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ALCUNE REGOLE PER UN BIMBO IPERATTIVO

“GIU’ LE MANI DAI BAMBINI” SUGGERISCE… (ALCUNE REGOLE PER UN BIMBO IPERATTIVO)

[tratto da www.giulemanidaibambini.org  che spiega che “La lista che segue è frutto dell’armonizzazione a cura del nostro staff di due noti riferimenti per specialisti, “La sindrome di Pierino: il controllo dell’iperattività”, del dott. Daniele Fedeli, docente di Psicopatologia Clinica dell’Università di Udine, “How to operate an ADHD clinic or subspecialty practice”, di M. Gordon – GSI Publications e “Che cosa ti avevo detto?”, di D. Donovan e D. McIntyre. Si tratta di alcune facili regole pratiche per la gestione in classe ed a casa di bimbi irrequieti e disattenti …”]

 

1) AIUTAMI A FOCALIZZARE L’ATTENZIONE SU DI TE
Considera il mio “modo” di entrare in contatto con l’ambiente: ho bisogno di movimento, gesti e mani alzate!

2) …E ASSICURATI CHE TI STIA ASCOLTANDO
Quando svolgo un attività che mi richiede molta concentrazione,come giocare con i videogiochi, mi capita di rispondere in modo automatico e impulsivo. Quanti disguidi nascono! Basta un piccolo gesto per richiamare la mia attenzione!

3) ATTENZIONE AI SIGNIFICATI CONVENZIONALI
Io recepisco quello che dici alle lettera e in modo logico. Espressioni come: “Non ti sai comportare come si deve?”, “Le vuoi prendere?”, “Che cosa ti ho appena detto?”,“La smetti?” Non ottengono il risultato da te sperato perché io le interpreto con un’altra modalità. Molti di questi sono ordini di fare esattamente il contrario di ciò che tu avevi in mente, come: “Dillo solo un’altra volta!” “Avanti. Tocca quel giocattolo e vedi che ti succede!”

4) SEI TROPPO COMPLICATO…
I messaggi vanno formulati in maniera molto diretta, senza “giri di parole”… sennò mi confondo!

5) DAMMI PRIMA QUELLO DI CUI HO BISOGNO
Può capitare che non mi stiate dando il necessario. Non darmi quello di cui TU hai bisogno ma vieni incontro ai MIEI bisogni fisici ed emotivi. Ho bisogno di appoggio, regole e limiti fin dalla prima età, e con continuità nel tempo.

6) PERCHE TUTTE QUESTE REGOLE?
Le regole vanno commisurate alle mie possibilità: poche regole e molto chiare. Mi devi descrivere – di volta in volta e con molta linearità – il comportamento o il risultato che ti aspetti da me.

7) PERCHE’ QUANDO MI PARLI NON TI FAI SENTIRE?
Devi mostrarmi come un compito va eseguito, dandomi delle istruzioni con voce chiara. Per me è utile ripetere le Tue istruzioni, esprimendole ad alta voce, finché non avrò interiorizzato la sequenza.

8 ) MI DICI TROPPE COSE TUTTE ASSIEME
I messaggi vanno trasmessi uno per volta, altrimenti io li “cumulo” e poi me li dimentico! Se tu “segmenti” i comportamenti in una sequenza operativa (”…ora prendo il libro, cerco la pagina, la leggo tutta senza interruzioni…”), per me è tutto più facile. Se poi i compiti sono troppo lunghi o complessi… spezzettali in parti più piccole! Così mantengo la capacità d’attenzione ed il controllo sull’obiettivo da raggiungere.

9) NON L’HO DIMENTICATO… È SOLO CHE NON L’HO SENTITO LA PRIMA VOLTA!
Dammi le indicazioni un passo alla volta e chiedimi che cosa penso che tu abbia detto, e se non capisco subito… ripetimelo usando parole diverse!

10) SONO NEI GUAI, NON RIESCO A FARLO
Offrimi delle alternative alla soluzione dei problemi: aiutami ad usare una strada secondaria se la principale è bloccata.

11) …E FAMMI RITORNARE SULLE COSE CHE ABBANDONO SUBITO
A volte abbandono giochi o attività dopo pochi minuti, forse per paura di non riuscire a superare piccole difficoltà. Affrontiamo insieme quello che io abbandono facilmente.

