I colori degli uomini-Ada Bottini
I colori degli uomini |
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I colori degli uomini |
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NON SONO POLLICINO, MA… CI VADO VICINO!
Avete presente Pollicino? Beh, se io fossi il personaggio di una favola… sarei appunto Pollicino!
Anzitutto, gli somiglio perché – proprio come lui – mi sono ritrovata in dote una lunga fila indiana di fratelli maggiori, sempre pronti a stuzzicare e a criticare. Fratelli a cui – nonostante tutto – voglio anche molto bene, perché quando ero più piccola hanno comunque saputo giocare con me e m’hanno insegnato tante cose divertenti. M’hanno fatto capire, soprattutto, che la condivisione è il segreto per essere più forti e più grandi, più allegri e fiduciosi. Almeno, quando ci si riesce… E, bisogna pur dirlo, non è mica una cosa facile facile sopportarsi e crescere insieme. Non son bazzecole!
Come Pollicino, poi, mi sono persa un paio di volte nel bosco ingarbugliato della vita: ho fatto i miei tentativi e le mie prove, lasciando cadere lungo la strada molliche (o briciole, che dir si voglia) e annusando tante vie diverse. Un pò come un cane segugio, sperso e perplesso.
Ho pensato, allora, a dove mi sarebbe davvero piaciuto arrivare: prima d’essere sorpresa dalla notte e dalle ombre, proprio come nella favola, era importante capire. Era importante pensare. Perciò riflettevo: che potrò mai fare, quando sarò finalmente cresciuta? E anche questa, lo sapete, non è una cosa banale.
Così, da principio, ho creduto che mi sarebbe piaciuto fare l’attrice di teatro; ma – ad esser sincera – è stato solo il pensiero d’un brevissimo momento. Mi sono divertita soltanto a provarci, a salire su un palco e ad affrontare il buio sussurrante della sala. E mi è anche molto servito: serve sempre a una timidona come me… Ma non era quella esattamente la mia via. Dunque, ancora oltre a cercare sentieri nel bosco…
Poi, ho provato a studiare da archeologa: bellissima cosa e, tuttavia, impresa troppo faticosa rispetto alla relativa forza della mia passione per le tracce lasciate dagli antichi. Passione importante, sì, ma non certo paragonabile al bisogno che ho sempre avuto di scrivere. Che, del resto, è un pò come lasciar cadere i famosi sassolini di Pollicino. Tracce nere sulla carta bianca.
Sì… Quella, in verità, è sempre stata la marcia più potente per me: scrivere. E’ come una specie di sete di parole, capace di trascinarmi lontano e di farmi sentire finalmente libera come un gabbiano. Scrivere mi fa scivolare dentro di me e svolazzare attorno alle cose, là dove mi posso sentire coccolata e sicura come nell’abbraccio di un amico sincero. Un pensiero che mi piace.
Beh, non mi ricordo né quando né come ho cominciato a scrivere. Oltretutto, ho frequentato una scuola elementare Montessori, quindi davvero a me manca anche l’esperienza – comune a molti altri – delle noiose paginette piene di lettere e letterine. Io, al contrario, so solo di aver sempre scritto volentieri – fin dall’inizio – frasi su frasi. E, con o senza errori, le mie lunghe storie a quei tempi venivano appese alle pareti della classe o riempivano i cassetti delle scrivanie di casa. Anno dopo anno, si allungavano assieme a Rosa.
Al di là di quanto potessi essere effettivamente brava, questo era un fatto incredibile: per una bambina, infatti, rintracciare un ambito in cui essere lodata e riconosciuta equivale ad aver trovato la lampada d’Aladino o la gallina dalle uova d’oro. E’ un modo per sentirsi sicuri, soddisfatti, fieri. Indipendenti persino nei momenti di noia e di solitudine. Quando ti perdi in cupi pensieri.
Per questo, alla fine, sono finita a fare la giornalista e la redattrice. Ho scritto di campi da golf e di partite di polo, di campioni di tennis e di grandi stiliste, di personaggi famosi e meno famosi, di luoghi d’arte e di villeggiatura. Persino, a un certo punto, m’è capitato di fare articoli sulle auto d’epoca. Pensate un pò: io, che non ho mai nemmeno preso la patente!!
