Un corretto approccio ai videogiochi per i più piccoli

I bambini di oggi nascono e crescono all’interno di un contesto infinitamente più digitalizzato rispetto a poche decadi fa: per loro, smartphone, tablet e pc sono oggetti al pari di altri.

Spesso, il problema è che siamo noi adulti a non saperli guidare nell’approccio agli strumenti informatici.

Lo stesso discorso vale per i videogiochi, un passatempo che – se ben utilizzato – è educativo e aiuta il bambino a scoprire utilità e funzioni della tecnologia e dei dispositivi.

 

A che età mio figlio può iniziare a giocare con i videogiochi?
Uno studio francese ha recentemente affermato che i videogiochi possono essere utili strumenti fin dai primi anni di vita del bambino.

L’importante è prendere le precauzioni giuste (rivestirlo con materiale isolante e che copra le zone appuntite, etc.) e fare attenzione al tempo di utilizzo: per i più piccoli, è importante non superare i 60 minuti di utilizzo giornalieri.

Ricordate inoltre di settare sul dispositivo il parental control.

Per evitare che i videogiochi possano trasformarsi in fattore di distrazione e che ne sia fatto un uso errato dal vostro piccolo, è importante stabilire alcune regole in anticipo:

  • Non giocare prima di andare a scuola: brutta abitudine, che può causare anche ritardi alle lezione e distrazione durante le prime ore di apprendimento giornaliero;
  • Fare in modo che i videogiochi non siano mai l’unica opportunità per trascorrere i momenti di pausa e di tempo libero: per questo, è importante incoraggiare il proprio piccolo alla pratica dello sport, della lettura e a coltivare altri hobby;
  • Va bene giocare ai videogiochi dopo aver fatto i compiti, scoraggiate invece il loro utilizzo prima di iniziare lo studio.
  • Giocate insieme ai vostri figli: potrete così controllare la durata dello svago e proporre ulteriori attività dopo la sessione di gioco, in modo da stimolare la nascita di ulteriori interessi e disposizioni nel bambino.

Aspetti positivi ed educativi dei videogiochi
Non esistono però solo rischi legati a un cattivo utilizzo, i videogiochi hanno anche numerosi aspetti positivi:

  • Sono divertenti;
  • Stimolano la creatività;
  • Migliorano i riflessi e la capacità di concentrazione.

Quali videogiochi sono più indicati per i più piccoli?
Non vogliamo fornirvi un elenco di titoli, ma solo dei criteri per scegliere insieme al vostro piccolo i giochi più adatti che incontrino il suo gusto.

Per i bambini più piccoli, i videogiochi più indicati sono quelli strutturati in modo che il giocatore debba superare dei livelli, per poter continuare e finalizzare il gioco. Questo richiede al piccolo una costanti concentrazione e sforzo mnemonico, oltre a migliorare anche il suo orientamento spaziale.

In linea generale riflessi, abilità e velocità sono caratteristiche di videogiochi sportivi o di azione, mentre i giochi strategici richiedono non solo concentrazione ma anche capacità di gestione.

 

Bambini e videogiochi: rischi ed implicazioni psicologiche
L’aspetto ludico garantisce la crescita sana del bambino, stimolandone la creatività , le capacità di problem solving e la positiva interazione con i coetanei.

A differenza però dei giochi tradizionali, i videogiochi, nonostante possano incidere positivamente sulla costruzione di un buon mondo interno possono essere rischiosi per l’equilibrio psichico del bambino.

 

Il rischio principale è quello della solitudine: i giochi tradizionali incentivano la socializzazione, mentre i videogiochi vengono “consumati” in solitudine o mediante amici virtuali.  Oltre a ciò nei giochi tradizionali difficilmente si mettono in atto azioni violente, mentre nei videogiochi questo tipo di comportamenti sono molto  diffusi e apprezzati dai più giovani.

 L’Organizzazione Mondiale della Sanità  pochi mesi fa ha decretato l’esistenza di una vera e propria “malattia”: la dipendenza dai videogiochi.

 Ci sono tre elementi che possono determinare la “dipendenza” da videogiochi :
– la mancanza di controllo sul gioco (troppe ore trascorse davanti alla consolle);
– la priorità che viene data ai videogiochi rispetto alle altre attività quotidiane;
– la prosecuzione del gioco nonostante le sue conseguenze negative sugli altri aspetti della vita dei bambini (ripercussioni scolastiche, sociali e familiari).