12) HO QUASI FINITO ADESSO?
Dammi dei periodi di lavoro brevi, con obiettivi a breve termine

13) HO BISOGNO DI SAPERE COSA VIENE DOPO
Dammi un ambiente in cui ci sia una routine costante, ed avvertimi se ci saranno dei cambiamenti. Ricordati che i cambiamenti avvengono nel quotidiano, all’interno di esperienze significative e strutturate. Non servono “rivoluzioni”: è proprio dentro la routine che puoi incidere per farmi modificare il mio comportamento.

14) SE NON TI DO RETTA…E’ PERCHE’ MI ANNOIO!
Io mi stanco facilmente, mi annoio, e peggioro nettamente in situazioni poco motivanti. Stabilire una “routine”, gestendo senza sorprese le varie fasi della giornata non significa “appiattire i contenuti” della giornata stessa!

15) MI REGALI UN PAUSA?
In effetti, nessuno meglio di me sa come mi sento io. Quindi, se in extremis ti chiedo un momento di pausa per guardarmi attorno e mettermi in comunicazione con l’ambiente che mi circonda, stabiliamolo assieme, ma non me lo negare…

16) SE HO FATTO BENE DIMMELO SUBITO
Dammi un feedback “nutriente” ed immediato su quello che sto facendo e ricordami (e ricordati!) delle mie qualità, specialmente nelle giornate negative.

17) SE FACCIO BENE DAMMI UN PREMIO!
Se mi gratifichi o mi fai pagare un simbolico “prezzo” per i miei comportamenti, mi incentivi ad autocorreggermi! (gli adulti lo chiamano “autocontrollo cognitivo”)

18) È SEMPRE TUTTO SBAGLIATO?
Premiami anche solo per un successo parziale, non solo per la perfezione.

19) FAMMI CAPIRE CHI HA SBAGLIATO
Molto spesso usi espressioni impersonali che non mi permettono di capire che ho sbagliato, come ad esempio: “E’ stata una settimana orrenda!” “E’ stata una festa di compleanno da scordare!” Indicami dove ho sbagliato, e chi ha sbagliato! Generalizzando i fatti, innesti un meccanismo di de-responsabilizzazione che non mi porta alcun frutto. Ho bisogno di indicazioni precise!

20) NON MI PUNIRE DURAMENTE SE FACCIO QUALCOSA CHE NON VA BENE PER TE…
Riconsidera il Tuo modo di punirmi. Non mi devi ferire ma riportarmi al comportamento corretto il più rapidamente possibile. Quando disturbo o mi oppongo, le punizioni dure servono a poco: così avviamo un’escalation senza fine!

21) …E SE SEI TROPPO ARRABBIATO, NON MI SGRIDARE!
La rabbia non mi rende più obbediente! Quando sei molto arrabbiato io concentro la mia attenzione sui Tuoi sentimenti negativi e vivo un ulteriore esperienza negativa. Difficilmente mi servirà a qualcosa quella sgridata.

22) DISORDINE CHIAMA DISORDINE
Certo che se l’ambiente nel quale mi fai lavorare mi distrae di per se… possiamo eliminare tutte queste distrazioni? Per esempio, quando si fanno i compiti, fammi tenere sul tavolo solo ciò che è realmente indispensabile…

23) CONDIVIDI CON ME
Stiamo insieme a parlare, ad ascoltarmi, a giocare e a disegnare è fondamentale per poter sviluppare la mia attenzione vigile insieme a tanti benefici per la mia crescita.

24) NON SAPEVO CHE NON ERO AL MIO POSTO
Ricordami di “ascoltarmi”, di ascoltare le mie emozioni, e ricordami di pensare prima di agire. Se imparo a “mettere del tempo” tra il pensiero e l’azione, farò meno disastri!

25) PREVENIRE E MEGLIO CHE REPRIMERE
Prima di portarmi in ambienti in cui posso scatenarmi con comportamenti troppo agitati (come le feste di compleanno!), ricordami come mi dovrò comportare… ed intervieni subito quando capisci che sto per perdere il controllo di me!

