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VERSO EXPO 2015: NUTRIRE IL PIANETA SENZA OGM

39 associazioni si mobilitano contro la deregulation transgenica

Milano 2 aprile 2014. In Italia è allarme OGM, a un anno da Expo 2015, l’appuntamento che farà del nostro Paese la capitale mondiale dell’alimentazione. Consumatori, ricercatori, agricoltori, in rappresentanza di milioni di cittadini si mobilitano in attesa di una sentenza che può cambiare – oltre al cibo e all’ambiente – anche la nostra economia. Il prossimo 9 aprile, infatti, il Tar si pronuncerà sul ricorso presentato da un agricoltore friulano contro il decreto interministeriale che proibisce la semina di mais MON810. Se il ricorso fosse accolto, si rischierebbe di aprire la strada a semine incontrollate di colture geneticamente modificate. Tutto il comparto agricolo ne risulterebbe gravemente compromesso: un colpo durissimo per i nostri prodotti, il “made in Italy”, le produzioni biologiche, le esportazioni e per la libertà di scelta dei cittadini.

La Task Force “Per un’Italia libera da OGM”, composta da 39 associazioni, lancia un appello al Presidente del Consiglio Matteo Renzi e al governo perché emani con effetto immediato un decreto contro le semine OGM e, a partire dal semestre italiano, si impegni in sede europea a elaborare finalmente una chiara iniziativa per impedire coltivazioni geneticamente modificate nel continente, un’area del pianeta preservata finora dalla pressione dei cittadini e dalla mobilitazione delle associazioni agricole, del biologico, ambientaliste e consumeriste.

Per chiedere l’impegno dell’esecutivo e ribadire gli effetti di un far west OGM sull’agricoltura, la biodiversità naturale e l’economia la Task force ha organizzato oggi all’Agorà di Expo Milano 2015 del Castello Sforzesco l’incontro “Verso Expo 2015: Nutrire il pianeta senza OGM”, cui hanno partecipato il coordinatore della Task Force “Per un’Italia libera da OGM” Stefano Masini; Manuela Giovannetti del Dipartimento di Scienze agrarie dell’Università di Pisa; Simone Vieri, del Dipartimento di Management dell’Università Sapienza di Roma; Wes Shoemyer, un agricoltore statunitense in lotta contro le multinazionali OGM. In chiusura dell’incontro, c’è stata una conversazione con Giulia Maria Mozzoni Crespi, presidente del FAI, Fondo Ambiente Italiano.

A indicare come la strada delle coltivazioni transgeniche sia una scelta senza ritorno per l’agricoltura, è proprio la testimonianza che proviene dai Paesi che hanno scelto l’agricoltura OGM. Negli Stati Uniti, dove il 73 per cento dei semi è stato geneticamente modificato per tollerare gli erbicidi, gli agricoltori non riescono ad uscire dal circolo vizioso in cui sono finiti. Chi ha acquistato sementi brevettate deve per contratto continuare a farlo per un periodo determinato. Così, negli USA, la Monsanto ha già fatto causa a numerosi agricoltori per violazione contrattuale. Inoltre, ha testimoniato nel convegno Wes Shoemyer, il problema non consiste solo nell’impossibilità per gli agricoltori di conservare i semi e riseminarli l’anno successivo, ma anche nei costi sempre crescenti delle sementi OGM e, come già accade in alcune zone, nella mancanza di disponibilità di varietà non modificate. “Lo stesso Dipartimento di Stato USA – ha detto – ha verificato un impatto negativo sui redditi degli agricoltori che hanno seminato mais GM: soltanto le grandi multinazionali che registrano brevetti di sementi modificate ottengono un notevole profitto economico.