 

La dipendenza da videogiochi comporta la necessità per chi ne è affetto di aumentare progressivamente le “dosi” di tempo passato a giocare per ottenere il livello di eccitazione desiderato.  Oltre a ciò possono manifestarsi sintomi psico-fisici (irrequietezza, agitazione, difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno e dell’umore, pensieri ossessivi riferiti ai videogiochi ecc..) che si manifestano quando il soggetto è impossibilitato a giocare.                     Le principali conseguenze dovute alla dipendenza da videogiochi possono riguardare:

  • difficoltà in ambito scolastico (difficoltà nell’apprendimento)
  • difficoltà nelle relazioni sociali(isolamento, litigi per accaparrarsi i videogames);
  • compromissione della salute fisica ad esempio il sovrappeso dovuto alla vita sedentaria causata dal troppo tempo trascorso a giocare;
  • disturbi del sonno, dell’alimentazione o dell’umore;
  • disturbi emotivi come Irrequietezza , aggressività ;
  • tendenza a compiere azioni “illegali”( perpetrare ad esempio comportamenti di bullismo o mentire per procurarsi i soldi per i videogiochi);
  • tendenza a trascurare altri interessi (sport, amicizie, hobby ecc..).

 Fortunatamente per arrivare a queste serie condizioni cliniche esiste un vero e proprio “tempo”: ed è in questo tempo che il genitore attento riuscirà a cogliere gli iniziali segnali di una possibile dipendenza.   Colti i primi segnali é possibile parlare con uno specialista e lavorare per alimentare le tendenze “sane” del gioco infantile e degli interessi dei bambini come le manifestazioni creative, la partecipazione a laboratori ludico-ricreativi ed il ritorno ai giochi più tradizionali.

“I bambini sono come i marinai: dovunque si posano i loro occhi, è l’immenso”.

(Christian Bobin)

 Dott. ssa Ilaria Nacciarone, Psicologa e Psicoterapeuta

In sintesi…

Non private il vostro bambino dei videogiochi ma rendetegli chiaro che ha un tempo definito da dedicare a questo hobby, che dev’essere preceduto e seguito da attività differenti.

Date un tempo massimo al vostro piccolo da dedicare ogni giorno ai videogiochi (non più di 60 minuti). Se il piccolo dovesse chiedere più tempo, non concedete proroghe e chiedete con calma di spegnere la console o il pc.

Nel caso in cui il bambino si dovesse rifiutare di smettere di giocare e iniziasse a innervosirsi, spegnete comunque il videogame e portatelo in uno spazio della casa dove possa calmarsi e parlategli dopo un po’, per chiarire la vostra decisione.

Se il bambino dovesse protestare vivacemente, prima di spegnere il videogioco salvate la sua partita: questo eviterà di perdere i progressi ottenuti nel gioco e allo stesso tempo che il piccolo possa covare rancore, quando si sarà calmato. Potrà infatti così riprendere la partita dal punto in cui aveva lasciato.

Una volta conclusosi il tempo a disposizione per giocare ai videogiochi, proponete attivamente al vostro piccolo attività alternative cui dedicarsi, spingetelo a dirottare l’attenzione dal videogame verso altre attività.

Scegliete dei videogiochi adatti per i vostri piccoli e che rispettino anche il loro gusto, fate in modo che – giocando – debbano superare delle prove e avanzare da un livello all’altro.

Infine, spendete un po’ di tempo ogni tanto giocando ai videogiochi insieme al vostro piccolo: sarà più semplice non solo tenere sotto controllo la durata, ma anche proporre altre attività una volta conclusosi la sessione di gioco. Vi stimolerà a trascorrere più tempo insieme al vostro bambino ed eviterà che il bambino possa sviluppare a causa di un eccessivo tempo dedicato ai videogiochi, una tendenza all’isolamento.

Potete fare a vostro figlio anche delle piccole concessioni: se durante la settimana si è comportato bene, lasciatelo libero di giocare più a lungo durante i week end (non troppo però ;)), controllando che faccia delle pause e si allontani dallo schermo a intervalli regolari (1/2 volte ogni ora).

 

A cura della redazione di MioDottore e della Dott. ssa Ilaria Nacciarone, psicologa e psicoterapeuta.