Lavorare in una redazione, digitando veloce su una tastiera come un pianista che fa scivolare le sue mani sullo strumento, è sempre stato il mio sogno. E, nel mio piccolo, ci sono dunque riuscita. Un viaggio meraviglioso, tra montagne di carta e idee da realizzare. Tutti insieme.
A dirla tutta, ho inventato anche i testi di qualche pubblicità e ho preso un diploma in Scienze della Comunicazione: un pezzo di carta con su scritto “copy-writer”. Una cosa divertente, anche quella. Un messaggio, più o meno colorato, che deve correre dritto all’occhio e all’orecchio del suo ricevente. Un salto, una capriola: tutto d’un fiato e quindi dritto come la freccia sul centro.
Insomma, eccomi qua. Non ho fatto cose eccezionali, ma credo di aver cominciato a capire – finalmente – dove voglio andare. O meglio, dove voglio tornare.
Voglio tornare, ogni giorno, a leggere storie come da bambina. E a scriverne, se possibile. Oppure a raccontare – anche a voi, perché no! – quanto sono belle quelle create dalla penna e dalla matita di qualcun altro. Qualcuno che mi somiglia o che mi affascina per la sua diversità da me, qualcuno che mi distrae dalla tristezza o che mi trascina in una lunga risata. Fino – non c’è dubbio – alla parola fine.
Il bello, del resto, è che terminato un racconto ne può cominciare subito un altro. E – se leggere è come cominciare un nuovo viaggio, e forse qualcuno l’ha già detto – scrivere, per me, è come ritrovare la strada: lasciare cadere, non senza fatica, i sassolini di Pollicino; e fare in modo che, l’indomani, siano ancora lì. Per correre nel tempo, indietro e avanti. Per gettare un ponte tra il cuore e i pensieri, liberi di volare eppure ancorati a me stessa. Al mio modo di percorrere la vita, foglio dopo foglio. Con un punto che sta per un respiro, una virgola che abbraccia un’idea appena nata.
Tutto qui. Ora ho quasi quarant’anni (ma ci devo sempre pensare prima di dirlo, ché non mi pare proprio possibile!) e ho finalmente imparato a lanciare sassolini al posto del pane. Sassolini per mia figlia, che è la cosa più bella che abbia mai disegnato. Sassolini per tutti i bambini che incontro, per le strade cittadine o in altri dedali virtuali. A loro, con gioia, ho ormai deciso di dedicare il mio lavoro. Quel poco o tanto che so fare – scrivere, leggere, pensare, inventare… – ho stabilito di metterlo a loro disposizione. Come? Piazzandomi come un segnalibro canterino dentro piccoli-grandi libri da non farsi sfuggire, inventando con altri amici incontri educativi e corsi creativi, organizzando dibattiti tra genitori e insegnanti. E, soprattutto, non perdendo mai il gusto di tornare io stessa piccola piccola. Come Pollicino.
Rosa Benedica Nicolini
rosa.nicolini2@virgilio.it
Atti di prepotenza e sopraffazione, minacce, furti, tormenti fisici e verbali, insulti. Quando tutta questa violenza si manifesta da minore a minore prende il nome di bullismo, un fenomeno che tende a svilupparsi gia’ in ragazzini di 8-9 anni. Aiutati, nella loro misera impresa, anche dalla tecnologia che rende i ”giovani bulli” ancora piu’ organizzati: telefonini, e-mail, internet consentono di diffondere informazioni delle vittime e di tormentarle piu’ facilmente, costringendole a vivere in un clima di terrore.
Tutto questo avviene soprattutto a scuola. Quindi, la collaborazione tra operatori scolastici e famiglia e’ d’obbligo se si vuole prevenire e combattere il bullismo. Aiutando i ragazzi a socializzare, facendo loro capire che la violenza e’ espressione di debolezza e non di forza, educando al rispetto del prossimo. Ma, soprattutto, isolando i soggetti aggressivi.
