, avvenuto l’11 marzo 2011, circa centomila persone non sono ancora tornate a casa. I sopravvissuti di Cernobyl continuano a mangiare cibo con livelli di radioattività oltre i limiti, a trent’anni dalla catastrofe che ha privato centinaia di migliaia di persone della loro casa.

Entrambi i disastri continuano ad avere un impatto sulla vita quotidiana di milioni di persone, come emerge da “L’eredità nucleare di Fukushima e Cernobyl”, una ricerca di Greenpeace condotta in Giappone, Ucraina e Russia.
Nuclear Protest Projection.
“Per chi vive a Fukushima non si intravede la fine di questo incubo” afferma Junichi Sato, direttore esecutivo di Greenpeace Giappone. “L’industria nucleare e i governi di tutto il mondo hanno perpetuato il mito che si può tornare alla normalità dopo un incidente nucleare, ma l’evidenza mostra che questa è solo retorica”.

Dal rapporto di Greenpeace emerge che i governi stanno riducendo le misure di protezione dalla radioattività sia in Giappone che nei Paesi contaminati dal disastro di Cernobyl. Il monitoraggio ambientale e alimentare è stato tagliato nel secondo caso, mentre a Fukushima il governo vuole che la maggioranza della popolazione evacuata faccia rientro a casa nel 2017 anche se le aree sono ancora contaminate. Greenpeace chiede ai governi di continuare a fornire il dovuto sostegno economico ai sopravvissuti di Cernobyl e Fukushima.

Molti effetti negativi sulla salute sono stati osservati nelle comunità colpite da Cernobyl e da Fukushima e il monitoraggio della nei boschi ha mostrato un rischio elevato per la popolazione.

Trent’anni dopo Cernobyl circa cinque milioni di persone vivono in aree contaminate, nelle quali il tasso di mortalità è molto più alto della norma, il tasso di natalità è notevolmente più basso, l’incidenza di tumori è aumentata e il manifestarsi di malattie mentali è molto diffuso. A Fukushima, è stata registrata una crescita nell’incidenza di tumori alla tiroide tra i bambini, che non può essere pienamente giustificata dall’aumento dei controlli, e quasi un terzo delle madri che vivevano vicino ai reattori danneggiati ha mostrato sintomi di depressione.

Per la prima volta nella storia del Giappone proprio oggi un tribunale locale ha ordinato lo stop di due reattori nucleari per ragioni di sicurezza. I reattori 3 e 4 di Takahama erano stati riaccesi a fine gennaio, ma il reattore 4 era già stato bloccato dopo tre giorni per un problema tecnico. In Giappone rimangono così al momento solamente due reattori in funzione.

Leggi la sintesi (in italiano) de “L’eredità nucleare di Fukushima e Cernobyl”: http://www.greenpeace.org/italy/it/ufficiostampa/rapporti/Leredita-nucleare-di-Fukushima-e-Cernobyl/

Leggi il rapporto integrale (in inglese): http://www.greenpeace.org/international/en/publications/Campaign-reports/Nuclear-reports/Nuclear-Scars/

8 Marzo: un po di storia…

La data dell’8 marzo resta misteriosa, forse un poco manipolata, diventata commerciale… ma noi ripercorriamo le date e i fatti che ci permettano una valutazione personale.

ERRORI DI DATE.

La tragedia che commemoriamo l’8 marzo è avvenuta ma in data differente: il rogo della filanda in cui morirono decine di operaie avvenne a New York il 25 marzo 1911.
L’incendio della fabbrica Triangle, procurò la morte di 146 persone (123 donne e 23 uomini ). Erano in buona parte donne, immigrate dalla Germania, dall’Italia e dall’Europa dell’est; erano giovani (alcune avevano meno di 15 anni) e lavoravano anche 70 ore a settimana, con turni di 14 ore. Le condizioni di lavoro erano, come per tutti in quei tempi, precarie: poca sicurezza e materiali infiammabili posti in luoghi non sicuri e senza attrezzature per spegnere eventuali incendi.
la Triangle Shirtwaist Company produceva le camicette. Occupava gli ultimi tre piani in un palazzo alto 10 piani. All’ottavo piano, nel pomeriggio del 25 marzo 1911, si propagò un incendio che uccise 146 operai che, nel tentativo di salvarsi si lanciandosi dalle finestre perché le porte erano chiuse e non poterono essere utilizzate per uscire dalla trappola mortale.

CHI ISTITUI’ LA GIORNATA DELLE DONNE?