 

 

 

L’udito nei bambini – l’importanza di una diagnosi precoce

 

Un buon udito è determinante per un corretto sviluppo linguistico e intellettuale dei più piccoli, per questo è fondamentale monitorare nei bambini la capacità uditiva: una diagnosi precoce di un eventuale problema può infatti rivelarsi importantissima per la corretta crescita del piccolo.

Cos’è l’ipoacusia e qual è la sua causa principale tra i più piccoli

L’ipoacusia è una minore percezione uditiva dei suoni, rispetto a una persona con udito normale, che causa una alterazione della percezione in chi ne è affetto. Può essere congenita o acquisita:

  • Ipoacusia congenita: causata o da fattori ereditari o da asfissia durante il parto o da un deficit di sviluppo durante la gravidanza. In alcuni casi, può essere dovuta a una malformazione a carico del canale auditivo, che si presenta quasi del tutto ostruito o del tutto assente;
  • Ipoacusia acquisita: per ipoacusia acquisita si intende un deficit all’udito non congenito, che si sviluppa dopo la nascita. Può essere causata dall’utilizzo di alcuni farmaci, da rumori troppo forti o da malattie.

A seconda delle differenti componenti dell’orecchio e dell’ascolto coinvolte, si individuano diverse tipologie di ipoacusia:

  • Ipoacusia percettiva: quando è disturbata la conduzione del suono nell’orecchio interno;
  • Ipoacusia neurosensoriale: quando lo stimolo uditivo non viene convertito tra l’orecchio interno e i nervi acustici e quando non viene percepito in modo sufficiente;
  • Ipoacusia mista: quando la riduzione della capacità uditiva è causata da più fattori.

Nei più piccoli, l’ipoacusia è classificata in differenti livelli o gradi a seconda della sua gravità (dal disturbo lieve fino alla sordità).

Come prevenire l’ipoacusia nei più giovani?

Alcuni accorgimenti si rivelano fondamentali strumenti preventivi:

  • Evitare l’esposizione a troppo rumore: le orecchie dei bambini sono infatti maggiormente sensibili al rumore, perché non è ancora stato portato a termine il processo per distinguere tra suoni della parola e del linguaggio e rumori dannosi. Un esempio? In presenza di un rumore forte e fastidioso – come quello di un martello pneumatico – gli adulti si tappano le orecchie istintivamente, al contrario di molti bambini. È importante anche educare gli adolescenti a proteggere il proprio udito, ad esempio ricordando loro di non ascoltare musica con gli auricolari a un volume troppo alto;
  • In presenza di infiammazioni, raffreddori e influenza (che riguardino l’orecchio medio) è importante rivolgersi a uno specialista e intervenire tempestivamente. Quando l’aerazione dell’orecchio non è ottimale può infatti crearsi un accumulo di fluido che porta, in alcuni casi, alla cronicizzazione dei disturbi all’udito;
  • Riconoscere i sintomi con tempestività: a questo scopo, è utile portare il bambino fin dalla tenera età a visite di controllo presso l’otorinolaringoiatra o il pediatra. Inoltre, se il piccolo non reagisce in modo adeguato a stimoli uditivi improvvisi e consistenti, i genitori devono prendere nota e fornire queste informazioni allo specialista. Utili strumenti preventivi sono le valutazioni audiometriche neonatali.
  • Durante l’età prescolare, la maggioranza dei disturbi viene causata da un accumulo anomalo di muco nell’orecchio dei bambini, che causa la cosiddetta otite media secretiva.
  • Nel malaugurato caso in cui un bambino accusasse un danno uditivo permanente, è importante dotarsi di un apparecchio acustico adatto alla sua tenera età: questo consentirà di mitigare e contrastare la perdita uditiva ed evitare danni linguistici e intellettuali durante la fase del suo sviluppo.

 

A cura della redazione di MioDottore e della Dott. ssa Ermelinda Zeccardo, otorinolaringoiatra.

I viaggi, i bambini e l’attitudine alla scoperta

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Educare all’ascolto

Primo giorno di SCUOLA.

