L’Arte a fine anno scolastico

Con l’avvicinarsi della fine dell’anno scolastico, voglio raccontavi l’esperienza avuta lo scorso anno con una scuola dell’Infanzia Toscana che come festa di chiusura dell’anno scolastico ha realizzato una esposizione (dei lavori di bambini e bambine) aperta al pubblico e intitolata “Maestra, facciamo un’arte?”.
La genesi
“Maestra, facciamo un’arte?” nasce dall’idea di un’insegnante. Il progetto prende le sue mosse dalla Carta dei Diritti dei Bambini all’arte e alla cultura, sposa in pieno anche le raccomandazioni nazionali della scuola. E nasce per portare i lavori dei bambini all’attenzione dell’intera comunità.
I temi scelti per la mostra sono “Io”, “Io e l’altro”, “Io e l’ambiente”. Ciascun tema si porta dietro il lavoro che le maestre hanno fatto con la propria sezione. Il tempo, le esperienze, le metodologie differenti. L’allestimento è stato studiato in base alle opere selezionate per essere esposte. A tutti i genitori è stato proposto di sostituire la festa di fine anno, con la creazione di questo evento.
Tutte le opere sposte sono state fatte durante l’anno scolastico dalle insegnanti. L’unico lavoro in cui sono intervenuta è quello collettivo messo in locandina. Perché volevamo come icona dell’evento un’opera che simboleggiasse spirito e approccio del progetto , ma anche della scuola. Dunque abbiamo provveduto a lavorare in gruppo e per stratificazioni grafiche, alternando bambini delle diverse sezioni e utilizzando tecniche differenti.
Arte a scuola
Costruire autostima, occuparsi delle relazioni, conquistare sicurezze e competenze, esprimersi, conoscersi. Sono alcuni degli aspetti da cui non può prescindere chi educa i bambini. Chi divide con loro il quotidiano. La scuola dell’infanzia resta il luogo privilegiato per la sperimentazione grafico pittorica, per l’esplorazione materica, per la ricerca espressiva con linguaggi non verbali. Portare fuori quest’universo e raccontarlo è stato il nostro obiettivo primario.
Potevamo considerarla solo una festa di fine anno , solo un’esposizione di disegni di bambini e bambine in età prescolare. Già così avrebbe avuto il suo peso sociale e culturale. Ma noi l’abbiamo voluta considerare anche questo. Ma non solo. “Maestra facciamo un’arte?” è voluta essere una riflessione sul valore educativo dell’arte. Un momento di confronto professionale, emozionale, relazionale. Uno spazio di incontro tra cittadini, genitori, scuola e territorio. Una racconto caleidoscopico di quanto c’è dietro anche un solo disegno.
La mostra è stata allestita in uno spazio espositivo che prevedeva due sale rettangolari attigue. Nella prima sala senza percorso prestabilito, abbiamo codificato lo spazio contrassegnando ogni tema con un colore, in modo da rendere il percorso di visita il più autonomo e flessibile possibile. Abbiamo inserito postazioni con giochi interattivi. Nella seconda sala più piccola abbiamo organizzato uno spazio consultazione, rilegando i lavori non esposti. E previsto un maxi schermo retroilluminato su cui scorrevano le foto dei bambini al lavoro.


Le cartoline e la boccia dei pesci
Invece di inserire un libro di firmare per la visita, abbiamo preparato delle cartoline disegnate dai bambini, che recavano come francobollo un arcobaleno. Abbiamo chiesto a chi visitava la mostra di lasciare un messaggio da imbucare nella vasca dei pesci con la promessa di leggerlo ai bambini nei giorni successivi. Con questo simbolo si è voluto evidenziare l’andamento circolare che abbiamo assegnato alla Mostra. Sottolineando che ciascuno di noi ha il suo ruolo nel cerchio della…cultura.

Siamo partiti dai bambini e il loro diritto all’arte e alla cultura –  passati attraverso le proposte delle maestre – mostrato alla comunità cittadina il prodotto finito e il percorso fatto – accolto le reazioni del territorio – ritorno dei commenti a scuola dai bambini!

L’ultimo passaggio diventa nuovamente il primo! Ciascuna componente esiste e si sostanzia attraverso le altre. Il passaggio precedente prepara quello successivo, che attraverso il primo si rafforza. Se viene meno una componente si crea un gap comunicativo e il dialogo costruttivo si interrompe.
Le maestre
Io devo il mio profondo ringraziamento alle maestre e a tutto il personale scolastico. Perché il successo di un progetto è sempre un mix di condizioni favorevoli. Un lavoro così complesso è stato possibile grazie a impegno e volontà dell’intero gruppo-scuola. Dopo le palpabili perplessità dei primi incontri in cui esponevo le prime proposte, sono stata letteralmente travolta dall’entusiasmo. Sono stata testimone della loro quotidianità fatta di gesti concreti. Avvolta poi da una coltre di crescente e costante emozione. Ciascuna a proprio modo, col proprio approccio critico e metodologico. Abbiamo esaminato e dibattuto qualunque aspetto della mostra: dalle opere da scegliere, a come posizionarle a cosa di esse raccontare.
I bambini
Ultime ma non ultime le mie considerazioni sui bambine e bambini protagonisti della mostra con cui ho avuto il piacere e l’onore di condividere qualche ora in classe e lo spazio in mostra. Le maestre si sono preoccupate di preparare i bambini a questo evento. Presentando la mia figura, dialogando di ogni aspetto, interrogandoli su grandi temi (per esempio cos’è bello cosa no?) e ascoltando domande e raccogliendo esclamazioni, considerazioni, dubbi. Il titolo stesso della mostra è la domanda che un bambino fa alla sua maestra! Segno di un dialogo aperto e costruttivo. I bambini hanno vissuto questa esperienza con grande eccitazione e responsabilità, ma anche tutta la profondità e la leggerezza di cui sono capaci. Venuti alla Mostra con il vestito della festa hanno cercato esposte i propri disegni, indicandoli a tutti. Hanno interagito con la proiezione video in un gioco di visione e rappresentazione irresistibile. Hanno invitato all’esposizione nonni, amici, parenti o l’intero condominio. Hanno mantenuto il contegno dovuto il tempo necessario e poi hanno giocato a tana nascondendosi tra gli espositori.

A cura di Leontina Sorrentino.

Prevenire i tumori: come fare?

Lo stato di salute di ogni persona è particolarmente influenzato dallo stile di vita che segue.

Seguire un regime alimentare adeguato, praticare attività fisica e mantenere sotto controllo il peso sono buone abitudini che hanno un ruolo determinante nella prevenzione di alcune forme di tumore, come il cancro al seno, al fegato, all’esofago e al colon-retto1.
L’alimentazione incide nel mantenimento di un buono stato di salute e nella prevenzione di diverse patologie e malattie oncologiche e proprio su questo argomento sono stati effettuati numerosi studi. Nei paesi occidentali il 30% dei casi di tumore è legato all’alimentazione, rendendo l’attenzione per la dieta il secondo fattore di prevenzione più importante, subito dopo il non fumare1.
Alcune sostanze presenti nei cibi che consumiamo quotidianamente sono considerate pericolose per l’insorgere di neoplasie. Per esempio: i nitriti e i nitrati (utilizzati per conservare i salumi), alfatossine, generate da muffe nei cibi, grassi e proteine animali assunte in eccesso2. I cibi considerati “alleati” per la salute sono la frutta, la verdura, i cereali, la pasta, il pane e i legumi. Anche gli alimenti e le sostanze tipiche delle cucine internazionali possono diventare ottimi alleati per la salute, come la soia, le alghe, il curry e lo zenzero. Le fibre sono molto utili nella prevenzione di diverse forme di tumore, come il cancro al seno e allo stomaco, la cui incidenza è inferiore in chi segue un regime alimentare ricco di fibre2,3. Queste ultime capaci di regolare la produzione di estrogeni che, ad alti livelli, sono associati ad un aumento del rischio di tumore alla mammella.
Seguire un’alimentazione equilibrata è importante anche per mantenere il giusto peso, che influisce sulla prevenzione dell’insorgenza di tumori. L’ideale indice di massa corporea dovrebbe essere compreso tra 18,5 e 251 (valore che si calcola dividendo il peso espresso in chili per il quadrato dell’altezza espressa in metri).
Anche praticare sport è una buona e sana abitudine per la salute. Secondo alcuni studi le donne che praticano attività fisica regolarmente mantengono un peso nella norma e hanno il 12% di rischio in meno di ammalarsi di tumore al seno4. Per limitare la sedentarietà basta iniziare facendo quotidianamente una camminata veloce di 30 minuti per poi passare ad attività più regolari della durata di un’ora, a seconda della propria forma fisica5.
Oltre a seguire queste sane abitudini quotidiane è importante sottoporsi ad esami di screening regolari, controlli con specialisti e test genetici per la rilevazione di mutazioni associate ad alcune tipologie di tumori (come il test BRCA per la prevenzione del tumore al seno). È molto importante rivolgersi al proprio medico per definire il percorso di screening più adatto alla propria salute e alla familiarità con alcune forme di tumore.
Per maggiori informazioni sui test genetici BRCA per il tumore al seno: www.brcasorgente.it
Fonti:

1. Diet, nutrition and the prevention of cancer ­ Timothy J. Key, Arthur Schatzkin, Walter C. Willett, Naomi E. Allen, Elizabeth A. Spencer and Ruth C. Travis
2. Risch HA, Jain M, Choi NW, et al. Dietary factors and the incidence of cancer of the stomach. Am J Epidemiol. 1985;122:947­959.
3. Lubin F, Wax Y, Modan B, et al. Role of fat, animal protein and dietary fiber in breast cancer etiology: a case control study. J Natl Cancer Inst. 1986;77:605­612.
4. The European CanCer Organisation (ECCO)
5. Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro ­ airc.it

Toxoplasmosi in gravidanza: quali misure preventive adottare

Quando una mamma è in attesa del suo bebè adotta tanti accorgimenti per condurre la gravidanza serenamente. Un’alimentazione sana e una costante attività sportiva sono buone abitudini che vanno di pari passo con il sottoporsi ad esami di screening non invasivi o di diagnosi prenatale.
Il percorso di screening prenatale prevede anche degli esami del sangue tramite i quali è possibile rilevare non solo la presenza di infezioni, ma anche stabilire se la gestante è immune o meno a due malattie, quali la rosolia e la toxoplasmosi, che se contratte durante la gravidanza possono causare problemi al feto¹.
La toxoplasmosi, una volta contratta durante la gestazione può essere trasmessa al feto. Questa malattia è causata dal parassita Toxoplasma Gondii, ospitato da gatti e felini². La gravità dell’infezione varia in base all’epoca della gestazione in cui viene contratta: più avviene in fase precoce, tanto più i danni al feto sono maggiori³. Diversamente quanto più la gravidanza è inoltrata, tanto più la frequenza di contagio è maggiore⁴. La toxoplasmosi può essere contratta entrando in contatto con feci di gatto oppure consumando carne e pesce poco cotti o crudi. Uno studio europeo ha rivelato appunto che la prima fonte di contagio in gravidanza è il consumo di carne cotta poco o cruda⁵.
Per prevenire la toxoplasmosi in gravidanza è bene seguire i seguenti accorgimenti:
⦁ evitare il consumo di insaccati, carne e pesce crudi o poco cotti
⦁ lavarsi bene le mani di prima di iniziare a mangiare
⦁ lavare accuratamente frutta e verdura, comprese le insalate preconfezionate
⦁ evitare il contatto con terreno che potrebbe essere contaminato per la presenza di feci di gatto. Nel dubbio è sempre meglio usare dei guanti di protezione e lavarsi bene le mani successivamente.
Controlli medici ed esami del sangue sono importanti per verificare l’immunità alla toxoplasmosi. I prelievi ematici fanno parte dei percorsi di screening prenatale consigliati a tutte le mamme in dolce attesa. Tra gli esami di screening prenatale c’è il test del DNA fetale che rileva in modo non invasivo le principali trisomie cromosomiche come la Sindrome di Down e le microdelezioni.
Per ulteriori informazioni sullo screening prenatale non invasivo visita il sito www.testprenataleaurora.it
Fonti:
⦁ Principi di malattie infettive – a cura di L. Calza; pag. 207
⦁ Medicina dell’età prenatale: Prevenzione, diagnosi e terapia dei difetti congeniti e delle principali patologie gravidiche – Di Antonio L. Borrelli, Domenico Arduini, Antonio Cardone, Valerio Ventrut; pag. 294
⦁ Gravidanza fisiologica, linea guida 20 – a cura del Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità,
CeVEAS
⦁ Enciclopedia medica italiana, Volume 10; Uses Edizioni Scientifiche – Firenze; pag. 397
⦁ Cook AJ, Gilbert RE et al. Sources of Toxoplasma infection in pregnant women: European multicentre case-control study. BMJ 2000; 321:142-7

INNO ALLA DONNA

Stupenda
immacolata fortuna
per te tutte le creature
del regno
si sono aperte
e tu sei diventata la regina
delle nostre ombre
per te gli uomini
hanno preso
innumerevoli voli
creato l’alveare del
pensiero
per te donna è sorto
il mormorio dell’acqua
unica grazia
e tremi per i tuoi
incantesimi
che sono nelle tue mani
e tu hai un sogno
per ogni estate
un figlio per ogni pianto
un sospetto d’amore
per ogni capello
ora sei donna
tutto un perdono
e così come vi abita
il pensiero divino
fiorirà in segreto
attorniato
dalla tua grazia.

LE DONNE

Ci sono donne…
E poi ci sono le Donne Donne…
E quelle non devi provare a capirle,
perchè sarebbe una battaglia persa in partenza.
Le devi prendere e basta.
Devi prenderle e baciarle, e non devi dare loro il tempo il tempo di pensare.
Devi spazzare via con un abbraccio
che toglie il fiato, quelle paure che ti sapranno confidare una volta sola, una soltanto
a bassa, bassissima voce. Perchè si vergognano delle proprie debolezze e, dopo
averle raccontate si tormentano – in una agonia
lenta e silenziosa – al pensiero che, scoprendo il fianco, e mostrandosi umane e fragili e
bisognose per un piccolo fottutissimo attimo,
vedranno le tue spalle voltarsi ed i tuoi passi
allontanarsi.
Perciò prendile e amale. Amale vestite, che a
spogliarsi son brave tutte.
Amale indifese e senza trucco, perchè non sai
quanto gli occhi di una donna possono trovare
scudo dietro un velo di mascara.
Amale addormentate, un po’ ammaccate quando il sonno le stropiccia.
Amale sapendo che non ne hanno bisogno: sanno bastare a se stesse.
Ma appunto per questo, sapranno amare te come nessuna prima di loro.

BAMBINO

 

Bambino, se trovi l’aquilone della tua fantasia
legalo con l’intelligenza del cuore.
Vedrai sorgere giardini incantati
e tua madre diventerà una pianta
che ti coprirà con le sue foglie.
Fa delle tue mani due bianche colombe
che portino la pace ovunque
e l’ordine delle cose.
Ma prima di imparare a scrivere
guardati nell’acqua del sentimento.

IL SOLE DEI VECCHI

Il sole dei vecchi
è un sole stanco.
Trema come una stella
e non si fa vedere,
ma solca le acque d’argento
Dei notturni favori
E tu che hai le mani piene
d’amore per i vecchi
Sappi che sono fanciulli

Attenti al loro pudore.

TU ERI LA VERITA’

Tu eri la verità, il mio confine,
la mia debole rete,
ma mi sono schiantata
contro l’albero del bene e del male,
ho mangiato anch’io la mela
della tua onnipresenza
e ne sono riuscita
vuota di ogni sapienza,
perché tu eri la mia dottrina,
e il calice della tua vita
sfiorava tutte le rose.
Ora ti sei confusa
con gli oscuri argomenti della lira
ma invano soffochi la tua voce
nelle radici – spirali degli alberi,
invano getti gemiti
da sotto la terra,
perché io verrò a cercarti
scaverò il tuo fermento,
madre, cercherò negli spiriti
quello più chiaro e più fermo,
colui che aveva i tuoi occhi
e la tua limpida voce
e il tuo dolce coraggio
fatto soltanto di stelle

ANIMA MIA

Anima mia che metti le ali
e sei un bruco possente
ti fa meno male l’oblio
che questo cerchio di velo.

E se diventi farfalla
nessuno pensa più
a ciò che è stato
quando strisciavi per terra
e non volevi le ali.

I POETI LAVORANO DI NOTTE

I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.

I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.

Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.

QUELLE COME ME

Quelle come me regalano sogni, anche a costo di rimanerne prive.
Quelle come me donano l’anima,
perché un’anima da sola è come una goccia d’acqua nel deserto.
Quelle come me tendono la mano ed aiutano a rialzarsi,
pur correndo il rischio di cadere a loro volta.
Quelle come me guardano avanti,
anche se il cuore rimane sempre qualche passo indietro.
Quelle come me cercano un senso all’esistere e, quando lo trovano,
tentano d’insegnarlo a chi sta solo sopravvivendo.
Quelle come me quando amano, amano per sempre.
e quando smettono d’amare è solo perché
piccoli frammenti di essere giacciono inermi nelle mani della vita.
Quelle come me inseguono un sogno
quello di essere amate per ciò che sono
e non per ciò che si vorrebbe fossero.
Quelle come me girano il mondo alla ricerca di quei valori che, ormai,
sono caduti nel dimenticatoio dell’anima.
Quelle come me vorrebbero cambiare,
ma il farlo comporterebbe nascere di nuovo.
Quelle come me urlano in silenzio,
perché la loro voce non si confonda con le lacrime.
Quelle come me sono quelle cui tu riesci sempre a spezzare il cuore,
perché sai che ti lasceranno andare, senza chiederti nulla.
Quelle come me amano troppo, pur sapendo che, in cambio,
non riceveranno altro che briciole.
Quelle come me si cibano di quel poco e su di esso,
purtroppo, fondano la loro esistenza.
Quelle come me passano inosservate,
ma sono le uniche che ti ameranno davvero.
Quelle come me sono quelle che, nell’autunno della tua vita,
rimpiangerai per tutto ciò che avrebbero potuto darti
e che tu non hai voluto…

Cellule staminali cordonali: un patrimonio che può salvare la vita

Ogni giorno accendiamo la televisione e veniamo travolti da tantissime cattive notizie, che spesso riguardano anche la salute dei bambini. Ma accanto a queste tragedie, è importante raccontare anche le storie di tanti piccoli eroi che hanno sconfitto la malattia. Ecco alcuni casi di successo di bambini che – dopo un trapianto di cellule staminali cordonali ottenute anche attraverso la donazione cordone ombelicale – hanno finalmente cominciato a vivere una vita normale.