DA LEGGERE”Piccoli bulli crescono” |
Il bambino e’ preoccupato e cerca scuse per non andare a scuola? Il suo rendimento e’ calato? Accusa disturbi fisici durante l’anno scolastico che ”magicamente” scompaiono quando e’ in vacanza? Perde troppo spesso oggetti e soldi, non e’ invitato dagli amici e non invita nessuno? E’ irascibile e aggressivo al rientro da scuola o dopo aver ricevuto una telefonata o un sms? Tutti questi segnali devono far sospettare che sia vittima di episodi di bullismo. In questi casi e’ bene parlargli, fargli capire che puo’ fidarsi di voi. Spesso, infatti, subisce ricatti dagli ”aguzzini” e ha paura ad ammettere cio’ che avviene. Subito dopo informate gli insegnanti dei vostri sospetti e chiedete loro maggiore attenzione. O rivolgetevi a una delle associazioni anti-bullismo, presenti nelle principali citta’ italiane, per dei consigli. Se, invece, sospettate che sia vostro figlio ad essere un piccolo bullo, cercate di capire, ma non sottovalutate mai il suo comportamento. Siate un esempio di rispetto e civilta’ e se scoprite un furto, un insulto o una minaccia verso un compagno, obbligatelo a scusarsi e a rendere il maltolto.
Lo smog è un nemico da cui è sempre più difficile difendersi. Ecco, allora qualche prezioso consiglio anti-inquinamentoTosse, rinite, asma, difficolta’ respiratorie sono alcune delle manifestazioni legate all’inquinamento atmosferico. Disturbi che possono peggiorare coll tempo, fino a causare danni gravi e permanenti.L’organismo dei bambini è delicato e risente di più dei danni provocati dall’inquinamentoA provocarli sono gli scarichi delle auto, i sistemi di riscaldamento delle abitazioni, i fumi e i vapori tossici industriali. Meglio conosciuti come polveri sottili, rappresentano solo una parte degli agenti inquinanti che si diffondono continuamente nell’aria. E i bambini, purtroppo, sono quelli che rischiano di piu’, anche perche’ passano piu’ tempo all’aria aperta, nelle ore dedicate al gioco. Ma difendere la salute dei nostri figli e’ possibile. Vediamo come.
Nelle giornate particolarmente a rischio di polveri sottili segnalate dai mezzi d’informazione, e’ bene evitare di uscire o, se proprio dobbiamo farlo, preferire il marsupio al passeggino (che viaggia proprio all’altezza dei tubi di scappamento). Sono sconsigliate, inoltre, le ore di punta, tenendo presente che sciarpe o mascherine sono purtroppo inutili contro l’inquinamento. Le polveri sottili si respirano comunque, arrivano ai bronchi o si depositano sulle corde vocali. Anche gli ambienti chiusi non sono immuni dalla contaminazione, ma molto si puo’ fare per renderli piu’ salubri. Polvere, fumo passivo, composti organici volatili (in detersivi, vernici e simili) sono sempre in agguato dentro casa. Quando acquistiamo certi prodotti e’ importante, quindi, leggere le etichette, evitando quelli contenenti sostanze tossiche quali la formaldeide, e preferendo detergenti privi di silicati. E, poi, eliminare dai fornelli le incrostazioni che, surriscaldate, rilasciano fumi tossici. Attenzione a stufe e caminetti e al giusto ricircolo di ossigeno. Infine, combattere muffe, funghi e acari con una buona aerazione.
A TAVOLACibi sani, ricchi di vitamine, quali frutta fresca e verdura di stagione, sono un vero toccasana contro i danni causati dall’inquinamento perchè apportano principi nutritivi importanti. I nostri figli dovrebbero sempre poter scegliere spuntini di questo tipo piuttosto che merendine preconfezionate e troppo grasse. Infine, è bene tenere presente che l’inquinamento si combatte anche con un costante impegno quotidiano: insegniamo ai bambini a non sporcare, a non imbrattare e buttare cartacce per strada e daremo una mano alla salute di tutti. |
Un problema senza eta’ |
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La depressione può colpire anche i più piccoli. Ecco i campanelli d’allarme e i consigli per non farsi cogliere impreparatiLa depressione, definita spesso ”la malattia del secolo”, e’ un disturbo contraddistinto da una costante e durevole condizione di tristezza e infelicita’ che puo’ perdurare anche per molto tempo. Un disagio che colpisce il 3% dei bambini e il 9% degli adolescenti italiani: un numero importante e sicuramente in crescita, che ci deve mettere in allarme, inducendoci non solo a capire i problemi dei piu’ giovani e a curarli, ma anche e soprattutto a prevenirli. I segnaliVi sono, pero’, alcuni comportamenti che possono aiutare i genitori a comprendere l’insorgere di uno stato depressivo e quindi a consultare un medico che li guidera’ poi alla scelta di uno psicologo o di un neuropsichiatra infantile.