26) MI INSEGNI A FARMI VOLER BENE?
Dimmi cosa è adeguato per Voi adulti, come posso chiedere qualche cosa senza essere aggressivo, come posso risolvere un conflitto, come posso conversare senza interrompere sempre l’interlocutore. Se facciamo delle simulazioni io e Te, per me sarà tutto più facile quando mi capiterà veramente!

27) SE ASCOLTO VERRO’ ASCOLTATO
M’insegni anche a coltivare la capacità di ascoltare gli altri? Aiutami a capire che se non ascolto difficilmente verrò ascoltato quando ne avrò bisogno. Così imparerò a comprendere i sentimenti altrui, e quindi di riflesso – i miei.

28) OGNI AZIONE HA UNA REAZIONE
Se mi fai comprendere bene che ogni mia azione avrà poi una reazione, da parte dell’ambiente e delle persone, mi aiuterai molto. Fammi esempi a me vicini e facilmente comprensibili, anche mediante il gioco degli opposti (“se maltratto il gatto, il gatto mi graffia”, “se aiuto il cane il cane mi vorrà bene” etc.)

29) MA IO NON VALGO NULLA?
Spesso ho un basso senso di autostima e mi sento “un fallimento”: mi puoi valorizzare nei miei aspetti positivi, sostenendomi ed incoraggiandomi? Fammi percepire la Tua fiducia in me, per favore…

30) IO “SONO COME MI COMPORTO”?
Il non sono “sbagliato”. E’ pericoloso e dannoso confondermi con i miei comportamenti, perché così divento “effetto totale” di essi e non posso più intervenire per modificarli/risolverli. Ciò che c’è di “sbagliato” non sono io, ma il modo in cui mi comporto: fammi comprendere che io posso sempre decidere di far qualcosa di concreto per impegnarmi a migliorare

31) NON ARRENDERTI!
Se fin dalle prime volte non ottieni i risultati sperati non arrenderti. Si tratta di approcci semplici ma che non per questo non richiedono sforzo e tempi non brevi. Ogni mio comportamento può essere “trasformato” ma è necessaria perseveranza, pazienza, coerenza e continuità nel tempo.

La Discalculia: spunti dopo la diagnosi

Oggi vorrei fare un approfondimento sulla discalculia, un disturbo dell’apprendimento meno comune della dislessia, ma che spesso va di pari passo con altre difficoltà di apprendimento. Si tratta di una relazione che avevo scritto per un corso di pedagogia speciale, è dunque forse un po’ troppo dettagliata; l’ho qui però ridotta e semplificata. Era un peccato non inserirla, visto il problema così poco conosciuto.
Nel testo si affronta il momento che interessa gli insegnanti, più che i genitori, ovvero ciò che arriva dopo la diagnosi (o meglio la relazione educativa) fornita dagli specialisti. Anche i genitori però sono coinvolti in tutto questo, perché sono loro che a casa seguiranno i bambini nei compiti.

La presa in carico dopo la diagnosi
1. Quale percorso dopo la diagnosi?
Se le diagnosi di dislessia, disortografia e disgrafia possono essere emesse già alla fine della 2ª classe di scuola primaria, la diagnosi di discalculia deve attendere la fine della 3ª classe; spetta comunque all’insegnante il compito di interessarsi alle difficoltà in aritmetica dei suoi allievi, affinché esse non vengano trascurate in assenza di una vera e propria diagnosi.
Occupiamoci ora del percorso che devono affrontare bambino, insegnanti e famiglia, nei momenti successivi alla diagnosi di discalculia, in altre parole la presa in carico del bambino da parte dei vari attori coinvolti nella sua crescita. Citando Stella, la presa in carico è di vario genere: innanzitutto
una presa in carico riabilitativa, intervento condotto da uno specialista della riabilitazione (ad esempio il neuropsicologo); poi, una presa in carico rieducativa che coinvolge educatori, insegnanti e familiari in un progetto di respiro più ampio per tutto l’arco della scolarizzazione. È qui che si
colloca l’intervento dell’insegnante di classe o di sostegno (in caso di comorbilità con altri disturbi), intervento che ovviamente deve coinvolgere tutto il team dei decenti e i genitori.