Già durante il corso della gravidanza, Stephanie Conner era consapevole che la figlia Madeline avrebbe avuto dei problemi. I dottori che la seguivano avevano scoperto che la bimba – ancora nella pancia della mamma – era affetta da un virus che avrebbe potuto impedirle di sviluppare le facoltà dell’udito e della vista e che poteva provocarle danni anche seri agli organi interni. Dopo il parto, i medici avevano diagnosticato a Madeline solo uno di questi disturbi: la mancanza dell’udito neuro-sensoriale. La piccola allora ha affrontato un trattamento basato sul trapianto autologo di staminali cordonali. La terapia aveva l’obiettivo di “riparare” i danni che il suo udito ha riportato. Al momento questa terapia è ancora in fase sperimentale, per cui non ci sono certezze riguardo alla sua efficacia. Nonostante ciò, a pochi giorni di distanza dal primo trapianto, Stephanie Conner ha già dichiarato: “Abbiamo notato un grosso miglioramento”. Anche se la prudenza è d’obbligo, uno dei medici che ha in cura Madeline ha dichiarato: “Le cellule staminali potrebbero riuscire a ripristinare le capacità uditive della bambina”.

Identica sorte è quella toccata al piccolo Ricky Martinez, un bambino di dieci anni a cui è stata diagnosticata l’anemia falciforme, una patologia che lo obbligava a effettuare continue trasfusioni di sangue. Inizialmente i dottori volevano trovare un donatore compatibile di midollo osseo, ma questa operazione avrebbe potuto richiedere molto tempo. Allora il piccolo si è sottoposto a un trapianto di cellule staminali del cordone ombelicale e, da allora, le sue condizioni di vita sono migliorate, come ha confermato Victor Wang, dottore del reparto di ematologia in cui Ricky è stato ricoverato. Il numero dei globuli bianchi ha smesso di diminuire e per questo motivo oggi il bambino ha bisogno di meno trasfusioni. Si spera in futuro – se la salute del bambino continuerà a migliorare – di sospenderle del tutto. Oggi Ricky può vivere una vita normale, come quella di tutti i bambini: gli piace giocare ai videogame e rimanere sveglio fino a tardi.

Sparrow Morris, invece, era una bambina sanissima che viveva nello Stato della Louisiana. Le sue condizioni fisiche erano ottime fino a quando un incidente le ha distrutto la vita. A causa di una brutta caduta in piscina, la bambina è rimasta incosciente e senza ossigeno per alcuni minuti. L’incidente le ha così causato gravi dei danni cerebrali. Successivamente la bimba si è sottoposta al trapianto autologo di cellule staminali cordonali. I suoi genitori avevano infatti deciso di conservarle al momento della sua nascita. Dopo l’infusione, le condizioni di Sparrow hanno subito un netto miglioramento: secondo quanto raccontano i genitori, la piccola sta riprendendo a poco a poco la sua capacità di muoversi e comunicare1.

Questi sono solo alcuni esempi di bambini che hanno migliorato le proprie condizioni di vita grazie alle cellule staminali del cordone ombelicale e grazie alla fiducia che i loro genitori hanno avuto nei confronti di questi trattamenti. Tali terapie – alcune ancora in fase sperimentale – hanno contribuito ,infatti, a dare una nuova speranza a queste famiglie.

Per conoscere altre storie di successo, visita il sito www.sorgente.com.  A cura di: Ufficio Stampa Sorgente

Note:
1. A dare la notizia è la nota emittente americana Fox News. Clicca qui per leggere l’articolo.

Tumori: la strada per la prevenzione

Forme tumorali come il cancro al seno, alle ovaie, al fegato o al colon retto possono essere causate da una serie di fattori quali l’ambiente, lo stile di vita e l’alimentazione di un individuo. Per questo motivo è indispensabile mantenere il proprio peso sotto controllo e svolgere costantemente attività fisica.

Partiamo dall’alimentazione: la sua incidenza nello stato di salute di un essere umano, nonché nella prevenzione dell’insorgere di un cancro è attestata da diversi studi. Questi rilevano che il 30% dei casi di tumore è appunto legato all’alimentazione. In questo modo l’attenzione alla dieta si rivela essere il secondo fattore di prevenzione più importante subito dopo il non fumare¹.
Cosa mangiamo? È una domanda che magari non ci poniamo, ma ogni giorno ingeriamo diverse sostanze: alcune nutritive, altre meno. Per quanto riguarda la comparsa di forme tumorali ci sono delle sostanze pericolose che possono causarne l’insorgenza. Nitriti e nitrati sono alcune di queste insieme ad alfatossine, grassi e proteine di origine animale. L’uso in eccesso è fortemente sconsigliato.

Di seguito alcuni alimenti che possiamo considerare degli alleati della nostra salute:
⦁ frutta
⦁ verdura
⦁ cereali
⦁ pane/pasta
⦁ legumi
Questi alimenti contengono fibre, utili per la prevenzione del cancro al seno o allo stomaco. Coloro che seguono un regime alimentare ricco di fibre presentano un’incidenza minore di comparsa delle forme tumorali²ˊ³. La loro capacità consiste nel regolare la produzione degli estrogeni che, se ad alti livelli, sono associati ad un aumentato rischio del tumore al seno.

Anche il giusto peso ha un’influenza non indifferente per prevenire l’insorgenza dei tumori. In questo senso l’indice di massa corporea che si calcola dividendo il peso espresso in chili per il quadrato dell’altezza espressa in metri, dovrebbe essere compreso tra 18,5 e 25¹.
La pratica dello sport è un’altra buona abitudine per la nostra salute. Studi specifici affermano che le donne che svolgono attività sportiva hanno il 12% in meno di rischio di ricevere una diagnosi di cancro al seno. Molto importante è evitare la sedentarietà: un primo passo può essere quello di fare tutti i giorni una camminata veloce di almeno 30 minuti per poi passare ad un’attività più lunga.
Alimentazione e sport sono il primo passo verso la prevenzione dei tumori. A questi è bene associare esami di screening per rilevare alcune mutazioni genetiche associate ad alcune tipologie di forme tumorali come ad esempio il BRCA test, per la prevenzione del cancro al seno.

[A cura di Ufficio stampa Sorgente Genetica]
Fonti:
1. Diet, nutrition and the prevention of cancer ­ Timothy J. Key, Arthur Schatzkin, Walter C.
Willett, Naomi E. Allen, Elizabeth A. Spencer and Ruth C. Travis
2. Risch HA, Jain M, Choi NW, et al. Dietary factors and the incidence of cancer of the
stomach. Am J Epidemiol. 1985;122:947­959.
3. Lubin F, Wax Y, Modan B, et al. Role of fat, animal protein and dietary fiber in breast
cancer etiology: a case control study. J Natl Cancer Inst. 1986;77:605­612.
4. The European CanCer Organisation (ECCO)
5. Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro ­ airc.it

La rosolia in gravidanza: i pericoli e la prevenzione

La maggior parte delle malattie infettive viene contratta durante l’infanzia, tuttavia può capitare che alcuni virus come il morbillo, la varicella o la rosolia colpiscano anche in età adulta, risultando in alcuni casi pericolosi. In particolare, la rosolia, se contratta nel corso della gravidanza, può portare a serie complicazioni che possono avere un grave impatto sullo sviluppo del feto. Sottoporsi a test di diagnosi prenatale, come l’amniocentesi, a test di screening e controlli regolari è fondamentale per tenere sotto controllo il proprio stato di salute durante la gravidanza.

amniocentesi (2)

La rosolia è una malattia infettiva causata dal Rubivirus. La rosolia si trasmette per via aerea, attraverso starnuti, tosse e goccioline di saliva emesse parlando. Si manifesta attraverso la comparsa di un’eruzione cutanea a piccole macchie rosacee, detta esantema, simili a quelle che compaiono con il morbillo o la scarlattina. Il tempo di incubazione della malattia è di circa 2-3 settimane1. Solitamente, dopo questo periodo inizia a manifestarsi l’esantema, inizialmente su viso e collo e successivamente sul resto del corpo, e può durare fino a dieci giorni. In alcuni casi si manifestano anche dei sintomi simili a quelli di una influenza come mal di testa, febbre, ingrossamento dei linfonodi e raffreddore. Tuttavia, nel 50% dei casi i sintomi possono non essere evidenti e quindi la malattia passa inosservata2.