Il primo “vero” 8 marzo risale al 1914 in Germania quando i socialisti tedeschi promossero una “settimana rossa”( che cominciava l’8 marzo) e decisero di aprirla puntando sul tema del suffragio femminile. Il 9 marzo 1914 si tennero le celebrazioni In Francia.
A san Pietroburgo, l’8 marzo 1917 (23 febbraio secondo il calendario giuliano in vigore in Russia), le donne scesero in strada per chiedere cibo per i loro figli e il ritorno dei mariti dalle trincee. Fu una manifestazione imponente e nel 1921 questa data divenne la “Giornata internazionale dell’operaia“.
In Italia, nel 1946, fu Rita Montagnana, la moglie di Palmito Togliatti, a introdurre il simbolo delle celebrazioni dell’8 marzo. In quel momento era abbondante e disponibile la fioritura della mimosa che divenne il fiore simbolo della giornata.
«Largo dunque fin da oggi alle donne nei posti di Governo, largo alle donne nell’Assemblea Costituente, largo alle donne nelle Amministrazioni comunali; giusta retribuzione del lavoro femminile; tutte le vie del lavoro e del sapere aperte alle giovani» (Rita Montagnana, 10 febbraio 1945)

Il Piccolo Principe [Antoine de Saint-Exupéry] cap. 14°

CAPITOLO XIV

Il quinto pianeta era molto strano.
Vi era appena il posto per sistemare un lampione e l’uomo che l’accendeva.
Il piccolo principe non riusciva a spiegarsi a che potessero servire, spersi nel cielo, si di un pianeta senza case, senza abitanti, un lampione e il lampionaio.
Eppure si disse:
“Forse quest’uomo e’ veramente assurdo. Pero’ e’ meno assurdo del re, del vanitoso, dell’uomo d’affari e dell’ubriacone. Almeno il suo lavoro ha un senso. Questo accende il suo lampione, e’ come se facesse nascere una stella in piu’, o un fiore. Quando lo spegne addormenta il fiore o la stella. E’ una bellissima occupazione, ed e’ veramente utile, perche’ e’ bella”.
Salendo sul pianeta saluto’ rispettosamente l’uomo:
“Buon giorno. Perche’ spegni il tuo lampione?”
“E’ la consegna” rispose il lampionaio. “Buon giorno”.
“Che cos’e’ la consegna?”
“E’ di spegnere il mio lampione. Buona sera”.
E lo riaccese.
“E adesso perche’ lo riaccendi?”
“E’ la consegna”.
“Non capisco”, disse il piccolo principe.
“Non c’e’ nulla da capire”, disse l’uomo, “la consegna e’ la consegna. Buon giorno”. E spense il lampione.
Poi si asciugo’ la fronte con un fazzoletto a quadri rossi.
“Faccio un mestiere terribile. Una volta era ragionevole. Accendevo al mattino e spegnevo alla sera, e avevo il resto del giorno per riposarmi e il resto della notte per dormire…””

“E dopo di allora e’ cambiata la consegna?”
“La consegna non e’ cambiata”, disse il lampionaio, “e’ proprio questo il dramma. Il pianeta di anno in anno ha girato sempre piu’ in fretta e la consegna non e’ stata cambiata!”
“Ebbene?” disse il piccolo principe.
“Ebbene, ora che fa un giro al minuto, non ho piu’ un secondo di riposo. Accendo e spengo una volta al minuto!”
“E’ divertente! I giorni da te durano un minuto!”
“Non e’ per nulla divertente”, disse l’uomo.
“Lo sai che stiamo parlando da un mese?”
“Da un mese?”
“Si. Trenta minuti: trenta giorni!. Buona sera”.
E riaccese il suo lampione.
Il piccolo principe lo guardo’ e senti’ improvvisamente di amare questo uomo che era cosi’ fedele alla sua consegna. Si ricordo’ dei tramonti che lui stesso una volta andava a cercare, spostando la sua sedia. E volle aiutare il suo amico:
“Sai … conosco un modo per riposarti quando vorrai …”
“Lo vorrei sempre”, disse l’uomo.
Perche’ si puo’ essere nello stesso tempo fedeli e pigri.
E il piccolo principe continuo’:
“Il tuo pianeta e’ cosi’ piccolo che in tre passi ne puoi fare il giro. Non hai che da camminare abbastanza lentamente per rimanere sempre al sole. Quando vorrai riposarti camminerai e il giorno durera’ finche’ tu vorrai”.
“Non mi serve a molto”, disse l’uomo. “Cio’ che desidero soprattutto nella vita e’ di dormire”.
“Non hai fortuna”, disse il piccolo principe.
“Non ho fortuna”, rispose l’uomo. “Buon giorno”.
E spense il suo lampione.
Quest’uomo, si disse il piccolo principe, continuando il suo viaggio, quest’uomo sarebbe disprezzato da tutti gli altri , dal re, dal vanitoso, dall’ubriacone, dall’uomo d’affari. Tuttavia e’ il solo che non mi sembri ridicolo. Forse perche’ si occupa di altro che non di se stesso.
Ebbe un sospiro di rammarico e si disse ancora:
Questo e’ il solo di cui avrei potuto farmi un amico. Ma il suo pianeta e’ veramente troppo piccolo non c’e’ posto per due…
Quello che il piccolo principe non osava confessare a se stesso, era che di questo pianeta benedetto rimpiangeva soprattutto i millequattrocentoquaranta tramonti nelle ventiquattro ore.