2. Il PDP (Piano Didattico Personalizzato)
L’intervento di cui si parlava ha come primo obiettivo la stesura del PDP (Piano Didattico Personalizzato), che si distingue dal PEI (Piano Educativo Individualizzato, previsto nei casi di disabilità), per un orientamento prevalentemente didattico, in relazione alle difficoltà del bambino: la discalculia è, infatti, un disturbo nella sfera dell’apprendimento.
Il PDP rappresenta la realizzazione dell’alleanza tra gli attori: il bambino, i genitori, gli insegnanti e gli specialisti; sarebbe buona cosa che tutti partecipassero alla sua stesura, ognuno con le proprie competenze. È la legge 170/2010 che prevede questo strumento e traccia tempi e modi per garantire
un adeguato supporto agli allievi con DSA. Esistono molti modelli di PDP, qualsiasi modello si scelga, esso deve contenere: “i dati relativi all’alunno, la descrizione del funzionamento delle abilità strumentali e del processo di apprendimento e, per ogni materia, come l’insegnante intende procedere: obiettivi, strategie e metodologie didattiche, strumenti compensativi, misure dispensative, modalità di verifica e criteri di valutazione” (Stella G., Grandi L., Come leggere la dislessia e i DSA, Giunti scuola, 2011, pp. 64).

2.1. Una didattica individualizzata e personalizzata
Come si legge chiaramente nelle Linee Guida del Ministero, è necessario parlare di didattica individualizzata e personalizzata (prevista dalla legge 170/2010) senza utilizzare questi due termini come sinonimi. Come trasferire questo nella pratica didattica? Questi due aggettivi sono garanti di una didattica inclusiva: la personalizzazione ci ricorda che per tutti (non solo per i bambini speciali) è necessario calibrare l’offerta didattica sulla base dei bisogni educativi dei singoli, mentre l’individualizzazione assicura al bambino con un DSA il diritto al potenziamento al fine di migliorare determinate abilità o acquisire specifiche competenze.
Ciò che aiuta la didattica a essere individualizzata e personalizzata per un bambino con un disturbo dell’apprendimento è la presenza di misure dispensative e strumenti compensativi, che la legge 170/2010 elenca in una check-list affinché gli insegnanti non se ne dimentichino. Secondo un approccio orientato ai processi (come quello proposto da Lucangeli D., La discalculia e le difficoltà in aritmetica, Giunti scuola, 2012), però, i termini compensativo e dispensativo vengono meno: infatti, uno strumento può dispensare da un’azione, ma compensarne un’altra; se, dunque, accettiamo un’idea di plasticità cognitiva, dobbiamo ricordare che questi strumenti vanno sì garantiti agli allievi in difficoltà, ma è necessario anche, contestualmente, andare a potenziare il più possibile, anche se in tempi e modi differenti, tutti i processi implicati.

2.2. Misure dispensative
Una parte del PDP fa riferimento alla scelta di misure dispensative che vengono garantite all’alunno; queste misure devono essere scelte in base al bambino che si ha di fronte, perché non tutte sono necessarie a tutti i bambini con discalculia. Facendo una generalizzazione, però, si possono elencare quelle misure di cui un bambino con discalculia potrebbe avere bisogno: il bambino potrebbe essere esonerato dal calcolo a mente o dallo studio mnemonico delle tabelline, potrebbe necessitare di tempi più lunghi per le prove scritte e per lo studio a casa. Le Linee Guida propongono un aumento del 30% del tempo richiesto.

2.3. Strumenti compensativi
Gli strumenti compensativi sono presidii che facilitano o sostituiscono la prestazione deficitaria, si tratta di mediatori, che non annullano la difficoltà, ma facilitano il successo negli apprendimenti. Molto utili sono le tabelle: la linea dei numeri, la tavola pitagorica per le tabelline, la tabella delle
misure e delle formule geometriche e altre tabelle con conversioni delle misure o procedure e il continuo riferimento al libro di testo (strumenti non tecnologici). Strumenti a bassa tecnologia sono la calcolatrice e l’orologio parlante, mentre ad alta tecnologia il computer (che permette, ad esempio, i fogli elettronici per il calcolo e la sintesi vocale) e la LIM, per costruire insieme a tutta la classe strumenti utili a tutti; è compito degli insegnanti stabilire quando, come e se introdurre questi strumenti, in base al caso che si ha di fronte.