Il primo giorno di scuola materna è un momento fondamentale per il bambino e altrettanto importante ed emozionante per il genitore. Obiettivo di questo breve articolo sarà mettere a fuoco, ed analizzare la presenza dei diversi stati d’animo che caratterizzano questo delicato momento della vita dei nostri figli e cercare, per quanto ci è possibile, di arrivare pronti ad un traguardo d’inizio così importante per tutta la famiglia.

Ogni momento importante della nostra vita è caratterizzato dall’insorgere di un’emozione: sia essa positiva o negativa. Fare i conti con le proprie emozioni, saperle gestire al meglio e viverle nel modo più adeguato, richiede un’ottima consapevolezza emotiva e anche un buon grado di maturità personale.

Il primo giorno di scuola di nostro figlio è sicuramente un momento importante, sia per lui che per noi, e sappiamo che segnerà un grande passo all’interno di un percorso che durerà anni. Non bisogna spaventarsi quindi se, con l’avvicinarsi del primo giorno, veniamo inondati da una buona quantità di emozioni e di preoccupazioni. Lo step iniziale è riuscire a dare il nome ad ogni singolo mattoncino di questo bagaglio emotivo che ci stiamo portando dietro. Contentezza, entusiasmo, gioia, curiosità, felicità, paura, preoccupazione, dispiacere, ansia, possono essere solamente alcuni degli stati d’animo che dobbiamo imparare a riconoscere per vivere al meglio, e far vivere al meglio a nostro figlio, momenti come questo.

La preoccupazione (letteralmente pre – occupazione: occupare il nostro pensiero prima del dovuto) è assolutamente fisiologica se si pensa che sino a quel fatidico momento del primo giorno di scuola i bambini sono stati al sicuro, sotto la nostra attenzione e sorveglianza, protetti da ogni pericolo o da ogni agente esterno, o affidati a persone in cui riponiamo la nostra cieca fiducia. L’attaccamento, che durante i primi anni di vita, sperimentiamo nei confronti dei nostri figli, e di conseguenza che facciamo anche sperimentare loro, viene per la prima volta fronteggiato da un elemento separatore, come la scuola. Sperimentare l’apertura al mondo dei nostri figli e l’ingresso nella loro vita di altri attori (compagni, maestre, educatori etc) può essere in alcuni casi molto traumatico anche per il genitore. L’importanza del saper affrontare al meglio questo momento ha una duplice valenza: Insegna a noi come essere genitori capaci di supportare al meglio la crescita, l’individualità e l’autonomia di nostro figlio e inoltre insegna ai nostri figli come diventare degli adulti che non hanno paura del cambiamento e delle nuove sfide.

 

Perché la scuola fa paura ai bambini?

 

Perché all’inizio fa parte del cambiamento: si tratta di una nuova prova, di un’esperienza sfidante cui non è possibile sottrarsi. Una prova che mette in gioco infinite qualità e disposizioni (forza di volontà, capacità di apprendimento, socialità, capacità di lavorare in gruppo e di sapersi relazionare, capacità di saper fronteggiare ostacoli e sconfitte).

Il primo giorno di scuola – sia materna che elementare – è come se segnasse un nuovo, completamente nuovo, inizio: l’inizio di un percorso dove sappiamo già che vivremo delle vittorie e delle sconfitte, l’inizio di un percorso che durerà anni, e che una volta iniziato concederà pause solo dopo mesi, in occasione delle vacanze.

Ovviamente, questo quadro non è perfettamente delineato nella mente del bambino, tuttavia egli ha coscienza del cambiamento e della sfida impliciti nell’iniziare questo nuovo percorso. E questa prospettiva – comprensibilmente – rende il bambino eccitato e al contempo spaventato.

Come comportarsi?

 

È importante preparare il bambino a questo fondamentale cambiamento e – allo stesso tempo – preparare sé stessi. Per fare ciò può essere utile ricordare una parolina magica API: Ascoltare, Parlare, Interagire.

 

Ascoltare: Prima ancora di mettere in atto una serie di comportamenti che possano preparare il bambino a questo nuovo inizio sarebbe bello poter chiedere al bambino stesso che cosa pensa della scuola. Spesso i bambini, anche i più piccoli, hanno delle idee molto più elaborate di ciò che possiamo pensare e potrebbe stupirci molto soffermarci ad ascoltare le loro fantasie, preoccupazioni ed esigenze.