Il Piccolo Principe [Antoine de Saint-Exupéry] cap. 13°

CAPITOLO XIII

Il quarto pianeta era abitato da un uomo d’affari.
Questo uomo era cosi’ occupato che non alzo’ neppure la testa all’arrivo del piccolo principe.
“Buon giorno”, gli disse questi. “La vostra sigaretta si e’ spenta”.
“Tre piu’ due fa cinque. Cinque piu’ sette: dodici.
Dodici piu’ tre: quindici. Buon giorno.
Quindici piu’ sette fa ventidue.
Ventidue piu’ sei: ventotto. Non ho tempo per riaccenderla.
Ventisei piu’ cinque trentuno.
Ouf! Dunque fa cinquecento e un milione seicento ventiduemila settecento trentuno”.
“Cinquecento e un milione di che?”
“Hem! Sei sempre li’? Cinquecento e un milione di … non lo so piu’. Ho talmente da fare!
Sono un uomo serio, io, non mi diverto con delle frottole!
Due piu’ cinque: sette…”
“Cinquecento e un milione di che?” ripete’ il piccolo principe che mai aveva rinunciato a una domanda una volta che l’aveva espressa.
L’uomo d’affari alzo’ la testa:
“Da cinquantaquattro anni che abito in questo pianeta non sono stato disturbato che tre volte.
La prima volta e’ stato ventidue anni fa, da una melolonta che era caduta chissa’ da dove.
Faceva un rumore spaventoso e ho fatto quattro errori in una addizione.
La seconda volta e’ stato undici anni fa per una crisi di reumatismi.
Non mi muovo mai, non ho il tempo di girandolare.
Sono un uomo serio, io.
La terza volta … eccolo! Dicevo dunque cinquecento e un milione”.
“Milione di che?”
L’uomo d’affari capi’ che non c’era speranza di pace.
“Milioni di quelle piccole cose che si vedono qualche volta nel cielo”.
“Di mosche?”
“Ma no, di piccole cose che brillano”.
“Di api?”
“Ma no. Di quelle piccole cose dorate che fanno fantasticare i poltroni. Ma sono un uomo serio, io! Non ho il tempo di fantasticare”.
“Ah! di stelle?”
“Eccoci. Di stelle”.
“E che ne fai di cinquecento milioni di stelle?”
“Cinquecento e un milione seicentoventiduemilasettecentotrentuno. Sono un uomo serio io, sono un uomo preciso.”
“E che te ne fai di queste stelle?”
“Che cosa me ne faccio?”
“Si”.
“Niente. Le possiedo io”.
“Tu possiedi le stelle?”
“Si”.
“Ma ho gia’ veduto un re che…”
“I re non possiedono. Ci regnano sopra. E’ molto diverso”.
“E a che ti serve possedere le stelle?”
“MI serve ad essere ricco”.
“E a che ti serve essere ricco?”
“A comperare delle altre stelle, se qualcuno ne trova”.
Questo qui, si disse il piccolo principe, ragiona un po’ come il mio ubriacone.
Ma pure domando’ ancora:
“Come si puo’ possedere le stelle?”
“Di chi sono?” rispose facendo stridere i denti l’uomo d’affari.
“Non lo so, di nessuno”.
“Allora sono mie che vi ho pensato per il primo”.
“E questo basta?”
“Certo. Quando trovi un diamante che non e’ di nessuno, e’ tuo. Quando trovi un’isola che non e’ di nessuno, e’ tua. Quando tu hai un’idea per il primo, la fai brevettare, ed e’ tua. E io possiedo le stelle, perche’ mai nessuno prima di me si e’ sognato di possederle”.
“Questo e’ vero”, disse il piccolo principe. “Che te ne fai?”
“Le amministro. Le conto e le riconto”, disse l’uomo d’affari. “E’ una cosa difficile, ma io sono un uomo serio!”
Il piccolo principe non era ancora soddisfatto.
“Io, se possiedo un fazzoletto di seta, posso metterlo intorno al collo e portarmelo via. Se possiedo un fiore, posso cogliere il mio fiore e portarlo con me. Ma tu non puoi cogliere le stelle”.
“No, ma posso depositarle alla banca”.
“Che cosa vuol dire?”
“Vuol dire che scrivo su un pezzetto di carta il numero delle mie stelle e poi chiudo a chiave questo pezzetto di carta in un cassetto”.
“Tutto qui?”
“E’ sufficiente”.
E’ divertente, penso’ il piccolo principe, e abbastanza poetico.
Ma non e’ molto serio.
Il piccolo principe aveva sulle cose serie delle idee molto diverse da quelle dei grandi.
“Io”, disse il piccolo principe, “possiedo un fiore che innaffio tutti i giorni. Possiedo tre vulcani dei quali spazzo il camino tutte le settimane. Perche’ spazzo il camino anche di quello spento. Non si sa mai.
E’ utile ai miei vulcani, ed e’ utile al mio fiore che io li possegga.
Ma tu non sei utile alle stelle…”
L’uomo d’affari apri’ la bocca ma non trovo’ niente da rispondere e il piccolo principe se ne ando’ .
Decisamente i grandi sono proprio straordinari, si disse semplicemente durante il viaggio.