2.4. Una riflessione su misure/strumenti e processi implicati
Come si diceva in 2.1., strumenti compensativi e misure dispensative sono utili, ma devono essere utilizzati con un certo buon senso. È sconsigliabile, infatti, pensare che questi sussidi siano sostituitivi: è diritto del bambino con discalculia potenziare, per quanto è possibile, tutti i processi che servono all’intelligenza numerica e di conseguenza alla vita di tutti i giorni. Un esempio è la scelta di fornire la calcolatrice: essa è utile se il calcolo non è l’obiettivo, come nella risoluzione di un problema, ma non risolve momenti di vita pratica, come l’uso del denaro o confusione nel digitare i numeri sulla tastiera. Dunque, prima o parallelamente all’uso della calcolatrice, l’insegnante deve cercare di lavorare con il bambino (e la classe) su processi come la transcodifica, gli algoritmi di calcolo e le strategie metacognitive messe in atto.

3. Possibili percorsi di potenziamento
Molti allievi possono incontrare difficoltà in matematica; le riflessioni che facciamo ora, dunque, possono interessare non solo gli studenti con discalculia. Questi ultimi, però, manifestano difficoltà conclamate di cui l’insegnante deve farsi carico, nel rispetto della personalizzazione del progetto didattico di cui si parlava prima e dell’individualizzazione di cui egli ha diritto. Si presenteranno, quindi, alcuni percorsi d’intervento possibili, nella prospettiva di una didattica inclusiva; si tiene conto dell’alunno inserito nel contesto classe, ma anche delle sue personali necessità.
Per essere maggiormente chiari nella trattazione, dobbiamo seguire quelli che sono i nuclei fondanti della disciplina, in cui l’allievo con discalculia incontra notevoli difficoltà.

3.1. Il sistema del numero
Il sistema del numero è preposto alla comprensione e produzione dei numeri. Nel caso della discalculia evolutiva pura la difficoltà sta proprio nella strutturazione cognitiva della conoscenza numerica, tale per cui il bambino non è in grado di capire le quantità e le loro trasformazioni.
Questa difficoltà si manifesta su più meccanismi:
– meccanismi semantici: il bambino non comprende la quantità e dunque la numerosità, la comparazione, la seriazione e il conteggio. Per questo è utile fornire al bambino uno strumento compensativo come la linea dei numeri, fondamentale per alleggerire il compito, permettendo di orientarsi facilmente e poter accedere a tutta una serie di compiti, come contare, fare calcoli, ricordare le tabelline, ecc;
– meccanismi lessicali: il bambino non riesce a passare dal codice linguistico a quello matematico e viceversa. Non assegnare il nome corretto al numero, non saper tradurre la quantità nell’etichetta numerica è un problema che nemmeno la calcolatrice può ovviare: potrebbe venire in aiuto la sintesi vocale o la calcolatrice parlante;
– meccanismi sintattici: il bambino non comprende il valore posizionale delle cifre, come ad esempio la differenza tra le decine e le unità, questi errori mettono poi in difficoltà nel momento in cui si passa al calcolo.
Difficoltà nel sistema del numero portano a conseguenze sociali abbastanza evidenti, come la mancata padronanza dei quantificatori di tempo e spazio. Ad esempio, molti bambini con discalculia hanno enormi difficoltà con l’uso dell’orologio e prediligono quello digitale: sarebbe utile fare con tutta la classe un percorso sulla lettura dell’orologio analogico, come proposto da Stella, soffermandosi sulla rappresentazione visiva; grazie all’uso delle lancette corta e lunga e a disegni in cui inserire la corrispondenza tra numeri e minuti, l’esercizio sarebbe di giovamento per tutta la classe.
Un altro problema che il bambino può portarsi dietro anche nella vita di tutti i giorni riguarda le equivalenze, tasto dolente anche per molti bambini senza particolari difficoltà: lavorare con la classe sulle trasformazioni e fornire al bambino delle tabelle per dispensarlo dalla memorizzazione e aiutarlo a visualizzare i passaggi può essere molto utile.