Contrarre la rosolia durante la gravidanza può essere molto dannoso per il feto. In questo caso, il bambino viene colpito da una sindrome chiamata “rosolia congenita”. Danni maggiori si presentano quando la gestante contrae la malattia precocemente, entro le 12 settimane di gestazione3. Le conseguenze possono essere morte intra-uterina, aborto spontaneo o presenza di gravi malformazioni e difetti congeniti. I risultati di alcune ricerche scientifiche hanno rilevato che il 62% dei bambini colpiti da rosolia durante la gravidanza sviluppano anomalie congenite, tra cui sordità (nel 47% dei casi), lesioni cardiache (nel 42%), difetti della vista (sempre nel 42%) e microcefalia (nel 14% dei casi)4.
Sfortunatamente, ad oggi non esistono terapie contro la rosolia ma è possibile attuare una strategia di prevenzione con vaccinazione. Infatti, è consigliato alle donne che desiderano una gravidanza di verificare già prima del concepimento se sono immunizzate verso il virus eseguendo un esame del sangue chiamato Rubeotest. Il Rubeotest viene ri-effettuato periodicamente durante la gravidanza alle donne che risultano negative alla presenza di anticorpi contro la rosolia.
È importante che la gestante si affidi a un ginecologo di fiducia, in grado di definire a quali test prenatali è preferibile si sottoponga.
Per avere più informazioni sul test di screening prenatale non invasivo del DNA fetale visita il sito
www.testprenataleaurora.it
[A cura dell’Ufficio stampa Sorgente Genetica]

Fonti
– The New Harvard Guide to Women’s Health – Di Karen J. Carlson, Stephanie A. Eisenstat, Terra Diane
Ziporyn
– epicentro.iss.it
– CDC – Centers for Disease Control and Prevention
– Encyclopedia of Thoracic Surgery / Handbuch Der Thoraxchirurgie: Band / Volume 2: Spezieller Teil 1 /
Special, Parte 1 – Ernst Derra, Springer Science & Business Media, 06 dic 2012

27 Gennaio: il giorno della memoria

La meningite

Malattie batteriche invasive: cause e agenti patogeni

I batteri che sono più frequente causa di malattie batteriche invasive sono tre:

  • Neisseria meningitidis (meningococco) alberga nelle alte vie respiratorie (naso e gola), spesso di portatori sani e asintomatici (2-30% della popolazione). La sua presenza non è correlata a un aumento del rischio di meningite o di altre malattie gravi. È stato identificato per la prima volta nel 1887, anche se la malattia era già stata descritta nel 1805 nel corso di un’epidemia a Ginevra. Si trasmette da persona a persona attraverso le secrezioni respiratorie. Il meningococco è un batterio che risente delle variazioni di temperatura e dell’essiccamento. Dunque, fuori dell’organismo sopravvive solo per pochi minuti. La principale causa di contagio è rappresentata dai portatori sani del batterio: solo nello 0,5% dei casi la malattia è trasmessa da persone affette dalla malattia.Esistono 13 diversi sierogruppi di meningococco, ma solo sei causano meningite e altre malattie gravi: più frequentemente A, B, C, Y e W135 e molto più raramente in Africa, X. In Italia e in Europa, i sierogruppi B e C sono i più frequenti. I sintomi non sono diversi da quelli delle altre meningiti batteriche, ma nel 10-20% dei casi la malattia è rapida e acuta, con un decorso fulminante che può portare al decesso in poche ore anche in presenza di una terapia adeguata. I malati di meningite o altre forme gravi sono considerati contagiosi per circa 24 ore dall’inizio della terapia antibiotica specifica. La contagiosità è comunque bassa, e i casi secondari sono rari. Il meningococco può tuttavia dare origine a focolai epidemici. Per limitare il rischio di casi secondari, è importante che i contatti stretti dei malati effettuino una profilassi con antibiotici. Nella valutazione di contatto stretto (che deve essere fatta caso per caso) vengono tenuti in considerazione:a) i conviventi considerando anche l’ambiente di studio (la stessa classe) o di lavoro (la stessa stanza)
    b) chi ha dormito o mangiato spesso nella stessa casa del malato
    c) le persone che nei sette giorni precedenti l’esordio hanno avuto contatti con la sua saliva (attraverso baci, stoviglie, spazzolini da denti, giocattoli)
    d) i sanitari che sono stati direttamente esposti alle secrezioni respiratorie del paziente (per esempio durante manovre di intubazione o respirazione bocca a bocca).La sorveglianza dei contatti è importante per identificare chi dovesse presentare febbre, in modo da diagnosticare e trattare rapidamente eventuali ulteriori casi. Questa sorveglianza è prevista per 10 giorni dall’esordio dei sintomi del paziente. Il periodo di incubazione è generalmente 3-4 giorni (da 2 fino a 10 giorni) Inoltre, bisogna considerare che il meningococco può causare sepsi meningococcica (un quadro clinico, talvolta molto severo, per la presenza del meningococco nel sangue con febbre alta, ipotensione, petecchie, insufficienza da parte di uno o più organi fino anche ad un esito fatale) che può presentarsi da solo o coesistere con le manifestazioni cliniche della meningite.
  • Streptococcus pneumoniae (pneumococco) è l’agente più comune di malattia batterica invasiva. Oltre alla meningite, può causare quadri clinici di sepsi (generalmente con una sintomatologia di febbre alta, con una forma non così severa come la spesi meningococcica) polmonite o infezioni delle prime vie respiratorie, come l’otite. Come il meningococco, si trasmette per via respiratoria ma lo stato di portatore è assolutamente comune (5-70% della popolazione adulta). Esistono più di 90 tipi diversi di pneumococco. Le meningiti e le sepsi da pneumococco si presentano in forma sporadica, e non è indicata la profilassi antibiotica per chi è stato in contatto con un caso poiché non si verificano focolai epidemici.
  • Haemophilus influenzae b (emofilo o Hi) era fino alla fine degli anni Novanta la causa più comune di meningite nei bambini fino a 5 anni. Con l’introduzione della vaccinazione con l’uso del vaccino esavalente i casi di meningite causati da questo batterio si sono ridotti moltissimo. In passato il tipo più comune era l’Haemophilus influenza b (verso il quale è diretto il vaccino), mentre oggi sono più frequenti quelli non prevenibili con vaccinazione. In caso di meningite da Hi, è indicata la profilassi antibiotica dei contatti stretti.

 

I sintomi della meningite sono indipendenti dal germe che causa la malattia. I sintomi più tipici includono:

  • irrigidimento della parte posteriore del collo (rigidità nucale)
  • febbre alta
  • mal di testa
  • vomito o nausea
  • alterazione del livello di coscienza
  • convulsioni.

L’identificazione del microrganismo responsabile viene effettuata su un campione di liquido cerebrospinale o di sangue.

Nei neonati, alcuni di questi sintomi non sono evidenti. Si può però manifestare febbre, convulsioni, un pianto continuo, irritabilità, sonnolenza e scarso appetito.

 

tratto da: www.epicentro.it

Carl Gustav Jung -aforismi e citazioni

Anthony De Mello – citazioni

Caratteristiche, sintomi e strategie di screening del cancro ovarico

Il cancro ovarico, a causa della difficoltà di diagnosticarlo precocemente, è una delle patologie oncologiche più pericolose.

Si pone al 10o posto fra i tipi di cancro che colpiscono le donne. 1 donna su 74, ogni anno, sviluppa un cancro all’ovaio, che costituisce il 30% dei tumori maligni dell’apparato riproduttivo femminile1.

Le ovaie producono cellule riproduttive femminili (ovociti) e ormoni. Se la produzione di cellule è incontrollata, possono insorgere tumori:

⦁ epiteliali: sono il 90% dei tumori ovarici e si sviluppano dalle cellule che rivestono l’ovaio;
⦁ germinali: nascono dalle cellule che producono ovuli e sono il 5% dei casi;
⦁ stromali: solo il 4% dei casi e si sviluppano dal tessuto di sostegno dell’ovaio2, lo stroma gonadico;

L’età incide su questi tipi di cancro. Il tipo epiteliale è più frequente in età riproduttiva e avanzata. I tipi germinale e stromale sono più comuni nelle donne al di sotto dei 20 anni (40-60% dei casi). Si calcola che la metà delle donne con cancro ovarico ha oltre 60 anni3.

Fattori ormonali, ambientali, predisposizione genetica, sono fattori di rischio. La familiarità (legata alla mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2) nelle donne over 70 è connessa a un rischio del 20-60% di tumore. Si stima che il 90% dei tumori ovarici sia una forma sporadica, e il 10%3 sia una forma ereditaria.

Il cancro ovarico è detto “silente” poiché i sintomi (sottovalutati perché spesso scambiati per comuni disagi quotidiani), sono evidenti solo in una fase avanzata. Gonfiore al ventre, frequente minzione, aerofagia, perdita di peso improvvisa, se persistenti potrebbero indicare un tumore ovarico. Se il tumore si individua al primo stadio, il tasso di sopravvivenza dopo 5 anni dalla diagnosi è del 90% (si parla di guarigione4).

Se visite ginecologiche ed esami transvaginali rilevano anomalie, il ginecologo normalmente raccomanda una risonanza magnetica, una tomografia e analisi per i marcatori tumorali (es. CA 125). È utile eseguire il test per le anomalie dei geni BRCA1 e BRCA2, poiché se presenti (sebbene non implichino la presenza di un tumore), si può definire un percorso di prevenzione.