Il Piccolo Principe [Antoine de Saint-Exupéry] cap. 11° e 12°

CAPITOLO XI

l secondo pianeta era abitato da un vanitoso.
“Ah! ah! ecco la visita di un ammiratore”, grido’ da lontano il vanitoso appena scorse il piccolo principe.
Per i vanitosi tutti gli altri uomini sono degli ammiratori.
“Buon giorno”, disse il piccolo principe, “che buffo cappello avete!”
“E’ per salutare”, gli rispose il vanitoso. “E’ per salutare quando mi acclamano, ma sfortunatamente non passa mai nessuno da queste parti”.
“Ah si?” disse il piccolo principe che non capiva.
“Batti le mani l’una contro l’altra”, consiglio’ percio’ il vanitoso.
Il piccolo principe batte’ le mani l’una contro l’altra e il vanitoso saluto’ con modestia sollevando il cappello.
E’ piu’ divertente che la visita al re, si disse il piccolo principe, e ricomincio’ a batter le mani l’una contro l’altra.
Il vanitoso ricomincio’ a salutare sollevando il cappello.
Dopo cinque minuti di questo esercizio il piccolo principe si stanco’ della monotonia del gioco: “E che cosa bisogna fare”, domando’, “perche’ il cappello caschi?”
Ma il vanitoso non l’intese.
I vanitoso non sentono altro che le lodi.
“Mi ammiri molto, veramente?” domando’ al piccolo principe.
“Che cosa vuol dire ammirare?”
“Ammirare vuol dire riconoscere che io sono l’uomo piu’ bello, piu’ elegante, piu’ ricco e piu’ intelligente di tutto il pianeta”.
“Fammi questo piacere. Ammirami lo stesso!”
“Ti ammiro”, disse il piccolo principe, alzando un poco le spalle, “ma tu che te ne fai?”
E il piccolo principe se ne ando’.
Decisamente i grandi sono ben bizzarri, diceva con semplicita’ a se stesso, durante il suo viaggio.

CAPITOLO XII

Il pianeta appresso era abitato da un ubriacone.IL PICCOLO PRINCIPE CAP 12
Questa visita fu molto breve, ma immerse il piccolo principe in una grande malinconia.
“Che cosa fai?” chiese all’ubriacone che stava in silenzio davanti a una collezione di bottiglie vuote e a una collezione di bottiglie piene.
“Bevo” rispose, in tono lugubre, l’ubriacone.
“Perche’ bevi?” domando’ il piccolo principe.
“Per dimenticare”, rispose l’ubriacone.
“Per dimenticare che cosa?” s’informo’ il piccolo principe che cominciava gia’ a compiangerlo.
“Per dimenticare che ho vergogna”, confesso’ l’ubriacone abbassando la testa.
“Vergogna di che?” insistette il piccolo principe che desiderava soccorrerlo.
“Vergogna di bere!” e l’ubriacone si chiuse in un silenzio definitivo.
Il piccolo principe se ne ando’ perplesso.
I grandi, decisamente, sono molto, molto bizzarri, si disse durante il viaggio.