Per restare al solo costo delle sementi, dal 1975 al 1997 – prima dell’era OGM – per la semina di un campo di soia l’agricoltore investiva nell’acquisto dei semi dal 4 all’8% del reddito lordo derivante dalla coltivazione. Nel 2009 le sementi OGM costavano il 22,5% del reddito ottenuto. Situazione simile per il mais. Nel 2001, il prezzo medio dei semi OGM era di 110 dollari, rispetto agli 85 delle sementi convenzionali. Nel 2012, il prezzo medio delle sementi di mais OGM era salito a 263 dollari per unità, mentre le varietà convenzionali si attestano su una media di 167 dollari. Inoltre, secondo uno studio della Washington State University, è previsto un aumento significativo dei prezzi delle sementi OGM resistenti agli erbicidi rispetto ai semi convenzionali, nel momento in cui tali colture venissero autorizzate nell’Unione Europea.

In Italia – hanno sottolineato i partecipanti all’incontro – abbiamo ancora la possibilità di scegliere e di fermare l’agricoltura geneticamente modificata ma è necessaria una forte sensibilizzazione dell’opinione pubblica e delle istituzioni per contrastare l’avanzata di un modello agricolo che potrebbe mettere in serio pericolo uno dei nostri settori più redditizi sia sul mercato interno sia nel panorama delle esportazioni. Le aziende agricole italiane hanno una superficie media di 8 ettari. Con queste superfici un’azienda che si basa su monocoltura di mais impoverisce il suolo, riduce al minimo il lavoro e non riesce comunque a dare reddito all’agricoltore. Un’azienda biologica e diversificata che produce prodotti di qualità e vende a filiera corta fa invece un servizio per il territorio: può dare più lavoro, più ambiente e più reddito agli agricoltori. E lo stesso accade a chi –come buona parte del mondo agricolo nazionale – sceglie di puntare sulla qualità e sulla tipicità.

A un anno dall’Expo, che trasformerà il nostro Paese nel centro gravitazionale dell’economia dell’agricoltura, del cibo e dell’alimentazione, l’apertura di una fase di incertezza come quella che si determinerebbe con la decisione del Tar del Lazio di annullare il decreto interministeriale che proibisce fino alla fine del 2014 la coltivazione di prodotti geneticamente modificati (in attesa dell’iniziativa europea) sarebbe un segnale devastante, con ripercussioni – dicono i promotori del convegno – che andrebbero ben oltre i confini nazionali. La Regione Friuli ha emanato in questi giorni un regolamento che vieta la semina e la coltivazione di OGM sul suo territorio (paradossalmente, quindi, l’agricoltore che ha fatto ricorso si troverebbe nell’impossibilità di effettuare la semina transgenica, anche nel caso il Tar gli desse ragione). Altre Regioni potrebbero seguirlo in breve tempo, e inoltre – in caso di successo del ricorso – le associazioni della Task Force potrebbero fare ricorso al Consiglio di Stato. Ma si tratta di palliativi: occorre una politica coerente con le vocazioni culturali ed economiche del Paese, di valorizzazione delle nostre qualità, della nostra bellezza e delle nostre capacità.

L’incontro di oggi vuole essere anche l’occasione per presentare la giornata di mobilitazione del 5 aprile durante la quale saranno allestiti presidi della Task Force in una decina di città italiane del centro-nord per informare i cittadini sulle conseguenze e i rischi di coltivazioni OGM. I presidi principali saranno a Milano (presso Eataly e al Mercato della terra alla Fabbrica del Vapore), Torino (presso il Mercato di Porta Palazzo), Bologna (il 3 aprile presso Coop Adriatica, Mercato di Mezzo e il 5 aprile al Mercato della Terra di Piazzetta Pasolini), Padova (presso Piazzetta Garzeria), Firenze (presso Eataly), Perugia (Mercato settimanale di Pian di Massiano e Mercato biologico di Piazza Piccinino): qui le 39 associazioni distribuiranno materiale informativo e incontreranno i cittadini per rispondere alle domande e ai dubbi sull’agricoltura transgenica.