I piu’ evidenti: mancanza di interesse verso il gioco o attivita’ che prima entusiasmavano; difficolta’ di concentrazione e poca reattivita’; stati diffusi di tristezza e desiderio di solitudine; rallentamento dello sviluppo psico-motorio e laconicit a’; forte irritabilita’ e mancanza di energia; cambiamento delle abitudini alimentari e del sonno. A scatenarla, oltre ai fattori ambientali che agiscono sulla psiche, contribuiscono anche cause geneticheSoprattutto nel periodo dell’adolescenza, fase molto complicata in cui l’autostima subisce forti contraccolpi e in cui i ragazzi sono alla ricerca di una propria identita’, i giovani sono particolarmente soggetti a rischio di depressione. Pur non trascurando che in questa eta’ altresi’ usuale che gli adolescenti si esprimano con comportamenti spesso contraddittori e tendano a staccarsi dalla famiglia o da abituali gruppi, e’ essenziale che i genitori aiutino i propri figli cercando di prevenire il disturbo. Inoltre, e’ bene ricordare che mentre l’adulto e’ in grado di comprendere che cosa sia un comportamento depresso e di poter essere quindi affetto da questa malattia, il bambino e’ incapace di fare questa distinzione. Se non curati e seguiti, i bimbi piu’ piccoli rischiano di crescere sviluppando veri e propri disturbi della personalita’. Conducendo poi ogni giorno una battaglia sfinente contro i propri disagi e l’;impossibilita’ di essere felici e soddisfatti. Infine, facendo i conti con un’accanita ipercriticita’ verso se stessi e indebolendo una gia’ scarsa fiducia verso il prossimo. |
Quell’antipatico mal di pancia |
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La colite e’, oggi, un disturbo molto diffuso che si manifesta con sempre maggior frequenza anche tra i più piccoli. Ecco qualche semplice consiglio per affrontarla al meglio.
Le cause scatenanti la colite sono ancora poco chiare perche’ il problema può presentarsi sia per errori alimentari o disfunzioni, sia per stati psicologici di irrequietezza ed ansia prolungata.
I fermenti latticiContemporaneamente, e’ opportuno parlare con il pediatra e considerare l’utilizzo di fermenti lattici: si somministrano con molta facilita’ e aiutano l’intestino a riprendere le sue normali funzionalita’. |
Addio notti in bianco |
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Addormentarsi con facilita’ e riposare per tutta la notte non e’ certo la norma per gran parte dei bambini. In alcuni casi e’ possibile parlare di problemi legati al sonno, in altri e’necessario verificare se ci sono abitudini sbagliate che portano i piccoli ad agitarsi e a fare capricci.Nella prima infanzia e’ abbastanza frequente che il piccolo non riesca a lasciarsi andare nel momento di passaggio tra la veglia e il sonno e che questo fomenti paure ed ansie mentre è solo nel suo lettino. Cio’ lo induce a impuntarsi per non andare a dormire e rimandare il più possibile quel ”brutto” momento. Un consiglio valido, pur nella sua estrema semplicita’, e’ quello di utilizzare il dialogo e il confronto, mantenendo in ogni caso una discreta fermezza. Passare un po’ di tempo con lui mentre si assopisce, raccontare una favola e dargli un morbido orsacchiotto da abbracciare che sostituisca la presenza del genitore sono semplici ma efficaci ”trucchi” che lo aiutano a distendersi.