3.2. Il sistema del calcolo
Anche il sistema del calcolo contiene al suo interno meccanismi che mettono in difficoltà il bambino con discalculia:
– le procedure esecutive: nell’eseguire le operazioni aritmetiche, spesso il bambino confonde i segni o non riesce a incolonnare bene e a collocare i vari elementi dell’operazione (ad esempio, i riporti). È utile, allora, utilizzare delle tabelle con indicazione delle unità, decine, centinaia, ecc;
– i fatti numerici: si tratta delle combinazioni più frequenti di numeri, come ad esempio le tabelline. Le difficoltà nella memorizzazione impediscono di imparare tabelline e proprietà delle operazioni: è necessario fornire tavole e lavorare con tutta la classe su strategie di recupero delle informazioni (ad
esempio, se non ricordo una proprietà la posso ricavare); questi ausili non sono facilitazioni, ma permettono all’allievo di concentrarsi sul compito senza dover fare uno sforzo per lui eccessivo. Anche i compagni di classe possono avere a disposizione gli stessi strumenti, affinché ne accettino l’uso da parte del compagno, anche se in un clima di inclusione spesso i compagni comprendono le necessità del bambino e non ne fanno un problema;
– il calcolo scritto: le conoscenze richieste sono quelle procedurali e coinvolgono molti aspetti dell’aritmetica, come procedimenti diversi e regole specifiche per ogni operazione. Un esempio sono le espressioni, che necessitano di diverse abilità contemporaneamente; per le espressioni, un suggerimento utile per tutti è di far svolgere un’operazione per volta concentrandosi sull’ordine di esecuzione dei passaggi (ordine delle parentesi);
– il calcolo a mente: diversi sono i processi cognitivi coinvolti, non solo la memoria di lavoro ma anche altre strategie come composizione e scomposizione, proprietà delle operazioni, arrotondamenti e altri fatti numerici. È utile che tutta la classe lavori sul calcolo a mente, processo di manipolazione cognitiva per il potenziamento dell’intelligenza numerica.

3.3. I problemi
La comunità scientifica ha stabilito quasi all’unanimità la non incidenza della discalculia nella risoluzione dei problemi aritmetici, questi non vengono, infatti, inclusi nella diagnosi. Nella pratica didattica, però, si può osservare come il bambino con discalculia si trovi in difficoltà di fronte ai
problemi aritmetici: se per i bambini dislessici il problema si trova nella decodifica e nella comprensione del testo, per il bambino con discalculia risulta difficile la parte della risoluzione: la pianificazione dei passaggi e il calcolo. È utile per questi bambini poter rappresentare graficamente il problema e avere a che fare con numeri semplici, oppure poter usare la calcolatrice. Togliendo il problema del calcolo si può far sì che il bambino si concentri sul ragionamento e sulla comprensione del testo del problema, evitando di correre il rischio che il processo di problem solving messo in atto sia inficiato dalle difficoltà di calcolo.

4. La valutazione
Una riflessione su come strutturare e valutare le verifiche di matematica è necessaria. È sicuramente un aspetto su cui riflettere, in particolare riguardo alla costruzione delle prove, perché dalla loro struttura dipende la valutazione dell’allievo. Non bisogna far copiare il testo dalla lavagna, in quanto l’alunno potrebbe incorrere in errori di trascrizione, inoltre questi errori possono capitare anche nell’uso della calcolatrice: è bene verificare la conoscenza delle procedure, piuttosto che del risultato. Dati i problemi di memorizzazione, è meglio osservare i processi messi in atto anziché chiedere definizioni e formule. Come sempre, è utile l’utilizzo di tabelle compensative che dispensino dalla memorizzazione se quello non è il processo su cui si sta lavorando.