La Task Force per un’Italia libera da OGM è composta da:

Acli • Adoc • Adiconsum • Adusbef • Aiab • Amica • Associazione per l’Agricoltura Biodinamica • Assoconsum • As. Se. Me. • Campagna Amica • Cia • Città del Vino • Cna Alimentare • Codacons • Coldiretti • Crocevia • Fai • Federconsumatori • Federparchi • Firab • Focsiv • Fondazione Univerde • Greenaccord • Greenpeace • Isde • Lega Pesca • Legacoop Agroalimentare • Legambiente • Lipu • Movimento dei consumatori • Movimento difesa del cittadino • Slow Food Italia • Symbola • Uecoop • Una.api • Unci • Upbio • Vas • Wwf

Il convegno verrà trasmesso in diretta streaming su www.lanuovaecologia.it

Segui su Twitter: #ItaliaNoOGM

L’evento è stato organizzato con il patrocinio del Comitato Scientifico Expo 2015

Commercio legno illegale: Italia ancora fanalino di coda per applicazione del Regolamento Europeo.

A un anno dall’entrata in vigore dell’importante Regolamento Europeo del Legname, le associazioni ambientaliste Greenpeace, Legambiente, Terra! e WWF denunciano la mancata applicazione in Italia della normativa europea promossa per fermare il commercio di legno illegale nei 28 paesi dell’Unione Europea.
Da marzo 2013 l’Unione Europea vieta, con una puntuale normativa, le importazioni di legname e suoi prodotti da qualsiasi Paese del mondo se proveniente dal taglio illegale e chiede agli operatori e alle autorità nazionali di verificare e, rispettivamente, punire chi commercia legname di origine controversa. Il Regolamento 995 del 2010 conosciuto anche come EUTR (European Union Timber Regulation in inglese) è stato emanato per contrastare il commercio illegale di legno e prodotti da esso derivati, per tutelare le foreste del nostro Pianeta, ponendo un freno a irresponsabili processi di deforestazione che stanno cancellando i polmoni verdi della terra e compromettendo le risorse essenziali a tutte quelle comunità che da esse dipendono.
Dopo la sua emanazione nel 2010, il Governo avrebbe dovuto garantirne l’applicazione ma così non è stato, vanificando l’impegno per ridurre la deforestazione del pianeta. Fatto ancor più grave se si considera che l’Italia è tra i più importanti mercati al mondo per il commercio del legno.
Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MiPAAF), l’autorità incaricata di vigilare sulla norma, non ha ancora messo in atto i controlli e le sanzioni da applicare a chi commercia legno tagliato illegalmente o a chi non applica la dovuta diligenza, ovvero chi non controlla la filiera di legno dall’origine.
Oltre all’Italia, altri Paesi UE come la Spagna, la Lituania e l’Ungheria, sono il fanalino di coda nell’implementazione e attuazione del Regolamento continuando a permettere l’entrata nei nostri mercati di legno proveniente da conflitti sociali e ambientali in importanti aree forestali come quelle del bacino del Congo, del l’Amazzonia, del Sud-est asiatico, con la distruzione delle isole del Borneo e Sumatra e delle foreste dell’estremo oriente in Russia.
In questi 12 mesi le NGO hanno continuato a segnalare commerci dubbi. Greenpeace, ad esempio, ha evidenziato almeno 3 casi di importazione di legno illegale in Europa che dimostrano come ci sia ancora molto da fare per un’adeguata implementazione dell’EUTR. Solo quelli provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo e intercettati in Germania sono stati confiscati dalle autorità competenti, un chiaro avvertimento per le aziende del settore che importano legno di origine controversa.
La mancata azione del governo italiano per stabilire un sistema efficace di controllo dell’importazione del legno metta la marcia indietro alla lotta contro la deforestazione e all’adeguato sviluppo sostenibile dei Paesi produttori. Greenpeace, Legambiente, Terra! e WWF chiedono al nuovo Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali di attivarsi immediatamente per fare emanare subito le norme necessarie e vigilare sul mercato del legname, aumentando gli sforzi e le risorse per compiere tale obiettivo.