E’ bene anche rendere la sua stanza il piu’ possibile idonea alle ore notturne: una piccola luce che non lasci il bambino nell’oscurita’ totale e che lo aiuti ad orientarsi nei possibili risvegli e’ un piccolo ma pratico espediente per tranquillizzarlo. Inoltre, e’ importante stabilire delle regole: non addormentarsi sul divano o nel letto di mamma e papa’, osservare gli orari e avere un piccolo rituale da seguire ed eseguire, come ad esempio bere una tisana, lavarsi con calma i denti, dire le preghiere. Questi atteggiamenti predispongono mentalmente il bambino a rilassarsi e ad abituarsi gradualmente al momento di andare sotto le coperte. Se, invece, durante la notte continua a svegliarsi e vuole venire nel lettone, ricordate che non bisogna mai incentivare questa cattiva abitudine, estremamente dura poi da eliminare. Anche se la stanchezza e’ tanta occorre riaccompagnarlo nel suo letto, rassicurarlo e fargli con pazienza capire, soprattutto se ha superato i tre anni, che e’ giusto che lui dorma per conto suo. Anche incentivarlo con piccole ricompense puo’ essere un incoraggiamento utile per trattenerlo nella sua stanza: qualche sacrificio e’ pur sempre accettabile se c’e’ un premio in palio! Se invece ci sono stati dei cambiamenti importanti nella sua vita, quali una nuova abitazione, l’inserimento alla scuola materna o un periodo di tensione tra i genitori (avvertita inequivocabilmente dal piccolo) e’ possibile che il sonno diventi difficile da conquistare ed e’ buona norma avvisare il pediatra che ci consigliera’ quale trattamento seguire. |
Gli adolescenti che abusano di monitor e joystick, con il passare del tempo corrono dei rischi sia a livello fisico che psicologico. E’ quindi necessario conoscere i pericoli di tali consuetudini ed educarli a fare buon uso di certi passatempi. Ore ed ore passate davanti alla televisione a guardare cartoni animati e telefilm. Per non parlare, poi, dell’utilizzo smodato dei videogiochi. Insomma, la maggior parte dei nostri ragazzi passa il suo tempo in un modo decisamente poco istruttivo. Ma c’e’ di piu’. Queste pessime abitudini possono addirittura rappresentare un pericolo per la salute. Il primo, anche se non molto diffuso, e’ rappresentato dagli attacchi epilettici, dovuti soprattutto alle stimolazioni luminose. Tale fenomeno non deve pero’ creare angosce perche’ interessa, per fortuna, solo i soggetti definiti fotosensibili, che dovrebbero evitare sia i videogiochi, che la permanenza prolungata davanti allo schermo della televisione. Il fatto che un ragazzo non sia a rischio di crisi epilettiche non lo mette, pero’, al riparo dalle insidie di play station e simili, che spesso si manifestano solo dopo molto tempo. Infatti, i bambini che passano ore davanti al televisore o al monitor di un videogioco possono accusare problemi alla schiena e alle scapole (irrigidimenti e dislocazioni) provocati dalla postura scorretta. Spesso, poi, le loro occhiaie sono livide e soffrono di disturbi del sonno, con stati di irrequietezza e irritabilita’. Possono manifestarsi, inoltre, problemi di concentrazione, e tendenza al sovrappeso per mancanza di attivita’ fisica. E, se da un lato, i giochi elettronici aumentano la velocita’ dei loro riflessi e certe storie che seguono in tv possono stimolare la loro fantasia, e’altrettanto vero che la maggior parte dei bambini viene negativamente influenzata dalle vicende proposte, non sempre ”pacifiste”. Essi finiscono, cosi’, col vivere in un mondo irreale, nel quale i messaggi violenti sono la norma, dove i piu’ forti vincono sempre, e senza troppa fatica, e il mancato rispetto delle regole corrisponde alla normalita’. E’ bene quindi tenere d’occhio i comportamenti e le reazioni soprattutto dei piu’ piccini, che hanno scarsa capacita’ critica, e ricordare che un monitor non e’ mai una buona balia: puo’ al massimo essere un diversivo, una pausa, uno dei tanti modi per svagarsi ma, quel che conta, e’ che non sia l’unico.
I piccoli tele e video-dipendenti hanno molto spesso problemi di socializzazione. |
Sono tante le domande, tanti i dubbi che riguardano la durata e la bonta’ del sonno dei bambini, e spesso mamma e papa’ si preoccupano più del dovuto. Ecco qualche consiglio rassicurante.