COS’E’ UN CORSO PREPARTO

Il corso preparto è un corso pensato appositamente per le future mamme come te, per accompagnarti e donarti serenità grazie alle informazioni che apprenderai e che ti faranno vivere ancora più consapevolmente e intensamente gli ultimi meravigliosi mesi della gestazione. Alcuni professionisti dei corsi preparto sapranno inoltre insegnarti come interagire con il tuo bambino nel periodo in cui anche lui è più ricettivo e inizia lo sviluppo della sua personalità già nell’ambiente intrauterino.

La maternità è un momento irripetibile e unico: il tuo bambino cresce, nascerà e il legame che vi unisce oggi sarà la vostra forza per tutta la vita. L’umore di una futura mamma può variare a momenti, e forse te ne sei già resa conto. Nella quotidianità di una gestante ci sono attimi felici, di commozione, di euforia ma anche altri di ansie, pensieri, e insicurezze. L’incontro con altre gestanti come te sarà un’ottima occasione per condividere, con chi ha i tuoi stessi stati d’animo, esperienze e sogni per il futuro. Questa esplosione di emozioni contrastanti è il segnale che stai cambiando, che non sarai mai più solo una donna, ma la tua essenza si completerà definitivamente e sarai finalmente una mamma. I cambiamenti fisici e psicologici che stai vivendo sono utili per creare l’ambiente più adatto allo sviluppo del tuo bambino. La sensibilità, la capacità d’introspezione e l’intuito stanno aumentando: sarai madre ogni giorno di più e saprai interpretare i messaggi del tuo bambino.

Il percorso di accompagnamento alla nascita consiste in una serie di lezioni tenute da professionisti, ad ogni incontro apprenderai qualche nuovo strumento per affrontare serenamente la tua gravidanza, il tuo parto e il periodo dell’allattamento. Nella tua vita di futura mamma, soprattutto se al primo figlio, o “primipara” in termini medici, il corso preparto è un’esperienza indimenticabile che non può mancare. Il corso preparto è, inoltre, l’occasione d’incontro con altre future mamme che, è utile ripeterlo, si sentono esattamente come ti senti tu.

Per saperne di più…

Il Presepe… visto dai bambini di Scario.

La magia del Natale, immutata nel tempo, si rinnova quest’anno con un forte messaggio cristiano di solidarietà nel presepe artistico della scuola dell’infanzia di Scario. Se da una parte l’Italia si divide sul dibattito se sia giusto o meno fare i presepi nelle scuole, i bambini della scuola cilentana ne hanno realizzato uno che pensa a chi è meno fortunato aggiungendo simboli nuovi. Un presepe non solo da guardare, ma che farà riflettere.
Nell’allestimento del presepe realizzato dai piccoli studenti della scuola dell’infanzia e primaria di Scario, grazie all’aiuto delle maestre, ci sono immagini di profughi, mani di padri e madri in mare. Il fondo su cui è disegnato il presepe è una parete bianca, che diventa azzurra come il mare che i migranti solcano in cerca di una vita migliore. Su una barca c’è Gesù Bambino che lancia un salvagente in acqua per salvare i fratelli in mare. Il presepe realizzato a Scario è un invito alla riflessione ed alla solidarietà. Non poteva essere altrimenti in una scuola, diretta dalla preside Maria De Biase, che insegna ai piccoli a diventare «grandi

Caratteristiche e utilità del bump painting

Bump painting”: letteralmente, “disegnare sul pancione”.