Inoltre interrogare il bambino in merito alle aspettative che nutre nei confronti della scuola, dei compagni o delle maestre renderà la scuola molto meno spaventosa (Si ha paura spesso di ciò che non si conosce e che non si riesce ad immaginare!) Inoltre ricordiamoci, che secondo molte delle teorie sul linguaggio, parlare di qualcosa aiuta la formazione del pensiero, quale preparazione migliore quindi che ascoltare sapientemente cosa ha da dirci il nostro bambino?

 

Parlare: Comunicare, parlare, dialogare, descrivere. È molto importante anche che il genitore riesca a parlare con il figlio, spiegargli perché deve andare a scuola, descrivergli una classe, raccontargli degli altri bambini e delle maestre. Potrebbe essere interessante anche riuscire a raccontare la propria esperienza personale, in modo positivo “Quando ero piccola ho conosciuto a scuola tanti amici con cui giocare, facevamo questi giochi, ci insegnavano queste cose etc.” così facendo svilupperemo nel bambino una normale curiosità nei confronti di un qualcosa di nuovo che la mamma e il papà hanno già fatto.

 

Interagire: Se i primi due consigli riguardavano una forma di dialogo, e quindi una preparazione di tipo passiva all’evento, quest’ultimo step rappresenta un avvicinamento più esperenziale. L’interazione con il bambino riguarda, infatti, una serie di comportamenti, o accorgimenti da mettere in atto.

  • Rientro dalle ferie: evitare di rientrare dalle vacanze estive pochi giorni prima dell’inizio scolastico. Per quanto belli e rilassanti i viaggi estivi non potranno mai riflettere la sicurezza dell’ambientazione domestica. Troppi cambi repentini (rientro da un viaggio, casa e poi subito inizio scuola) potrebbero disorientare il bambino che invece necessita di tutta la serenità per affrontare questo grande passo. E’ importante quindi, prima dell’inizio della scuola che il bambino abbia ripreso i propri ritmi e si sia ri-abituato all’ambiente domestico.
  • A letto presto! È altresì importante che – nei giorni che precedono l’inizio della scuola materna, ma anche elementare – il bambino vada a letto presto e si svegli presto, in modo da non soffrire i ritmi della quotidianità una volta iniziata la nuova routine.
  • Vedere con gli occhi: Per limitare le possibili preoccupazioni da parte del bambino potrebbe essere carino anche organizzare delle brevi passeggiate vicino alla nuova scuola anche solamente dall’esterno così da sfatare qualche possibile fantasia negativa o paure.
  • Lo zainetto: per accrescere ancor più la curiosità e quell’eccitazione positiva per un nuovo inizio, sarà certamente d’aiuto rendere il bambino partecipe della scelta del suo nuovo zainetto, se parliamo della scuola materna, o di tutto l’occorrente se parliamo anche delle elementari. Spesso gli accessori giocano un ruolo fondamentale e a volte basta uno zainetto per renderci dei supereroi invincibili!

 

È importante sottolineare, infine, che seppur molto semplicistici, questi step sono utilissimi per rendersi preparati al grande passo.. e non solo per i bambini!

Avere delle attenzioni, nei confronti dei più piccoli, mirate per la preparazione ad una tale avventura, renderà anche i genitori in grado di saper gestire meglio questa separazione. Separazione, si! Perché l’inizio della scuola decreta proprio quel momento in cui scegliamo di farli diventare (attraverso un lunghissimo percorso!) personcine autonome. Riuscire a preparare il bambino al distacco aiuterà senz’altro a rendere questo distacco meno traumatico, anche per gli adulti. Inoltre sarà più semplice anche saper gestire le emozioni legate alla preoccupazione e all’ansia, comprensibili ma disfunzionali se il bambino le dovesse assorbire e appropriarsene.

In ultimo è importante sapere che è inoltre buona norma informare gli educatori di tutte le eventuali patologie di cui soffra il bambino, sia più evidenti che lievi: anche piccoli ed apparentemente insignificanti disturbi possono essere una causa di stress per il piccolo, se non vi si presta attenzione. Comunicate quindi agli educatori non solo allergie, disturbi o intolleranze alimentari ma anche abitudini e piccoli vezzi della quotidianità.

 

Cosa mettere nello zainetto del bambino?

  • Dentifricio e spazzolino, se il bambino rimane a pranzo presso l’istituto;
  • Una merendina e una bottiglietta d’acqua;
  • Un cambio di vestiti;
  • Un foglietto con i recapiti dei familiari.