Per individuare sintomi e stabilire percorsi di screening mirati è raccomandato il consulto con uno specialista.

Per maggiori informazioni: www.brcasorgente.it

A cura di: Ufficio Stampa Sorgente Genetica
1. I numeri del cancro – edizione 2014
2. Airc – Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro
3. Cancro dell’ovaio – Guide Esmo/AFC, a cura dell’Anticancer Fund e della European Society for Medical
Oncology, ed. 2014
4. ACTO – Alleanza Contro il Tumore Ovarico, intervista alla dottoressa Nicoletta Colombo, Direttore di
Ginecologia Oncologica Medica, Istituto Europeo di Oncologia, Milano

Echinacea

L’echinacea (Echinacea purpurea ed Echinacea angustifolia)  è una pianta erbacea originaria del  Nord America (Messico, Louisiana, Florida).

Di questa pianta si usano principalmente le radici.

Le sue proprietà:

  • immunitarie,
  • antinfiammatorie,
  • è utile per prevenire le malattie da raffreddamento,
  • è un antibatterico e antivirale,
  • cura scottature, ferite e dermatiti.

L’uso terapeutico dell’echinacea risale agli Indiani dell’America del Nord, che se ne servivano nel trattamento esterno di ferite e ustioni e per uso interno per curare la tosse, le malattie da raffreddamento e il mal di gola.

Descrizione della pianta:

  • erbacea perenne
  • alta 8-10 dm.
  • rizoma cilindrico e i fusti leggermente rossastri
  • foglie sono basali e lungamente picciolate, lanceolate percorse da 3-5 nervature con peli rigidi.
  • La varietà angustifolia ha foglie strette, mentre la purpurea ha foglie dalla pagina più ampia.
  • Le infiorescenze sono formate al centro da fiori tubulari e alla periferia da fiori ligulati porporini ripiegati verso il basso nell’angustifolia; più orizzontali nella purpurea.
  • I frutti sono degli acheni.

I vostri figli [K.Gibran]

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I vostri figli non sono figli vostri:
sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita.
Nascono per mezzo di voi, ma non da voi.
Dimorano con voi e tuttavia non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee, perché essi hanno le loro idee.
Potete dare una casa al loro corpo, ma non alla loro anima, perché la loro anima abita la casa dell’avvenire che voi non potete visitare nemmeno nei vostri sogni.
Potete sforzarvi di tenere il loro passo, ma non pretendere di renderli simili a voi, perché la vita non torna indietro né può fermarsi a ieri.

Voi siete l’arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti.
L’Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell’infinito e vi tiene tesi con tutto il suo vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane.
Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell’Arciere, poiché Egli ama in egual misura e le frecce che volano e l’arco che rimane saldo
.

Come usare correttamente i farmaci

Per una mamma in dolce attesa è importante prendersi cura di sé e del proprio bambino.

In tal senso diventa fondamentale sottoporsi periodicamente a dei controlli. Inoltre per garantire la prevenzione e la salute di entrambi può essere utile effettuare anche test prenatali e conservare le staminali del cordone ombelicale.
Si pensa che assumere farmaci durante la gravidanza, nel caso in cui la mamma presenti alcuni disturbi, possa essere dannoso per la salute del nascituro. Si tratta di un falso mito sfatato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) che promuove la salute delle donne in dolce attesa attraverso un portale internet che fornisce informazioni complete sull’utilizzo dei farmaci.
I farmaci non sono tutti dannosi per la salute del bebè e se sono stati prescritti dal medico possono essere utilizzati. Per le donne che soffrono di malattie croniche e che assumono farmaci prima ancora della gravidanza è indispensabile valutare cosa fare con uno specialista. È sconsigliabile interrompere di netto la terapia. Al contrario invece, è bene discuterne con il medico che valuterà il corretto dosaggio durante il periodo di gravidanza o eventualmente sostituirà il farmaco con un altro.
Con la nascita del bambino è importante mantenere una certa attenzione nella somministrazione dei farmaci ai bambini. L’Aifa nel corso delle sue ultime campagne di comunicazione¹, ha ricordato come molti genitori tendono erroneamente a somministrare ai bambini gli stessi farmaci degli adulti riducendone il dosaggio. Per la somministrazione di farmaci ai bambini è invece fondamentale consultare il medico per ricevere indicazioni corrette sul trattamento farmacologico più idoneo per il bambino.
Per attuare un piano di prevenzione e cura di diversi disturbi è necessario che ogni terapia sia prescritta da uno specialista, che può indicare il trattamento più idoneo sia per gli adulti sia per i bambini.
Ci sono patologie di grave entità per le quali i farmaci non sempre sono sufficienti, per questo motivo gli specialisti possono scegliere di ricorrere a trattamenti di diverso tipo. Uno strumento terapeutico sempre più valido nel trattamento di molte malattie sono le cellule staminali, la cui efficacia è dimostrata da numerosi studi. Anche il Ministero della Salute italiano riconosce il trapianto di cellule staminali del cordone ombelicale come un valido ed efficiente strumento terapeutico a oggi utilizzato per il trattamento di oltre 80 malattie, come riportato nel decreto Ministeriale del 18 Novembre 2009.

Per scoprirne di più sulle cellule staminali: www.sorgente.com
Fonti
1. Campagna di comunicazione AIFA “Farmaci e pediatria” (anno 2014)
2. Decreto ministeriale 18 novembre 2009 “Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato”

Scegliere il test prenatale: quali sono i parametri da valutare

Quando una donna aspetta un bambino sono tanti gli accorgimenti da prendere.
Per garantire il benessere di se stesse e del proprio bebè è importante mantenere uno stile di vita sano ed equilibrato per tutta la durata della gravidanza. A questi accorgimenti si aggiungono le visite di controllo di routine e i test di screening prenatale. Una mamma può decidere di sottoporsi a test prenatali non invasivi oppure, su indicazione dello specialista, può effettuare un esame di diagnosi prenatale invasiva.

I test di screening prenatale non invasivi rilevano eventuali anomalie cromosomiche e sono utili per avere un quadro sulla salute del nascituro già dalle prime settimane di gravidanza. Esistono diversi tipi di esami prenatali non invasivi come il Bi Test, il Tri Test e il test del DNA fetale, che si possono effettuare in diverse epoche gestazionali. Il test del DNA fetale può essere svolto precocemente, già dalla 10ᵃ settimana. Il suo tasso di affidabilità è del 99,9%¹ per la rilevazione di anomalie cromosomiche quali la sindrome di Down (Trisomia 21). Il tasso di falsi positivi del test di DNA fetale, cioè risultati del test che dichiarano la presenza di un’anomalia che in realtà non c’è, è più bassa dello 0,3%.

Bi Test e Tri Test si possono effettuare rispettivamente dalla 11a e dalla 15a settimana di gestazione. L’attendibilità di questi test di screening prenatale raggiunge l’85%​2, con un valore di falsi positivi che arriva fino al 5% per il Bi test; con il Tri test arriva al 60% circa con falsi positivi fino all’8%.
Nel caso in cui un test di screening prenatale non invasivo dovessero dare esito positivo o dovesse risultare non del tutto chiaro è opportuno che la mamma, su indicazione dello specialista, si sottoponga ad esami di diagnosi prenatale invasiva al fine di confermare o smentire il risultato del test. Tra i test di diagnosi prenatale invasivi rientrano l’amniocentesi, la villocentesi e la cordocentesi. Nel caso dell’amniocentesi, la gestante si sottopone al prelievo di un campione di liquido amniotico. Nel caso della villocentesi invece viene prelevato un campione di tessuto della placenta, mentre con la cordocentesi si procede con l’estrazione di un campione di sangue dal cordone ombelicale del bambino. Questi esami, in quanto invasivi, hanno un rischio di aborto pari all’1%2.
È importante quindi valutare attentamente il test di screening non invasivo a cui sottoporsi, per ottenere risultati attendibili che riducano le probabilità di dover affrontare esami invasivi.
Scopri il di più sui test del DNA fetale su www.testprenataleaurora.it.

Fonti:
1. Poster Illumina ISPD_2014 Rev A
2. Medicina dell’età prenatale: Prevenzione, diagnosi e terapia dei difetti congeniti e delle principali patologie gravidiche, di Antonio L. Borrelli,Domenico Arduini,Antonio Cardone,Valerio Ventrut

Partorire in acqua: tutti i vantaggi e le controindicazioni

Una scelta sempre più frequente tra le donne in dolce attesa: è il parto in acqua.
Fonte primaria della vita nonché alleata preziosa per il benessere fisico, l’acqua consente di svolgere diverse attività, tra le quali un corso preparto, ideale per chi scegli di partorire in acqua.
Da alcuni anni infatti, sono molti gli ospedali che si sono attrezzati per rispondere al desiderio delle future mamme di partorire in acqua, un tipo di parto definito “dolce” perché meno traumatico per il bambino. Trovandosi in una dimensione più naturale infatti, il neonato passerà dal grembo materno, dove è stato immerso nel liquido amniotico, direttamente all’ambiente acquatico.