Il sonno serve al fisico per rigenerarsi, per riacquistare le energie perse, per poter affrontare in forma una nuova giornata. Lo stesso vale per il cervello che si ricarica, memorizza avvenimenti e informazioni. Ma, per aiutare il piccolo a sfruttarne tutti gli effetti positivi, e’ utile capire quando ha effettivamente bisogno di dormire, visto che ogni eta’ e’ diversa. Da neonato vostro figlio dormira’ parecchio, fino a toccare le 15 ore quotidiane, che caleranno in maniera vistosa gia’ attorno al primo anno. Verso i tre anni avrà bisogno di circa 12 ore di sonno per notte e, verso i sei anni, gli saranno invece sufficienti anche solo 9 ore. I risvegli notturni, invece, accompagnati da agitazione e capricci tendono, a lungo andare, a diventare un vero dilemma. In questi casi è bene distinguere le piccole paure, come quella del buio, da problemi comportamentali che cercano uno ”sfogo notturno”. Se in famiglia ci sono delle tensioni, se ci sono stati cambiamenti di scuola o di casa, se ‘ nato un fratellino, e’ possibile che il piccino manifesti inquietudini proprio durante il sonno. Cosa fare per aiutarlo ad addormentarsi e a non svegliarsi durante la notte? Per prima cosa e’ indispensabile dargli delle regole da seguire, ogni sera e con impegno. Non bisogna addormentarsi davanti alla TV ma solo nel lettino. E, quel che piu’ conta e’ far diventare il momento della nanna un rituale piacevole. Il piccolo non dovrebbe andare a dormire agitato per un precedente gioco impetuoso, ma in una stato di tranquillita’ psichica e fisica. Stare con i genitori e sorseggiare una tisana, fare un bagnetto rilassante ed essere accompagnato sotto le coperte dalla lettura di una favola e’ un modo per renderlo più sereno e meno ansioso, donandogli quindi sonni più duraturi e pacifici.
Far dormire il bambino a tutti i costi, imporgli lunghi pisolini pomeridiani non è necessario, soprattutto se non ne sente davvero il bisogno. |
GLI ANGELI
Sono presenti in tutte le culture.
La figura degli Angeli, come divinità intermedia, in un modo o in un altro, è presente in tutte le culture, ma è legata in maniera particolare alle religioni monoteiste, come entità di raccordo tra la Realtà infinita, totalmente trascendente e assolutamente sacra, e il mondo creato; qualcosa che salvaguarda la “purezza suprema” della divinità nei suoi rapporti con l’opacità delle realtà contingenti.
Origine degli Angeli
L’ambiente nativo degli Angeli, come sono presenti nella nostra cultura, è da ricercarsi nel vicino Oriente (Mesopotamia, Fenicia, Egitto), e più in particolare nella Persia di Zoroastro, intorno al 1500 a.C. Da questo habitat, la Bibbia deriva i suoi “Angeli”, che demitizza e personalizza dopo il ritorno del popolo ebraico dall’esilio babilonese (sec. VI a.C.), con l’affermarsi del più rigido monoteismo.
Valore e significato della figura degli Angeli
Gli Angeli (dal greco àngelos, ebraico Malach), messaggeri di Dio, a volte si presentano in modo sfumato, evanescente, realtà di confine tra la consistenza della materia e l’impalpabilità della trascendenza; altre volte assumono caratteristiche umane, molto definite e concrete. Due aspetti, quindi, due volti, quello umano e quello divino, che si intrecciano tra loro con estrema naturalezza, senza entrare in contraddizione. Questo deriva dalla loro funzione di raccordo tra il Creatore e le creature, dal loro esistere per: per trasmettere la volontà di Dio, per evocare la sua presenza paterna e provvidente, per essere custodi e guide, per richiamare a noi, creature distratte, il mistero dolce e amorevole di Dio. Esistenze necessarie, quindi, segni aperti su un mondo impercettibile ma sostanziale, che ci permea e ci attrae con fascino irresistibile. Dal secondo secolo della nostra era si è sviluppata la convinzione che ognuno di noi ha un Angelo protettore, o Angelo-guida; più propriamente un Angelo custode che lo accompagna nel cammino faticoso della vita. In modo più soffuso e meno scontato, durante i secoli ha preso forma anche l’idea che ogni famiglia (o casa), ogni città, ogni raggruppamento umano (popolo o nazione), addirittura ogni entità cosmica, abbia un suo Angelo (o più Angeli), patrono e tutore preposto a custodire e dirigere la realtà a lui affidata.