A cura della redazione di MioDottore.it e della Dott.ssa Federica Miccichè, psicologa e psicoterapeuta.

FRUTTA E VERDURA: COME FARLA MANGIARE AI BAMBINI

Forzare un bambino a mangiare qualcosa, può avere l’effetto contrario: generare una sorta di rifiuto aprioristico. Un tale rigetto – se riguarda alimenti dalle ottime proprietà nutrizionali e importanti per la crescita, come la frutta – è assolutamente da evitare. Come fare, dunque, a far si che i bambini amino la frutta?

Il primo passo, il più importante, è far acquisire al bambino delle corrette abitudini alimentari: come nell’adulto, anche nel bambino, una corretta alimentazione è associata all’acquisizione di corrette abitudini, che con una buona probabilità saranno mantenute anche in età adulta. Insegnare ai propri figli l’importanza della qualità del cibo che mangiamo, li renderà adulti educati, “alimentarmente” parlando, e in grado di fare delle scelte alimentari sane ed equilibrate.  Un bambino che ama la frutta sarà un adulto che ama la frutta!

Al contrario di quanto si pensa l’abitudine al consumo di frutta e verdura non è una fortuna concessa solamente a pochi genitori, ma il risultato di una vera e propria educazione ai sapori, che vale per i più piccoli ma anche per i più grandi! Ci basti pensare quanto il disgusto di qualche alimento (broccoli in età infantile ad esempio) passi prima per la testa, ossia per l’idea che quel sapore e odore non sia per nulla di nostro gradimento. Lo stesso sapore in età adulta diventa apprezzabile, se privati dal pregiudizio del disgusto, e completamente immangiabile se ne rimaniamo ancorati.

È quindi importante guidare il bambino verso una buona educazione alimentare. Insegnargli, giocando, che ogni alimento ha caratteristiche e qualità differenti, educarlo ai sapori dei cibi sani, quali frutta e verdura, aiutandolo quindi ad acquisire, sin da piccolo, una corretta abitudine alimentare che gli permetterà di apprezzare i sapori di una dieta varia e sana.

 

 

COME INCENTIVARE IL BAMBINO A TAVOLA?

La buona abitudine alimentare è un’urgenza che necessita, per essere realmente acquisita, di qualche trucchetto da parte dei genitori.

La preparazione del pranzo/merenda: coinvolgere il bambino nelle fasi della preparazione ha tantissimi risvolti positivi (e non solamente per l’educazione alimentare!!).

  • Sviluppo dell’autostima: sentendosi utile alla preparazione di una qualcosa che è necessario, come il pasto, il bambino accresce il proprio senso di appartenenza e la possibilità di sperimentarsi all’interno di un luogo considerato sicuro, sviluppando così anche una buona autostima. Sembrerebbe questo punto completamente slegato dall’educazione alimentare. È importante, invece, stabilire una buona connessione legata al concetto di nutrimento. Il pasto diventa così un momento a cui dare importanza all’interno della giornata, ed emotivamente legato ad un espressione serena del proprio sviluppo.
  • Sviluppo della curiosità alimentare: “Che sapore avrà quel piatto che ho preparato con mamma e papà?” La curiosità rappresenta una spinta molto positiva nel bambino rendendolo reattivo e sviluppandone anche l’intelligenza.
  • Mangiare giocando: una partecipazione alla preparazione possiamo averla anche dai più piccoli. Nel caso sia troppo difficile o pericoloso farci aiutare, possiamo sempre chiedere aiuto ai più piccoli nel disporre le varie pietanze all’interno del piatto.

(verdura come erba di un disegno, o un piatto di passato di verdure che assume le sembianze di una faccia). Questo accorgimento renderà l’atto del mangiare più piacevole in quanto verrà associato all’alimento un significato divertente.

 

Nel caso in cui non sia proprio possibile coinvolgere i bambini nella preparazione è possibile utilizzare qualche altro accorgimento/trucchetto.

Prima della preparazione: Spesso può essere utile coinvolgere i bambini non solo nella preparazione del pranzo o della merenda, ma anche nella scelta degli ingredienti. Portateli con voi al mercato o dal fruttivendolo, scegliete frutta e verdura insieme a loro. Rendeteli parte integrante delle scelte decisionali alimentari familiari.