Gli ospedali che consentono di partorire in acqua sono attrezzati con vasche profonde circa 70-80 centimetri, grandi a sufficienza per permettere alla gestante di muoversi liberamente e assumere la posizione che più gradisce per il parto. La vasca viene riempita di acqua calda (non superiore ai 37 gradi) e filtrata continuamente affinché rimanga pulita fino alla nascita del piccolo.
I vantaggi per chi sceglie questo tipo di parto sono molteplici: come prima cosa l’acqua ha un effetto rilassante sulla muscolatura, consentendo di far diminuire la percezione del dolore e aumentando le probabilità che i tempi del travaglio siano ridotti. A rilassarsi sono anche i muscoli perineali e ciò può far diminuire le possibilità di dover poi ricorrere all’episiotomia.
Ogni futura mamma nella vasca è libera di assumere la posizione che preferisce ed il parto in acqua in generale riduce l’intervento del medico o dell’ostetrica, figure che non entreranno mai nella vasca, ma seguiranno da fuori tutta la fase del travaglio.
Anche il bambino potrà godere di diversi benefici. La nascita sarà infatti meno stressante, passando da un liquido all’altro, e il tutto senza subire sbalzi termici.
Vediamo ora qualche indicazione di massima per il parto in acqua. Durante il travaglio si può entrare nella vasca solo dopo essere arrivate ad una dilatazione di 3-4 centimetri, perché il contatto con l’acqua potrebbe fermare il processo di dilatazione con il suo effetto “sedativo”.
Non dimentichiamo qualche svantaggio e controindicazione. Chi sceglie il parto in acqua deve sapere che non potrà praticare l’epidurale, perché le donne che scelgono l’analgesia non devono immergersi in acqua.
Ci sono poi alcune categorie di gestanti che non possono scegliere il parto in acqua: chi soffre di gestosi, ipertensione o altre patologie, chi ha già vissuto una gravidanza a rischio, chi aspetta dei gemelli o in caso di bimbo podalico.
Questa tipologia di parto deve sempre essere scelta insieme al proprio ginecologo, che considererà lo stato generale di salute della futura mamma per dare il suo consenso.

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7 cose da sapere sul come NON farsi abbindolare nel campo dei DSA (guida genitori).

Inizia un nuovo anno scolastico e di certo sarà capitato anche a te di trovare proposte, pubblicità, inviti e quant’altro per i propri figli con Dislessia e Disturbi Specifici di Apprendimento.

In tal senso, vorrei provare a fornirvi una nostra breve guida al fine di risparmiare tempo, denaro e risorse (almeno secondo noi), ecco le 7 cose da conoscere assolutamente.

1- “Con questo risolvi tutti i problemi”. Evitate strumenti e materiali che si propongono come soluzioni immediati per tutti i DSA.

I DSA sono molto complessi, e sono Dislessia (lettura, velocità/correttezza), Disortografia (problemi ortografici), Disgrafia (espressione grafica scrittura), Discalculia (calcoli e fatti numerici), servono strumenti e materiali studiati caso per caso. Trovate quello che serve al caso vostro. La logica “uno per tutti”, purtroppo, in questo caso, non va bene. Ancora meno bene un qualcosa con cui risolvo immediatamente tutti i problemi a scuola.

2- “Efficacissimo per la Dislessia”. Il concetto di efficacia riguarda validazioni scientifiche. Spesso il termine “efficace” viene usato nel marketing per attrarre l’utente. Ciò non toglie che potrebbe essere efficace davvero, invitiamo solo ad essere cauti.

3- “Problemi educativi”, e/o “problemi didattici”. Molti, e sottolineamo, molti genitori hanno con i propri figli problemi educativi o generali di apprendimento. Come anche i bambini con Dislessia e DSA. Ma ciò non ci deve indurre in confusione. Infatti non è affrontando la Dislessia con utilissimi consigli educativi che potete far apprendere meglio vostro figlio. E neppure con semplici ed usuali strategie didattiche che possono andare bene anche con chi non è dislessico. Certo, queste cose aiutano enormemente, ma la strada maestra è intervenire sul problema reale (una lettura che non si può usare per l’apprendimento in modo comune) e non su fattori, reali ma tuttavia continenti e paralleli.

4- “Interviste e convegni”. Ne esistono di strepitosi, come interviste, convegni ed altro. Anche noi li facciamo girare al fine di divulgare una corretta conoscenza dal problema. Ma restano fini a se stessi, ovvero semplicemente come attività di sensibilizzazione. Tecnica della sensibilizzazione spesso usata per attrarre sul proprio servizio o associazione l’attenzione di molti. Utili in un primo momento, ma, purtroppo, non sufficienti.

5- “Gruppi di bambini con Dislessia”. Iniziamo con il dire che sono uno strumento molto utile, e consigliatissimo. Unica cosa di cui stare attenti è: cosa ne pensa il bambino? E’ pronto a confrontarsi con gli altri? Il condutture degli incontri è un semplice volontario oppure una persona qualifica ed esperta? Purtroppo, alle volte pur di avere un buon numero si inseriscono tutti i bambini che ne fanno richiesta, senza effettivamente verificare se sia il caso o meno. In più, piccole o grandi realtà associative territoriali, pur di risparmiare, convocano volontari o personale non prettamente qualificato. Potrebbe essere impopolare dirlo, ma sulla salute emotiva dei nostri figli, meglio pensarci bene se fare o non fare un tipo di attività.

6- “Pc a scuola”. Non fatevi prendere dalla foga della soluzione “immediata”, rischiate davvero molto, ecco perché: A) se un bambino non sa ben usare i programmi (magari dopo un percorso di training di autonomia) non lavorerà bene con il Pc e piano piano lo abbandonerà; B) Le difficoltà di apprendimento comportano difficoltà anche con il Pc, dunque se non vi sarà un’adeguata abilità di velocità di lettura o di scrittura su tastiera sarà probabilmente tutto inutile; C) integrazione del bambino con dislessia e del suo Pc in classe: gli altri bambini come si comportano? Lui ne è favorevole? Spesso pur di vendere programmi costosissimi si è disposti a by-passare l’opinione del diretto interessato: il bambino con dislessia.

7- “Esperti in Dislessia e DSA”. Questo richiederebbe un capitolo a parte, lo faremo nei prossimi mesi. Per adesso sottolineamo che per quanto concerne l’aiuto al bambino con Dislessia, fatevi sempre dire con estrema chiarezza quali obiettivi si intende raggiungere e quali sono i tempi. Ad esempio: “obiettivo velocità di lettura, con X materiale, dovremmo osservare un miglioramento già dopo 4/5 mesi”. Oppure ancora “essere autonomo nello studio tramite le mappe, 10 incontri, lavorando con il software Y”.

Non si tratta solo di risparmiare risorse e denaro, e neppure di fare con esattezza la cosa giusta. Si tratta semplicemente di non sprecare la più importante risorsa che abbiamo: il tempo che dedichiamo al bambino con Dislessia e DSA. Quello, mai più nessuno ve lo potrà restituire.

Con un cordiale saluto.

www.gianlucalopresti.net    Dr. Gianluca Lo Presti.

Storia GEOLOGICA d’Italia. Cap. 6

LE FASI GEOLOGICHE PIU’ RECENTI

SI APRE IL BACINO BALEARICO.

Con il ricongiungimento di Africa e Europa del vasto oceano chiamato Tetide rimane solo una traccia che formerà il Mar Mediterraneo. In epoche geologiche meno remote, altri grandi avvenimenti segnano in maniera determinante la morfologia di questo bacino. Il primo avviene tra 20 e 15 milioni di anni fa e ripete in misura minore quanto era successo molti milioni di anni prima: una nuova risalita di calore dal mantello terrestre, forse prodotta dall’attrito della crosta oceanica della Tetide che si immerge sotto quella continentale o innescata dalle fratture formatesi nella zona compressa tra Africa e Europa, provoca l’inarcamento e la rottura della crosta. Questo fenomeno stacca dal continente occidentale il blocco sardo-corso e lo sposta verso la posizione attuale, formando alle sue spalle il bacino balearico. Lo spostamento del blocco sardo-corso termina in corrispondenza dell’irregolare bordo occidentale della zolla africana dove il movimento di compressione ha cominciato a formare gli Appennini.

SI APRE IL MAR TIRRENO.

AppenniniIntorno a 8 milioni di anni fa si ripete più a Est un fenomeno analogo a quello che aveva formato il bacino balearico. Un’altra frattura, con andamento grosso modo da Nord a Sud, separa la penisola italiana dalle terre che oggi formano la Corsica e la Sardegna. Questa frattura si allargherà lentamente fino a diventare un nuovo mare, il Tirreno, e spingerà la penisola italiana verso Est. La rotazione antioraria della penisola, ancora oggi in atto, provoca un’ulteriore compressione sulla catena degli Appennini che si deforma in due archi. La velocità di apertura del Tirreno non è uniforme da Nord a Sud, in quanto i bordi continentali irregolari controllano il movimento. La maggiore distensione del Tirreno meridionale porta a una accentuata deformazione dell’arco appeninico meridionale e alla progressiva migrazione della Calabria verso Sud-Est.

L’EVAPORAZIONE DEL MEDITERRANEO.