5. Una riflessione conclusiva
La normativa (legge 170/2010, le relative Linee Guida del 2011 e altre Circolari e note ministeriali) ci fornisce un quadro generale da tener presente per aumentare le nostre competenze, Una caratteristica comune, però, di questi disturbi è la complessa e ricca diversità da caso a caso, che non ci permette di generalizzare, nemmeno riguardo a strategie e strumenti, perché ogni bambino che ci troviamo di fronte è diverso dall’altro: una sfida comunque presente nella didattica “non speciale” ma che si fa ancora più difficile davanti ai disturbi dell’apprendimento.
Servono allora alcune indicazioni generali, che prendiamo da Stella: innanzitutto coinvolgere la famiglia e il bambino nei percorsi e nei progetti didattici, poi instaurare in classe un clima sereno, collaborativo e di non giudizio, affinché le “facilitazioni” eventualmente offerte al bambino non siano motivo di discussione e, sempre a questo riguardo, offrire a tutta la classe in alcuni momenti l’ausilio degli stessi strumenti compensativi se utili alla collettività.

BIBLIOGRAFIA UTILE
Cornoldi C., Zaccaria S., In classe ho un bambino che…, Giunti edizioni, 2012.
Lucangeli D., La discalculia e le difficoltà in aritmetica, Giunti scuola, 2012.
Stella G., In classe con un allievo con disordini dell’apprendimento, 2001.
Stella G., Grandi L., Come leggere la dislessia e i DSA, Giunti scuola, 2011.
Linee Guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con Disturbi Specifici di Apprendimento, 2011.

SITOGRAFIA (GUIDE PREZIOSISSIME!)
Grandi L. (a cura di), Guida alla dislessia per i genitori. Dalla scuola materna all’università. PDF scaricabile da: http://www.aiditalia.org/upload/guida_genitori.pdf.
Troiano M., Zuccaro P., Dislessia Vademecum. Disturbi Specifici di Apprendimento. PDF scaricabile da: http://www.aiditalia.org/upload/guida_genitori.pdf.
È dislessia? Piccola guida per insegnanti utile a conoscere i Disturbi Specifici di Apprendimento e costruire una rete. PDF scaricabile da: http://www.dislessiainrete.org/guida-per-insegnanti.html.

by  Lorena Figini – http://pedagogiaedidattica.blogspot.it/

Dislessia, si può rimediare

Se il bambino fatica a concentrarsi, inverte numeri e lettere, non legge bene, lo si aiuta con terapie mirate e specialisti come psicologi e logopedisti.

Non tutti i bambini in eta’ scolare riescono a leggere un testo correttamente e agevolmente e spesso i loro compiti sono zeppi di errori d’ortografia, di parole scritte in maniera molto sgrammaticata e imprecisa. Questo non sempre significa che il piccolo non si impegna ed e’ svogliato, in qualche caso dietro queste situazioni si nasconde un vero problema: la dislessia (vedi box). Il fenomeno e’ abbastanza diffuso (in Italia si calcola che circa 1.500 persone ne siano affette e che si possa contare un bambino dislessico per classe) e, anche se da essa non si puo’. completamente guarire, si puo’. correggere.

La dislessia diventa un vero e proprio problema quando i bambini frequentano le elementari e sono tenuti a fare dettati, esercizi e a cimentarsi con racconti, favole o lezioni da imparare. I bambini dislessici, pur essendo in tutto e per tutto come i loro compagni, non riescono ad imparare con la stessa rapidit. degli altri e questa situazione pu., nel tempo, provocare loro dei problemi psicologici.

UN DISTURBO NEUROLOGICO

La dislessia non è una mancanza di intelligenza ma un disturbo di carattere neurologico con componente genetica che si manifesta nei piccoli già in età prescolare. È un fenomeno per cui il bambino fatica a concentrarsi, a leggere e scrivere oppure non riesce a imparare le tabelline.

 

Metodi riabilitativi

Accorgersi del problema non e’ arduo: se si nota che il piccolo fa fatica a concentrarsi, inverte numeri e lettere e non riesce a leggere fluentemente e’ bene interpellare uno specialista (neuropsichiatra) che lo sottoporra’ a un test apposito. E’ necessario farlo poi seguire da un logopedista che interverra’. con una terapia adeguata, aiutandolo a superare le sue difficolta’; in qualche caso sara’ anche necessario l’aiuto di uno psicologo per aiutare il bambino a riconquistare fiducia in se stesso.

