L’OMS, ovvero l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito una nascita pretermine quando avviene prima della trentasettesima settimana di gestazione, mentre normalmente una gravidanza fisiologica ha una durata di quaranta settimane. Negli anni sessanta si è definito il concetto di “prematurità” attraverso due criteri ben precisi: l’età gestazionale, corrispondente alla settimana compiuta al momento del parto, e il peso alla nascita, corrispondente ai chili del bambino al momento del parto.

Entrambi i criteri sono fondamentali per la valutazione dello stato di salute del neonato pretermine.

  • Low Birth Weight: neonati il cui peso è compreso tra i 1500gr e 2500gr
  • Very Low Birth Weight: neonati il cui peso è compreso tra i 1000gr e 1500gr
  • Extremely Low Bjrth Weight: neonati il cui peso è inferiore ai 1000gr

Ad oggi è importante sapere che, grazie a nuove tecniche più precise, è possibile individuare il momento del concepimento non solo attraverso la data dell’ultimo ciclo mestruale ma anche tramite complesse metodiche ultrasonografiche è possibile risalire alla misurazione del sacco amniotico, alla lunghezza del feto, alla circonferenza cranica e alla lunghezza femorale che permette di fare chiarezza sull’età gestazionale in modo approfondito.

  • Late Preterm: neonati nati tra la 34+0 alla 36+6 settimana di gestazione
  • Moderately Preterm: neonati nati tra la 32+0 alla 33+6 settimana di gestazione
  • Very Preterm: neonati nati tra la 29+0 alla 31+6 settimana di gestazione
  • Extremely Preterm: neonati nati prima delle 28+0 settimane di gestazione

Questo fa sì che i bambini abbiano due nascite, ovvero quella “cronologica”, che si basa sul momento della nascita, e quella “corretta”, a partire dalla data presunta del parto sottraendo il numero delle settimane di prematurità all’età postnatale.

Nell’abisso della prematurità vi sono anche il distacco dalla mamma, i sondini troppo sottili, il mancato contatto “pelle a pelle” e l’incubatrice troppo grande per cuori così troppo piccoli e indifesi. La terapia intensiva neonatale è un luogo dove la vita e la morte si sfiorano, quasi si toccano in così breve tempo, danzando un lento pericolosissimo.

L’incubatrice è il tocco delicato di mani, il voler stringere a sé il proprio bimbo e, a volte, non poterlo fare. È sicuramente il mezzo grazie al quale il neonato può formarsi, crescere, respirare a pieni polmoni. È il mezzo il cui fine molto spesso è il ritorno a casa così come può essere un luogo distaccato e freddo dove tutto si sgretola in una mano, in pochi istanti.

“Perché le cose vadano bene, ci vogliono mesi. Perché le cose vadano male, può bastare un secondo”.

Con questa frase, senza timore e nascondigli, un primario ha congedato una mamma e un papà.
Un filo appeso, che oscilla. Tra l’esserci e il non esserci. Tra un respiro lento e un mancato respiro. Tra una manina che stringe a malapena un mignolo e una stretta forte.
Tra la vita e la morte. Tra il coraggio e la paura. Tra il lottare e la vittoria. In mezzo c’è l’esistenza.

[Nicole Santoro]