Quando da poco il Tirreno aveva cominciato ad aprirsi, un nuovo evento muta completamente la fisionomia di questa parte di globo. Tra 7 e 5 milioni di anni or sono, infatti, il bacino marino che ormai assomiglia all’odierno Mediterraneo si trasforma in un basso lago salato, con molte zone prosciugate. Le ragioni dell’improvviso disseccamento sono probabilmente legate a due fenomeni concomitanti: un aumento della temperatura (e conseguente aumento dell’evaporazione) e una interruzione, almeno parziale, della comunicazione con l’Oceano Atlantico, cui è legato in gran parte il ricambio con acqua meno salata. Questa condizione, chiamata “crisi di salinità”, durerà diverse centinaia di migliaia di anni durante i quali si forma una spessa coltre di sedimenti di tipo salino (gesso, anidrite, salgemma). Da questi sedimenti si formeranno rocce chiamate evaporiti, parte delle quali è attualmente affiorante in Sicilia, Marche e Romagna.

In un primo tempo, le evaporiti trovate in superficie furono considerate lembi di terreni molto antichi, derivanti dalle prime fasi di apertura della Tetide. Quando le perforazioni effettuate nel Mediterraneo rivelarono che in tutto il bacino erano presenti sedimenti di questo tipo, con spessori di centinaia di metri, ci si rese conto dell’errata interpretazione. La conferma si è avuta perforando questi sedimenti sui bordi dei bacini, dove il loro spessore diminuiva e con i carotaggi si potevano raggiungere anche i depositi sottostanti, che risultarono molto più giovani dell’epoca di apertura della Tetide.

Il Mediterraneo non si è probabilmente prosciugato completamente, dal momento che nei bacini più profondi sono stati ritrovati fossili di organismi capaci di vivere in acqua molto salata. Le evaporiti non sono state trovate solo nel Tirreno orientale, probabilmente perché questo settore di mare si è aperto in epoca successiva, per la continua migrazione verso Est dell’Italia.

Intorno a 5 milioni di anni fa il bacino è di nuovo occupato dall’acqua. E’ probabile che il ritorno dell’acqua sia stato rapido e isocrono in tutto il Mediterraneo, dal momento che si osserva un brusco cambiamento nei sedimenti, con depositi di argille immediatamente sopra le evaporiti. Il rapido ritorno alle condizioni iniziali deve essere stato permesso da collegamenti più vasti e più profondi di quello attuale di Gibilterra, in quanto nei sedimenti sopra le evaporiti si trovano microfossili che non sono in grado di sopravvivere sopra i 1000 metri di profondità. E’ probabile che la zona di confine della placca africana sia stata interessata in quell’epoca geologica da un movimento parallelo a quello della placca settentrionale e che questo movimento abbia determinato uno sbocco più ampio verso l’oceano.

Le conseguenze immediate della crisi di salinità furono la distruzione della fauna marina del Mediterraneo e la rapida erosione delle scarpate dei continenti non più compresse dalla massa di acqua, soprattutto in corrispondenza dell’entrata in mare dei fiumi, che vennero a trovarsi mediamente a 1500 metri sopra il livello di base.

PRESENTE E FUTURO.

Il prosciugamento del Mediterraneo si ripercuote a tutt’oggi in alcuni fenomeni rilevati nel corso di campagne di studio dei fondali. Lo spesso strato di materiali salini formatosi per l’evaporazione del bacino sono ricoperti da non più di 100-200 metri di depositi successivi.

fondale marino

Le evaporiti hanno una bassa densità, inferiore a quella dei depositi soprastanti, e tendono a risalire per galleggiamento verso l’alto. Questo fenomeno prende il nome di diapirismo e forma delle strutture rotondeggianti, che si innalzano in zone di fondo marino morfologicamente piatte o depresse, chiamate bacini anossici. Il materiale evaporitico, una volta perforati i sedimenti soprastanti, viene a contatto con l’acqua marina e, data la sua alta solubilità, si scioglie formando una fascia di salamoia. In queste zone l’acqua è così densa da rallentare la caduta verso il fondo delle particelle che provengono dalle acque limpide superiori. La presenza di sedimenti intorbidisce ulteriormente l’acqua, al punto da formare un orizzonte che riflette le onde sismiche. Al di sotto di questo strato l’acqua ritorna di nuovo limpida.

Attualmente la salinità del Mediterraneo è crescente verso Est e in senso assoluto. L’aumento di salinità di tutto il bacino appare legata a un diminuito scambio di acque con quelle a bassissima salinità del Mar Nero, a causa delle opere di regimentazione dei grossi fiumi che vi sboccano. Anche il contributo di acque fluviali del Nilo è compromesso dalle opere idrauliche. Rimane lo scambio con l’oceano Atlantico, attraverso lo stretto di Gibilterra, ma nel complesso l’evaporazione non è più compensata da apporti meteorici e fluviali e il bilancio idrico del Mediterraneo è negativo.

La convergenza tra la zolla africana e quella europea non è esaurita. Attualmente la velocità del movimento è misurata in circa 3 cm per anno e tende a chiudere il bacino del Mediterraneo. Gli enormi sforzi che si accumulano nelle zone di contatto tra le due zolle si scaricano periodicamente in violenti terremoti.

Nelle future epoche geologiche i due blocchi continentali appariranno nuovamente fusi in uno solo con isolati laghi salati, residuo del Mare delle Baleari, del Tirreno e dell’Egeo.

[tratto da http://vulcan.fis.uniroma3.it/lisetta/adamello/adamello.html]

Storia GEOLOGICA d’Italia. Cap. 5

I DUE CONTINENTI SI RIAVVICINANO.

IL GONDWANA INIZIA A FRATTURARSI IN DUE BLOCCHI CHE FORMERANNO SUD AMERICA E AFRICA.

L’APERTURA DELL’ATLANTICO MERIDIONALE IMPRIME ALL’AFRICA UNA LENTA ROTAZIONE VERSO NORD-EST CHE COMINCIA A CHIUDERE LA TETIDE.

Intorno a 190 milioni di anni fa, in un’altra parte del globo, un evento simile a quello che aveva diviso in due la Pangea, interessa una zona del continente Gondwana. L’inarcamento crostale e la successiva apertura del nuovo graben produce una inversione nel movimento del pezzo di Gondwana che diventerà l’Africa. Dopo essersi spinto per decine di milioni d’anni verso Sud, questo pezzo di terra comincia una altrettanto lenta marcia di riavvicinamento al continente euro-asiatico.

Il movimento di convergenza diventerà più veloce a partire da 130 milioni di anni fa, quando la nuova frattura si propaga verso Sud e si comincia ad aprire l’Atlantico meridionale.

 

I DUE CONTINENTI SI RICONGIUNGONO.

LA FRATTURA DEL GONDWANA SI PROPAGA VERSO NORD, SEPARANDO LA LAURASIA IN DUE BLOCCHI, IL NORD AMERICA E L’EURASIA.

L’APERTURA DELL’ATLANTICO SETTENTRIONALE SPINGE L’EURASIA VERSO SUD-EST E ACCELERA IL RIAVVICINAMENTO ALL’AFRICA.

I MARGINI IRREGOLARI DEI DUE CONTINENTI ENTRANO IN CONTATTO: LA TETIDE SCOMPARE E SI FORMA LA CATENA ALPINA.
storia geologica Terra

Intorno a 80 milioni di anni fa, la frattura che aveva originato l’Atlantico meridionale comincia a propagarsi anche verso Nord. Il continente settentrionale viene diviso in due blocchi, il Nord-America e l’Eurasia e fra i due continenti si apre l’Atlantico settentrionale. Questa fase imprime una ulteriore accelerazione al movimento di convergenza fra Africa e Eurasia.

Intorno a 60 milioni di anni fa, i due continenti si ritrovano nuovamente di fronte. E’ possibile che il primo frammento dell’Africa ad entrare in collisione con l’Europa sia rappresentato dalla microzolla Apula (da cui l’attuale penisola italiana) e che da questo scontro nascano i primi rilievi delle Alpi.

Nelle successive decine di milioni di anni la Tetide viene inesorabilmente compressa tra i due continenti. La crosta dei fondi oceanici, anche quella attuale, è costituita da lave e si presenta più sottile e più pesante di quella continentale che è costituita da rocce mediamente meno dense. Queste differenze fisiche favoriscono, durante le fasi di compressione, l’incunearsi della crosta oceanica sotto quella continentale. Il processo (detto di subduzione) procede fino a che tutta la crosta oceanica viene subdotta sotto quella continentale e i due continenti vengono a contatto come trascinati uno contro l’altro.

I sedimenti che si trovano sopra la crosta oceanica vengono in parte “raschiati” durante la subduzione e si accavallano tra i due margini continentali. Anche le scogliere coralline e i depositi presenti sulla piattaforma continentale vengono compattati, ammassati gli uni sugli altri e deformati. Così, mentre struttura e composizione delle rocce testimoniano tutte le fasi di separazione, la loro geometria attuale e le deformazioni recano i segni dei movimenti di convergenza e di contatto tra le due zolle.