Che cosa dice la Chiesa?
Al di là della proliferazione fantasiosa di Angeli, come si evidenzia nei testi apocrifi antichi, in ambiente cristiano, o ai margini di esso, come nel tardo ebraismo e nell’Islam, e nella consapevolezza della prudenza con cui vanno affrontate molte espressioni tradizionali, la Chiesa ritiene con evidenza di fede l’esistenza degli Angeli, nella loro natura di creature spirituali, dotate di intelligenza e volontà, superiori alle creature visibili, “servitori e messaggeri di Dio, potenti esecutori dei suoi comandi”. L’esistenza degli Angeli custodi invece non è ritenuta dalla Chiesa come dottrina in evidenza di fede, ma come convinzione consolidata da una ininterrotta tradizione. Per il resto, considerando la sobrietà con cui ne parla la Rivelazione, la Chiesa non trascura mai di ricordare che le creature angeliche, pur nella loro dolcezza, nel loro fascino e nello splendore di cui sono circondate, rimangono avvolte nel mistero di una trascendenza che non bisogna forzare. Insomma, parliamo di Angeli, ma… da poveri uomini.
GERARCHIE ANGELICHE
Tra gli innumerevoli tentativi di dare una identità e una organizzazione gerarchica agli spiriti angelici, voglio accennare a quella più accreditata che è la sistemazione indicata da Dionigi l’Areopagita (sec. V d.C.) nel suo notissimo libro De caelesti Hierarchia. Secondo questo autore, che si rifà ad alcuni passi della Sacra Scrittura, le schiere angeliche sono ripartite in nove ordini, raggruppati in tre cori angelici. La prima schiera, più sublime e più vicina a Dio, è costituita da Serafini, Cherubini e Troni; la seconda da Dominazioni, Virtù e Potestà; la terza da Principati, Arcangeli e Angeli. La prima schiera, secondo Dionigi, sarebbe “illuminata” direttamente da Dio, la seconda attraverso la prima, la terza attraverso le prime due. Ad ogni schiera sarebbe stato affidato da Dio un compito specifico. Pur tenendo presente che tutti e nove i nomi di queste schiere angeliche si riscontrano nella Sacra Scrittura e che quasi tutti ricorrono sovente nella liturgia, tuttavia la Chiesa cattolica non ha mai dato ufficialità allo schema dell’Areopagita, né ha fatto proprie classificazioni analoghe, neanche se redatte da grandi Santi.
NOMI DEGLI ARCANGELI
Dalla frase presente nel Libro di Tobia: “Io sono Raffaele, uno dei sette Angeli che sono sempre pronti a entrare alla presenza della maestà del Signore” (Tb 12,9), è diventata opinione diffusa che gli Arcangeli principali siano sette. Purtroppo solo di tre, Raffaele, Gabriele e Michele, la Bibbia ci fa conoscere il nome. Così la corsa a rintracciare nome e funzioni degli altri quattro si è fatta, fin dall’antichità, così caotica e spesso aberrante che la Chiesa, per evitare abusi ed eresie sconfinanti nella magia, nella Cabala, nell’occultismo e nell’esoterismo, si è sentita costretta a più riprese, in Sinodi e Concili, anche sotto pena di scomunica, a proibire di dare nomi e funzioni agli Arcangeli, al di là di quelli messi in evidenza dalla Bibbia (cfr. Laodicea 360, Roma 745, Aquisgrana 799).
ANGELI SENZA ALI
Le prime immagini di Angeli comparvero nei primi secoli del cristianesimo. La più antica che conosciamo è quella dell’Annunciazione raffigurata nella catacomba di Priscilla (fine II-inizio III secolo). Interessante notare che sino alla fine del IV secolo gli Angeli erano rappresentati senza ali, probabilmente per evitare che si confondessero con divinità pagane alate. Una volta uscito dalla clandestinità e riconosciuto ufficialmente dopo l’editto di Costantino (anno 313), il cristianesimo poté… mettere le ali agli Angeli. Questo va a smentire quanti hanno affermato che gli Angeli sono la semplice traduzione dell’immagine della Vittoria, dea alata pagana.