L’uso della calcolatrice, del PC, la creazione di origami e filastrocche e lo svolgimento di specifici esercizi interattivi sono metodi che possono rivelarsi di grandissimo aiuto nella rieducazione del bambino, aiutandolo attraverso il gioco a rimpossessarsi delle sue abilia’.. Un interessantissimo progetto che sta prendendo piede in Emilia Romagna, e che verra’ presentato anche in Parlamento, si chiama T-Slessia, e’ a cura del Consorzio Interuniversitario Cineca, e propone la riabilitazione dei bambini affetti da problemi di dislessia attraverso la tv digitale terrestre interattiva che permetterebbe di superare alcuni dei limiti legati al trattamento tradizionale.

 

REATECH ITALIA – disabilità e scuola…

Il Portale dei bambini ha partecipato a Reatech Italia.

Se pensiamo che Albert Einstein era dislessico, Beethoven sordo, Marylin Monroe balbuziente…possiamo capire che  affrontare i propri limiti e superarli è notevole… eppure di fronte ad un disabile o ad un anziano malato molti giovani (e anche molti adulti) faticano ad accertarli, capirne i limiti, sapere come relazionarsi con loro.

Obbiettivo di questa importante settimana è stato  spiegare ai bambini e ai ragazzi che l’inclusione è una sfida, ma che accettare questa sfida fa vincere tutti, fa diventare migliori!

“In Italia ci sono 4 milioni di disabili e oltre 7 milioni di anziani. Che cosa hanno in comune? Hanno esigenze speciali che li obbligano ad affrontare la vita in modo forse diverso dagli altri”, afferma Francesco Conci, Direttore esecutivo di Fiera Milano Congressi organizzatore di Reatech Italia. “Ma ciò non significa che non abbiano qualcosa di importante da offrire agli altri. Perchè ciascuno di noi è unico e irripetibile e può crescere nella relazione con gli altri, trovare aiuto ed offrirne. La nostra società deve riscoprire che le persone valgono non per ciò che sanno fare o ciò che possono produrre ma per ciò che sono. Crediamo che sia importante che questi valori vengano trasmessi ai più giovani, che si imparino anche a scuola. Per questo come Reatech Italia abbiamo deciso di lanciare la Settimana dell’Inclusione, un’iniziativa rivolta a tutti tipi di scuole che offrirà agli insegnanti supporti concreti per affrontare il tema della disabilità e dell’accettazione dell’altro e del diverso”.

Un percorso per riflettere: per le scuole materiale didattico e tanti laboratori ed eventi in un percorso articolato che ha previsto la possibilità di lavorare in classe con gli alunni a partire da una serie di sussidi didattici e di spunti video e bibliografici che saranno messi a disposizione sul sito www.reatechitalia.it.

(dal sito www.reatechitalia.it)

 

 

Come si sviluppa l’abilità di lettura

[Tratto dal libro : “Diagnosi dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento Scolastico” di Vio, Tressoldi e Lo Presti, Erickson”] 

 
1. Stadio Pittografico.
2. Stadio logografico (5-6 anni)
Anche se non si conoscono i singoli suoni, si riconosce che una determinata parola si riferisce a una determinata cosa. Ad esempio, si riconosce, la parola «casa» che si riferisce al disegno della casa, ma non si conoscono né le lettere,
né il loro singolo suono («c-a-s-a»).
All’interno dello stadio logografico si manifesta lo sviluppo delle seguenti due abilità:
a) Consapevolezza fonologica: concerne la capacità di saper riconoscere le varie parti fonemiche della parola.
b) Abilità visive: premesso che il bambino dovrebbe possedere normale acuità visiva o vista corretta, per abilità visive s’intende il saper riconoscere le varie parti della parola (ad es., grafema, sillaba, morfemi, ecc.).
3. Stadio alfabetico (6-7 anni)
c) Lettura fonologica: è l’acquisizione della capacità di conversione del grafema nel fonema corrispondente.
Nel modello a due vie questa viene anche definita come «via fonologica» o «sub-lessicale».
4. Stadio ortografico (8 anni in su)
d) Lettura lessicale: Con questa modalità di lettura il bambino amplierebbe sempre di più il suo magazzino
di parole (si tratta appunto di un lessico nel quale sarebbe conservato il significato di quella parola e la sua pronuncia).