Si tratta di una pratica molto diffusa al giorno d’oggi soprattutto all’interno dei corsi preparto in cui è possibile ottenere tutti i vantaggi di questa attività sia dal punto di vista estetico, sia sotto il profilo del legame affettivo e familiare che viene rafforzato grazie a questa pratica.
La crescita del pancione in gravidanza è vissuta per lo più in maniera positiva, perché rappresenta l’avvicinarsi del lieto evento che cambierà per sempre la vita della futura mamma; dal punto di vista estetico però il pancione può far sentire la donna meno attraente, soprattutto verso gli ultimi mesi della gravidanza, quando il diventa sempre più evidente.
Il bump painting ha, da questo punto di vista, una grande utilità: effettuare dei disegni sul pancione aiuta, infatti, la gestante a entrare in confidenza con le nuove forme, diminuendo la sensazione di non essere bella ed attraente durante la gravidanza. L’aspetto ludico di questa pratica favorisce anche un maggiore senso di consapevolezza dei cambiamenti che il corpo deve affrontare in questo periodo così delicato.
Dal punto di vista estetico, il bump painting è un metodo per vivere meglio la presenza ingombrante del pancione, spostando l’attenzione sulla possibilità di decorarlo e renderlo un vero e proprio ornamento che le faccia sentire più belle e valorizzate.
Un’altra caratteristica importante relativa a questa attività, che esula da quella meramente estetica, è determinata dalla possibilità di consolidare il legame con il proprio compagno o marito e con i figli più grandi: infatti, in molti corsi preparto si prevede anche la partecipazione della famiglia della gestante, in cui è possibile divertirsi insieme e svolgere quest’attività consolidando il legame familiare e di coppia.
Dal punto di vista individuale, la gestante può ottenere un vantaggio importante che è la possibilità di rilassarsi: il tocco leggero dei pennelli morbidi a contatto con la pelle del pancione assomiglia ad un dolce massaggio che porta una sensazione di rilassamento non solo alla mamma, ma anche al bimbo. In questo modo si rafforza anche il legame con il bambino che porta in grembo, imparando a prendere coscienza di ciò che comporta la gravidanza sia dal punto di vista dei cambiamenti del corpo, sia sotto il profilo del legame con il bebè.
Il bump painting – pratica imparentata con il body painting, che però non si concentra su una zona specifica del corpo – non è pericoloso: è sufficiente scegliere apposite colorazioni per svolgere questa attività, che sono prive di sostanze tossiche, e si possono ottenere anche a casa con coloranti alimentari, amido di mais, acqua e crema idratante.
Se stai cercando un corso preparto in cui svolgere questa attività nella tua città, vai su Ok Corso Preparto: il motore di ricerca numero 1 per i corsi preparto in tutta Italia!

A cura di: Ufficio Stampa Ok Corso Preparto

HALLOWEEN, una festa per tutti i bambini!

Cerchiamo di capire insieme lo spirito di Halloween, la festa più contagiosa, stimolante, coinvolgente e diffusa in tutto il mondo.

Come per tante altre ricorrenze, le sue origini sono molto lontane nel tempo: si legano a riti contadini, alle feste legate al raccolto, alla voglia di esorcizzare la paura della morte, la paura dell’ignoto…

La celebrazione di Halloween ha probabilmente origini Celtiche.
Gli antichi Celti (abitavano in Gran Bretagna, Irlanda e Francia) erano un popolo dedito all’agricoltura e alla pastorizia e festeggiavano l’inizio del Nuovo Anno il 1°Novembre, che era il giorno in cui si celebrava la fine della “stagione calda” e l’inizio della “stagione delle tenebre e del freddo”. La ricorrenza segnava la fine dei raccolti, il momento in cui le greggi venivano riportate negli ovili e ci si preparava a trascorrere il lungo inverno al cado delle proprie case.

La notte fra il 31 ottobre e il primo novembre era quindi una notte di “passaggio”: la notte di Samhain (fine dell’estate) che viene rivissuta in tantissime leggende. Questa era una notte magica: la notte in cui il Signore della Morte richiamava a sé gli spiriti dei morti, permettendo che questi si potessero unire al mondo dei vivi. Dal Tir Nan Oge (la terra dove risiedevano i morti, un posto felice dove i morti incontravano le Fate) i morti tornavano nella notte buia, sovvertendo tutte le leggi spazio-temporali.
Nella tradizione celtica le Fate erano spesso considerate ostili e pericolose per gli uomini e nella notte di Samhain, le leggende narrano che fossero solite fare degli scherzetti agli umani: li portavano a perdersi nelle “colline delle Fate” dove rimanevano intrappolati per sempre. I Celti, per farsi ben volere dalle Fate offrivano loro del cibo o del latte che veniva lasciato sui gradini delle loro case: da qui probabilmente l’usanza del detto “dolcetto o scherzetto”.
Ma “TRICK OR TREAT “(dolcetto o scherzetto) può risalire a quando i primi cristiani che erano in cammino da un villaggio all’altro, elemosinavano per un pezzo di pane, detto “dolce dell’anima”. In cambio di pane il cristiano prometteva preghiere per i defunti di quella casa: più preghiere ricevevano i defunti e prima avrebbero raggiunto
Il Paradiso.