STRETTAMENTE RISERVATO
Durante lo scorrere dei secoli l’interesse per gli Angeli ha conosciuto alti e bassi, momenti di enfasi e momenti di marginalizzazione. Il Medioevo, ad esempio, ha rivolto un’attenzione particolare, talvolta anche esagerata, agli Angeli. Spesso sono state agitate con passione, da opposti schieramenti, questioni a dir poco esilaranti. Ad esempio: “Quanti sono gli Angeli?”; oppure: “Gli Angeli hanno un sesso?”; e in caso affermativo: “Di che sesso sono?”; oppure: “Quanti Angeli possono danzare sulla punta di uno spillo?”. Credo sia importante precisare che tutte queste “strane” domande scaturivano da una questione molto più seria: il problema della loro natura. Gli Angeli sono puri spiriti o hanno un corpo? Sono come immagini astratte o occupano uno spazio concreto? Sono “sostanze” puramente intellettuali o sono dotati di un corpo in qualche modo spiritualizzato? È l’eterno dilemma dei confini tra materia e spirito, riemerso con forza ai nostri giorni nel mondo della fisica, (si pensi alla teoria della relatività ). Quando si cerca di approfondire il discorso sulle particelle sub-atomiche, ci si accorge che ad un certo momento “la materia finisce per perdere consistenza, così da rendere incerti i confini tra spirito e realtà materiale” (J. Guitton).
ANGELI E SANTI
Dalla vita dei Santi emerge molto spesso una familiarità con gli Angeli sorprendente. Nella vita di S. Pio da Pietrelcina ci sono episodi frequentissimi dove il santo Frate consigliava ai suoi penitenti di inviargli il loro Angelo custode. Ad uno di questi che gli domandava: “Ma davvero, Padre, voi avete capito ciò che vi ho mandato a dire per mezzo del mio Angelo custode?”, l’allora Padre Pio rispose un po’ bruscamente: “E che… mi credi sordo?”?. Santa Francesca Romana (1384-1440) vedeva continuamente al suo fianco l’Angelo custode, splendente di luce, ma che perdeva luminosità quando ella cadeva in qualche mancanza, o trascurava di compiere qualche buona azione. Santa Angela Merici (1498-1540), fondatrice delle “Orsoline”, all’età di circa 20 anni ebbe una visione di Angeli e fanciulle che le mostravano quale sarebbe stata la sua vita di educatrice e moralizzatrice di costumi, e di fondatrice di una Congregazione femminile dedita alla carità . Santa Gemma Galgani (1878-1903), mistica straordinaria dotata di doni incredibili, comprese le sacre stimmate, conversava quotidianamente con l’Angelo custode che l’aiutava anche materialmente quando, o per debolezza, o per malattia o altre ragioni, non riusciva a fare quello che doveva. Si racconta che l’Angelo custode le facesse persino da… postino: le spediva e le recapitava la corrispondenza. Ai tre fanciulli di Fatima, Lucia, Francesco e Giacinta, l’anno precedente quello delle apparizioni della Madonna (1917), era apparso per tre volte un Angelo. In una di queste visioni la figura celeste si era presentata come l’Angelo del Portogallo e aveva invitato i tre giovanetti a pregare per la loro patria. Tanti altri episodi si potrebbero raccontare, come di quei Santi che nel varcare la soglia di una porta si fermavano e si ritraevano di lato per dare la precedenza all’Angelo custode… Episodi che parlano al cuore con semplicità e candore, che sanno di pane profumato. Alcuni astronauti, al ritorno dal loro “giretto” a qualche “centimetro” di distanza dal nostro pianeta, sono rientrati nell’atmosfera sentenziando che non ci sono nè Dio, nè Angeli, nè Santi: loro non li avevano incontrati. Oggi a tanta gente queste cose possono sembrare ridicole e puerili. Ma chi è abituato a captare la realtà anche con qualche altra “antenna”, sa che “se non diventerete come bambini, non entrerete nel Regno dei cieli” (Mt 18,3).