Mangiare e sapere: durante la fase del pasto può essere carino, ogni tanto, far indovinare al bambino tutti gli ingredienti presenti nel piatto che sta mangiando. Questo gioco ha una duplice valenza: stimola la possibilità di conversare a tavola e sviluppa nel bambino la capacità al gusto per ogni singolo ingrediente.

Forchetta comanda color color…: Alcune verdure, o anche molta frutta, si presta alla possibilità di creare piatti molto colorati, e quindi alla possibilità di poter giocare con i colori. In questo caso è possibile giocare con il bambino chiedendo di mangiare un colore per volta, o anche cambiando spesso e chiamando i colori di volta in volta.

Si mangia prima con gli occhi: (soprattutto per la frutta come forma di merenda). Per agevolare la scelta di frutta durante le merende è possibile tagliarla a spicchi e impiattarla in un modo molto invitante (ad esempio un arancio che forma un viso con un grande sorriso) o addirittura giocare con la consistenza (tagliare la mela in fettine sottilissime rende il mangiarla molto divertente).

 

Così come i buoni accorgimenti esistono anche, ovviamente, dei comportamenti a cui prestare molta attenzione: 3 consigli da non attuare:

 

  • Se mangi tutto…: Bisognerebbe cercare di non far diventare frutta e verdura il prezzo da pagare per la ricompensa post pasto. Sebbene sia semplice pensare di poter dire “Se mangi tutta la mela puoi andare a giocare con i videogiochi” è molto svantaggioso. La mela, così come il cibo, assumerebbe una connotazione negativa e per una buona e serena abitudine alimentare questo non è possibile.
  • Finiscilo comunque..: Forzare il bambino a mangiare da un piatto che ha già disgustato non è assolutamente la giusta via. È possibile in quel caso proporre lo stesso ingrediente in forma diversa, magari coinvolgendo il bambino nella preparazione, per aiutarlo ad abituarsi al sapore.
  • Dopo la frutta ti puoi alzare..: Forzare i bambini a mangiare la frutta dopo i pasti non è una corretta abitudine alimentare. La frutta è preferibile inserirla tra due pasti come merenda.

Ultimo ma non meno importante: ricordate di dare il buon esempio! Se mamma e papà non mangiano la frutta, sarà difficile che possano convincere il proprio bambino a farlo. Prendetelo come un gioco e approfittatene per acquisire anche voi delle migliori abitudini alimentari! E se il bambino proprio non ne vuole sapere, non demordete e promuovete in lui la curiosità almeno per assaggiare.

 

FRUTTA E VERDURA NELLE SCUOLE

 Un aiuto fondamentale, per far acquisire la buona abitudine del consumo abituale di frutta e verdura ai bambini, viene anche dall’ambiente scolastico. È qui infatti che i bambini trascorrono una fetta considerevole della propria giornata, ed è alle mense scolastiche che sempre più bambini consumano il proprio pranzo – perché spesso entrambi i genitori lavorano.

Può l’istituzione scolastica aiutare le famiglie nel promuovere corrette abitudini alimentari? Assolutamente si! Accompagnare l’aspetto didattico alla pratica delle buone abitudini alimentari è un aiuto fondamentale: scoprire come la frutta e la verdura crescono, come vengono prodotte, quali siano le loro proprietà e come arrivino sul banco del fruttivendolo solletica la curiosità dei bambini e li accompagna nella scoperta delle buone abitudini alimentari.

 

Avvicinare didattica, gioco, scoperta e cibo è lo scopo del programma europeo “Frutta nelle scuole”, introdotto dal regolamento (CE) n.1234  del Consiglio del 22 ottobre 2007  e dal regolamento (CE) n. 288 della Commissione del 7 aprile 2009. Il programma si propone infatti di incentivare il consumo di frutta e verdura da parte dei bambini in età scolastica, attraverso varie iniziative (distribuzione di prodotti ortofrutticoli, informazioni sui prodotti ortofrutticoli, gite).

L’obiettivo è sempre lo stesso: acquisire buone abitudini alimentari attraverso l’apprendimento, il coinvolgimento e il divertimento.

A cura della redazione di MioDottore.it e della Dott.ssa Federica Miccichè, psicologa e psicoterapeuta.