Da queste leggende ha origine il famoso gioco del ” TRICK o TREAT” (Scherzetto o dolcetto). I bambini travestiti con maschere e costumi il più possibile mostruosi e terrificanti vanno di casa in casa, chiedendo dolcetti o qualche moneta; non ricevendo niente, possono fare un brutto scherzo ai proprietari di quella casa.

Ognissanti quindi… All Hallows?

Nell’alto medioevo, in Irlanda e Bretagna il cristianesimo si diffuse nelle terre celtiche diventando la religione maggiormente praticata dell’Impero Romano. In quel tempo venne istituito un giorno di festa della chiesa: Ognissanti (o Tutti i Santi: all hallows) da celebrare il primo novembre di ogni anno.
La festa di Ognissanti si sovrappone quindi a quella di Sahmain. Di seguito fu istituito il “giorno dei Morti il 2 novembre.
Poi in Europa la festività di Ognissanti fu considerata una festa dell’abbondanza, segnava la fine dell’anno del contadino, i raccolti erano nei granai e le dispense erano piene. In particolare in Gran Bretagna la festa divenne a allegra e gioiosa, ricca di cibo e spettacoli, travestimenti e canti. Veniva fatta elemosina ai poveri e venivano condivisi i frutti della terra.

Halloween arriva in America con gli immigrati scozzesi e irlandesi che condivisero con i loro ospiti le tradizioni e le feste; così fecero i tedeschi, i nativi, gli africani… ognuno aggiungeva un pezzetto della sua cultura, della sua superstizione e tradizione… così da far diventare Halloween una vera e propria festa multietnica e popolare. Insomma una festa liberatoria, trascinante, coinvolgente e dove le regole, per un giorno, vengono trasgredite!

Intorno al 1950 la festa diventa un business: costumi, dolci, decorazioni… coinvolgono grandi industrie e catene di distribuzione: Halloween diventa uno dei fenomeni culturali e commerciali più celebrati al mondo dopo il Natale.

Il simbolo di Halloween è la zucca intagliata… ma da dove arriva?

Sicuramente fa parte del folklore irlandese e dalla leggenda di Jack O’Lantern.

La leggenda narra che ad un certo Jack, un fannullone ubriacone, la sera di Halloween apparve il Demonio intenzionato ad impossessarsi della sua anima di peccatore. Jack non chiese pietà al diavolo ma… gli chiese di bere un ultimo bicchierino. Bevuto il bicchierino e non avendo da pagare, pregò il Demonio di trasformarsi in una moneta da 6 pence; avvenuta la mutazione Jack mise la moneta nel suo portafoglio che aveva una croce ricamata. Il diavolo fu irrimediabilmente imprigionato e dovette accettare di riavere la libertà in cambio di posticipare di un anno la dipartita di Jack.

Alla vigilia di Ognissanti dell’anno seguente, il Diavolo si ripresentò per avere l’anima dell’uomo. Il furbo Jack, questa volta gli fece accettare una scommessa: salito su di un albero, non sarebbe più riuscito a scendere. Il Diavolo salì su un albero e Jack immediatamente incise sulla corteccia una croce, che impedì al Diavolo di muoversi.

Avendo vinto ancora una volta, Jack propose al Diavolo un patto: egli avrebbe cancellato la croce, se lui si fosse impegnato a non cercarlo più.


Dopo un anno Jack morì e quando si presentò alle porte del Paradiso gli venne risposto che non sarebbe potuto entrare perché aveva condotto una vita dissoluta e piena di peccati. Anche il Diavolo gli negò il permesso di entrare all’inferno, perché era ancora adirato per come era stato imbrogliato da lui.
Il Diavolo però donò a Jack un tizzone ardente per illuminare la strada nel limbo oscuro. Jack, per far durare più a lungo quella luce, ripose il tizzone in una zucca svuotata, ricavandone una lanterna.
Da quel giorno, nelle notti della vigilia di Ognissanti è possibile scorgere la fiammella di Jack, che vaga alla ricerca della sua strada. Jack da quel momento fu soprannominato Jack O’Lantern ed ebbe inizio la tradizione della zucca di Halloween.

The White House Welcomes His Holiness Pope Francis

presidentobama_popefrancisPapa Francesco è arrivato alla Casa Bianca per la cerimonia di benvenuto negli Stati Uniti d’America  a bordo di una Fiat 500.