GREENPEACE E COALIZIONE “LIBERI DA OGM”: STOP ALLA PRIMAVERA TRANSGENICA.

ROMA, 12.03.14 – Un ricorso al TAR del Lazio rischia di annullare il decreto interministeriale del luglio 2013 che vieta in Italia la semina di Ogm. Per fermare questa minaccia, otto associazioni appartenenti alla Task Force* per un’Italia Libera da Ogm presentano al Tar del Lazio un atto d’intervento a sostegno del Governo e dei tre Ministeri competenti contro il ricorso presentato da un agricoltore friulano.

In prima linea, a difendere i terreni agricoli nazionali dalle semine di mais geneticamente modificato sono AIAB, Associazione Nazionale Città del Vino, Coldiretti, Federbio, Fondazione Univerde, Greenpeace, Legambiente e Slow Food insieme con i dicasteri dell’Agricoltura, dell’Ambiente e della Salute. Dall’altra parte l’agricoltore che – dopo aver seminato e raccolto mais Mon810 in Friuli nel 2013 – ha presentato ricorso al Tar del Lazio per chiedere l’annullamento del decreto stesso.

In vista della pronuncia del Tribunale amministrativo che avverrà il prossimo 9 aprile, le otto associazioni hanno depositato in questi giorni, insieme con i ministeri e la senatrice di Sel Loredana De Petris, un intervento ad opponendum al ricorso presentato contro il decreto. Il rischio di semine OGM nella prossima primavera – avverte la Task Force – deve essere affrontato con la massima urgenza perché potrebbe compromettere l’intero comparto agricolo italiano.

Se il TAR dovesse, infatti, accogliere il ricorso, è probabile che già dai giorni successivi verranno effettuate semine incontrollate di mais Mon810 in diverse regioni d’Italia. Un colpo durissimo per il nostro Paese. La coltivazione di OGM, infatti, può avere ricadute molto pesanti per le produzioni agricole e alimentari italiane basate sull’identità e il legame con il territorio d’origine, vanificando tutte le azioni portate avanti finora per tutelare il nostro Made in Italy e compromettendo l’intera filiera del biologico, perché dove si semina OGM la certificazione per la produzione biologica rischia di decadere a causa dei livelli di contaminazione genetica che si determinano.

La stessa Task Force, che agisce in rappresentanza di milioni di italiani, ha inviato, sul tema, un appello al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, perché il governo sia pronto per qualsiasi evenienza e faccia di tutto per evitare il vuoto legislativo.

Tutto questo, anche in vista del prossimo Expo 2015 dedicato, appunto, ai temi della nutrizione. Un evento al quale il nostro paese deve presentarsi come leader di un nuovo modello di agricoltura e alimentazione, fondato sulla biodiversità, sulla sostenibilità, sulla giustizia sociale, sulla qualità: valori che non possono convivere con l’agricoltura OGM.

Per tutti questi motivi, le associazioni della Task Force per un’Italia Libera da OGM si sono schierate a fianco dei tre Ministeri. E’ doveroso per difendere la volontà della maggioranza degli agricoltori e gli interessi di milioni di italiani che sono a favore di un’Italia libera da OGM.

* Task Force per un’Italia libera da OGM: Acli • Adoc • Adiconsum • Adusbef • Aiab • Amica • Associazione per l’Agricoltura Biodinamica Assoconsum • Campagna Amica • Cia • Città del Vino • Cna Alimentare • Codacons • Coldiretti • Crocevia • Fai • Federconsumatori • Federparchi • Firab • Focsiv • Fondazione Univerde • Greenaccord • Greenpeace • Lega Pesca • Legacoop Agroalimentare • Legambiente • Lipu • Movimento dei consumatori • Movimento difesa del cittadino • Slow Food Italia • Unci • Upbio Vas • Wwf