Il limite tra il margine meridionale e quello settentrionale è rappresentato da una grande frattura, detta linea Insubrica (o linea del Tonale), che corre dal Passo del Tonale fino al Canavese a Ovest e alla Val Pusteria a Est. Le rocce a Sud di questa linea sono formate dai sedimenti accumulatisi sul fondo della Tetide e sul paleo-continente africano. Quelle a Nord della linea insubrica sono di tipo diverso, tranne che per una zona dove parte delle piattaforme carbonatiche appartenenti al bordo africano sono scivolate in avanti, andando a superare questa frattura e a formare le Alpi Austriache.

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Storia GEOLOGICA d’Italia. Cap. 4

I DUE NUOVI CONTINENTI SI ALLONTANANO.

DALLA ROTTURA DELLA PANGEA SI FORMA UN CONTINENTE SETTENTRIONALE (LAURASIA) E UNO MERIDIONALE (GONDWANA) SEPARATI DA UN OCEANO (TETIDE).

I DUE CONTINENTI SI ALLONTANANO E LA DIMENSIONE DELLA TETIDE AUMENTA.

Dopo l’inarcamento crostale e l’inizio di separazione dei due continenti segue una terza fase, la cui durata è stimata almeno in 40-60 milioni di anni, durante la quale il movimento che allontana i due lembi di terra prosegue. In questo lungo periodo si verificano numerosi fenomeni, tra i quali i più importanti sono l’allargamento e l’approfondimento del mare, che diventa un vero e proprio oceano, e la formazione di scogliere coralline che si sviluppano aggrappate al bordo del continente meridionale.

globo aurasia

Intorno a 200 milioni di anni fa, tra i due continenti che si allontanano vi è un mare relativamente profondo, con tratti di costa irregolari e aree emerse con isole di discreta ampiezza. Il bordo del continente che si sposta verso Sud (in parte costituito dall’attuale Africa) presenta delle protuberanze, una delle quali coincide probabilmente con la futura penisola italiana.

Tra 190 e 140 milioni di anni fa, la Tetide raggiunge la sua massima ampiezza. Lo stadio di oceanizzazione culmina con la formazione di una dorsale medio-oceanica, simile a quelle presenti negli attuali oceani. La dorsale oceanica consiste in una lunga frattura dalla quale vengono emesse in continuazione colate di lava che si spostano verso l’esterno nei due sensi e favoriscono l’allargamento dell’oceano.

In un dominio ormai così vasto gli ambienti di sedimentazione sono numerosi e differenti. Nelle zone oceaniche più profonde e più distanti dalla terra emersa sedimentano poche particelle fini e quelle derivanti da precipitazione chimica, mentre via via che ci avviciniamo alle coste i sedimenti diventano più abbondanti e le particelle hanno dimensioni maggiori. Infine, in prossimità del continente, si formano i banchi corallini, analoghi a quelli attuali delle Bahamas e di altre zone tropicali.

I coralli e gli altri organismi marini che ad essi si accompagnano, vivono in acque calde, limpide e agitate e a profondità di pochi metri (fino a un massimo di 80-100) dalla superficie del mare. La loro crescita, insieme ad altri fattori, appesantisce sempre più il bordo del continente su cui stanno appoggiati e questo fatto porta ad un progressivo abbassamento sotto il livello del mare dell’intero bordo continentale. Per mantenersi ad una profondità ottimale di sviluppo i coralli sono così costretti a crescere costantemente verso l’alto, controbilanciando il processo di sprofondamento e, nello stesso tempo, favorendolo con il loro peso.

In questo vasto oceano e sulle sue sponde si sono lentamente accumulate grandi quantità di sedimenti dai quali si formeranno molte delle rocce oggi visibili in superficie nella catena alpina. Le rocce più antiche derivanti da questa fase geologica sono calcari di mare relativamente poco profondo (Calcare d’Angolo), seguite da argilliti di bacini profondi e da gran parte delle dolomie che costituiscono le attuali Dolomiti. Fra le rocce più recenti di questa fase vi sono la Dolomia Cassiana, la Formazione di S. Cassiano, la Formazione di Raibl e la Dolomia Principale.

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Storia GEOLOGICA d’Italia. Cap. 3

L’AUMENTO DI TEMPERATURA NEL MANTELLO PROVOCA LA FUSIONE DI MATERIALE CHE RISALE E PREME CONTRO LA CROSTA TERRESTRE FINO A DIVIDERLA IN DUE PARTI.

LA PANGEA COMINCIA A LACERARSI.

La risalita di calore può esaurirsi dopo un certo tempo e in quel caso cessano anche i processi che tendono a rompere in due un continente. La superficie terrestre resterà segnata da lunghe vallate chiamate graben (ad esempio, l’attuale graben del Reno), localizzate nel punto in cui la crosta continentale si era arcuata e fratturata.

Se il processo non si arresta, il graben tende ad allargarsi e a separare definitivamente in due il blocco continentale. Il movimento di separazione provoca uno stiramento nella crosta continentale fino a che diventa più sottile del normale. Più o meno come se si tentasse di tirare in due direzioni opposte una piastra di gomma dopo averne riscaldato la parte centrale. Il fondo del graben, costituito da crosta assottigliata dallo stiramento, può essere interessato da attività vulcanica prodotta dal materiale fuso che dal mantello raggiunge la superficie.

graben2Nella storia della Pangea, la risalita di calore non si è interrotta dopo la fase di inarcamento e, intorno a 220 milioni di anni fa, il grande continente comincia a lacerarsi in corrispondenza del graben. Il movimento di distensione della crosta si protrae per qualche decina di milioni di anni. La continua erosione di materiale, insieme alla spinta che allontana uno dall’altro i due blocchi continentali e, in alcuni casi, anche il peso delle colate di lava che si ammassano e raffreddano in superficie o nelle fratture prodotte dallo stiramento, finiscono con l’approfondire in maniera irregolare la zona.

In alcuni punti, il graben viene a trovarsi più basso rispetto a quello del mare circostante. Le aree più depresse sono invase dall’acqua marina e si formano bacini salati che si approfondiscono e si chiudono in tempi abbastanza brevi dal punto di vista geologico.

Il materiale eroso durante la fase di distensione crostale viene depositato parte sul continente, parte in mari abbastanza profondi e parte in lagune a circolazione d’acqua limitata. Nei bacini più ampi, le particelle grossolane si depositano in prossimità della costa, mentre quelle fini possono raggiungere le zone più profonde e più lontane dalle terre emerse. Negli specchi d’acqua più bassi o con poco ricambio d’acqua si formano depositi derivanti dalla frequente evaporazione dell’acqua salata.

Le rocce che si sono formate dai sedimenti prodottisi in questa fase sono di tipo diverso, ma hanno in comune la caratteristica di rispecchiare la presenza di mari soggetti a rapide variazioni di profondità, intercalati a ampie zone emerse.
Le rocce più diffuse sono le arenarie di mare basso (Formazione del Servino) le evaporiti (Formazione a Bellerophon, dolomie cariate come la Carniola di Bovegno.

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Storia GEOLOGICA d’Italia. Cap. 2

LE TERRE EMERSE FORMANO UN UNICO CONTINENTE, LA PANGEA, CIRCONDATO DA UN VASTISSIMO OCEANO: LA PALEOTETIDE.

L’AMPIO CONTINENTE E’ COME UN COPERCHIO CHE RALLENTA LA PROPAGAZIONE DEL CALORE DALL’INTERNO DELLA TERRA VERSO LA SUPERFICIE.

LA TEMPERATURA DEL MANTELLO TERRESTRE AUMENTA FINO A PROVOCARE L’INARCAMENTO DELLA CROSTA CONTINENTALE.

Prima di 250 milioni di anni fa, il continente Pangea presenta un vasto golfo a Est, più o meno alla attuale latitudine dell’Italia.
In corrispondenza di questa insenatura, la crosta terrestre comincia a gonfiarsi e a sollevarsi. Questo movimento, causato dalla risalita di calore dalle zone più interne del globo terrestre, si svolge nell’arco di decine di milioni di anni. Se una vasta regione si arcua fino a fratturarsi, si formano una serie di rilievi e di incisioni che favoriscono l’azione erosiva e la formazione di ripidi corsi d’acqua.

Il materiale eroso da rilievi geologicamente giovani della superficie terrestre, trasportato dai fiumi e sedimentato nelle zone pianeggianti, consiste prevalentemente in pezzi di roccia grossolani e poco arrotondati, perché sono strappati dalla superficie e abbandonati in tempi relativamente rapidi. Quando il trasporto è più prolungato, non solo i granuli vengono abrasi, arrotondati e rimpiccioliti, ma avviene anche una selezione mineralogica, dal momento che i minerali più fragili si frantumano, fino ad essere completamente disciolti, prima di quelli più resistenti.

Attraverso lunghi processi di compattazione e litificazione, dai sedimenti accumulati si formano le rocce. Sulle Alpi sono presenti numerose rocce la cui formazione è attribuita a questa fase geologica (prevalentemente arenarie e conglomerati come, ad esempio, le arenarie di Valgardena e il Verrucano Lombardo. Queste rocce vengono definite di tipo continentale, in quanto i processi di erosione, trasporto e di sedimentazione dei granuli che le compongono si sono verificati sopra una crosta di tipo continentale.

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