 

 

Vangelo da vivere…[Luca 18,23 e 18,27]

Un notabile interrogò il Signore Gesù: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli rispose: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre”». Costui disse: «Tutte queste cose le ho osservate fin dalla giovinezza». Udito ciò, Gesù gli disse: «Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; e vieni! Seguimi!».
Ma quello, udite queste parole, divenne assai triste perché era molto ricco.
(Luca 18,23)

Quando il Signore Gesù vide il notabile ricco così triste, disse: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio. È più facile infatti per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio!». Quelli che ascoltavano dissero: «E chi può essere salvato». Rispose:
«Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio»
(Luca 18,27)

Tutto l’occorrente da portare nella valigia per l’ospedale.

Prima del parto, la futura mamma e il suo compagno devono preparare tantissime cose, in vista dell’arrivo del piccolo: devono acquistare i mobili per la cameretta, il corredo, la carrozzina e i vestiti per i primi mesi di vita del bambino. Nei giorni che precedono il momento del parto, la donna deve incominciare a preparare anche la valigia per l’ospedale, con tutto l’occorrente per lei e per il nascituro. Per facilitare le donne in dolce attesa in questo compito, gli operatori dei corsi preparto in ospedale spesso predispongono una lista chiara delle cose che servono in quest’occasione e che possono essere diverse in base alla struttura prescelta.

Ciascuna struttura ospedaliera, infatti, segnala un certo numero di vestiti e alcuni oggetti che possono essere necessari alla donna. Generalizzando, cerchiamo di individuare un breve elenco di cose utili per la mamma e per il piccolo durante i giorni del ricovero. Ovviamente occorre tenere in considerazione la stagione in cui è previsto il parto, selezionando gli indumenti più adeguati, per evitare di soffrire il caldo o il freddo; per non essere presi alla sprovvista, è importante inoltre cominciare a predisporre l’occorrente già dal settimo mese. Alcuni poi consigliano di preferire un borsone alla tradizionale valigia rigida, poiché può essere più agevolmente richiuso nell’armadio della camera.

Per la futura mamma nella valigia per l’ospedale non potranno mancare camicie da notte o pigiami (sempre aperti sul seno per agevolare l’allattamento), una vestaglia, calzini, asciugamani puliti, tutti i prodotti per l’igiene personale e reggiseni per allattamento e coppette salvalatte. Allo stesso modo, le mamme dovranno acquistare anche mutandine a rete e gli appositi assorbenti per il post parto. Si consiglia inoltre di portare in ospedale anche uno spray per disinfettare il bagno e delle ciabattine da indossare anche mentre si fa la doccia. Infine, occorre tenere in valigia anche un cambio di vestiti per quando si verrà dimesse dalla struttura, documenti personali (carta d’identità e tessera sanitaria) e tutta la cartella clinica relativa ai mesi della gravidanza.

Per quanto riguarda invece il neonato, occorre portare un cambio d’abito per ciascun giorno che trascorrerà in ospedale. In particolare, è importante optare per vestitini comodi e pratici: tutine di cotone o in ciniglia (dipende se il parto è in estate o in inverno), alcuni body, calze, bavaglini, un cappellino, una copertina e almeno un cambio d’abito per il giorno dell’uscita dall’ospedale. Per lavarlo e proteggerlo, non bisogna dimenticare di acquistare salviettine umidificate, una crema protettiva, asciugamani morbidi, un sapone detergente delicato e un paio forbicine per le unghie. Alcune strutture ospedaliere forniscono alle donne i pannolini, ma è necessario accertarsene primi del ricovero.

Per prepararsi al momento del travaglio, alcune donne trovano particolarmente utile avere delle canzoni da ascoltare, che agevolino il rilassamento nelle ore di attesa. Sempre nel momento del travaglio, è molto importante avere a portata di mano dei calzini: alcune donne infatti soffrono il freddo ai piedi, soprattutto quando il travaglio arriva a durare diverse ore. Come per ogni “trasferta” occorrerà poi non dimenticare il caricabatterie del cellulare, in modo da poter avvisare e dare informazioni puntuali ad amici e parenti, un lucchetto per l’armadietto e, per non annoiarsi, qualcosa da leggere e delle cuffie per ascoltare la musica.

Stai cercando l’ospedale più vicino a te che organizza un corso preparto? Trovalo sul motore di ricerca Ok Corso Preparto.

A cura di: Ufficio Stampa Ok Corso Preparto