Articoli

Giornata internazionale delle foreste: maggiore attenzione a cosa arriva in Italia!

Roma, 21.03.2014 – Ogni 2 secondi un’area di foresta grande quanto un campo da calcio viene distrutta nel mondo. Nelle aree tropicali la deforestazione avviene per produrre legno, olio di palma, polpa di cellulosa, carne, pelle o soia. Materie prime o prodotti finiti che arrivano sul mercato italiano facendo diventare il nostro Paese complice della distruzione delle foreste.

Le foreste ospitano circa due terzi della biodiversità terrestre e si stima che da esse dipenda la sopravvivenza di più di un miliardo e mezzo di persone. Immagazzinano quasi 300 miliardi di tonnellate di carbonio, una cifra 40 volte superiore alle emissioni di gas serra prodotte dai combustibili fossili; per questo la deforestazione inquina quanto tutti i mezzi di trasporto messi insieme al mondo.

In Italia le importazioni di materie prime come olio di palma, legno o polpa di cellulosa o dei prodotti derivati sono collegate alla distruzione delle foreste in Paesi come il Brasile, la Repubblica Democratica del Congo o l’Indonesia, facendo diventare l’Italia complice della perdita di biodiversità, dei conflitti sociali e del cambiamento climatico.

Greenpeace chiede a governi e aziende di impegnarsi con politiche a Deforestazione Zero. Questo mese abbiamo denunciato che – nonostante sia entrato in vigore da oltre un anno – il nostro Paese non applica ancora il Regolamento Europeo del Legno, che serve proprio ad evitare che i prodotti in legno e derivati provenienti dal taglio illegale possano entrare nei porti europei senza alcun tipo di controllo.

Proteggendo le foreste riusciremo a mantenere gli ecosistemi vivi e sani e potremo continuare a godere di aria pulita, acqua potabile e suolo fertile.

Commercio legno illegale: Italia ancora fanalino di coda per applicazione del Regolamento Europeo.

A un anno dall’entrata in vigore dell’importante Regolamento Europeo del Legname, le associazioni ambientaliste Greenpeace, Legambiente, Terra! e WWF denunciano la mancata applicazione in Italia della normativa europea promossa per fermare il commercio di legno illegale nei 28 paesi dell’Unione Europea.
Da marzo 2013 l’Unione Europea vieta, con una puntuale normativa, le importazioni di legname e suoi prodotti da qualsiasi Paese del mondo se proveniente dal taglio illegale e chiede agli operatori e alle autorità nazionali di verificare e, rispettivamente, punire chi commercia legname di origine controversa. Il Regolamento 995 del 2010 conosciuto anche come EUTR (European Union Timber Regulation in inglese) è stato emanato per contrastare il commercio illegale di legno e prodotti da esso derivati, per tutelare le foreste del nostro Pianeta, ponendo un freno a irresponsabili processi di deforestazione che stanno cancellando i polmoni verdi della terra e compromettendo le risorse essenziali a tutte quelle comunità che da esse dipendono.
Dopo la sua emanazione nel 2010, il Governo avrebbe dovuto garantirne l’applicazione ma così non è stato, vanificando l’impegno per ridurre la deforestazione del pianeta. Fatto ancor più grave se si considera che l’Italia è tra i più importanti mercati al mondo per il commercio del legno.
Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MiPAAF), l’autorità incaricata di vigilare sulla norma, non ha ancora messo in atto i controlli e le sanzioni da applicare a chi commercia legno tagliato illegalmente o a chi non applica la dovuta diligenza, ovvero chi non controlla la filiera di legno dall’origine.
Oltre all’Italia, altri Paesi UE come la Spagna, la Lituania e l’Ungheria, sono il fanalino di coda nell’implementazione e attuazione del Regolamento continuando a permettere l’entrata nei nostri mercati di legno proveniente da conflitti sociali e ambientali in importanti aree forestali come quelle del bacino del Congo, del l’Amazzonia, del Sud-est asiatico, con la distruzione delle isole del Borneo e Sumatra e delle foreste dell’estremo oriente in Russia.
In questi 12 mesi le NGO hanno continuato a segnalare commerci dubbi. Greenpeace, ad esempio, ha evidenziato almeno 3 casi di importazione di legno illegale in Europa che dimostrano come ci sia ancora molto da fare per un’adeguata implementazione dell’EUTR. Solo quelli provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo e intercettati in Germania sono stati confiscati dalle autorità competenti, un chiaro avvertimento per le aziende del settore che importano legno di origine controversa.
La mancata azione del governo italiano per stabilire un sistema efficace di controllo dell’importazione del legno metta la marcia indietro alla lotta contro la deforestazione e all’adeguato sviluppo sostenibile dei Paesi produttori. Greenpeace, Legambiente, Terra! e WWF chiedono al nuovo Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali di attivarsi immediatamente per fare emanare subito le norme necessarie e vigilare sul mercato del legname, aumentando gli sforzi e le risorse per compiere tale obiettivo.

GREENPEACE: P&G DISTRUGGE L’HABITAT DELLA TIGRE PER FARNE SHAMPOO

La multinazionale Procter & Gamble (P&G) acquista olio di palma da aziende responsabili della deforestazione in Indonesia, rendendo così i consumatori complici inconsapevoli della distruzione dell’habitat della tigre di Sumatra e dell’orango, entrambe specie minacciate di estinzione.
Lo denuncia, dopo un anno di indagini, Greenpeace International, che rivela come le attuali politiche di approvvigionamento di olio di palma di P&G siano collegate a fenomeni come la conversione di foreste torbiere ed incendi forestali in Indonesia.

Le foreste indonesiane scompaiono a una velocità pari a nove piscine olimpioniche al minuto a causa della coltivazione di palma da olio. L’olio di palma è un ingrediente molto utilizzato nei detergenti come shampoo, detersivi e altri beni di largo consumo che la P&G produce.

«La Procter & Gamble deve smettere di far arrivare nelle nostre docce prodotti che causano la distruzione della foresta pluviale e garantire ai propri consumatori prodotti che rispettino uno dei più importanti polmoni del Pianeta. La multinazionale dovrebbe seguire l’esempio di aziende come Ferrero, Unilever, Nestlé e L’Oréal, che si sono già impegnate a ripulire le loro filiere dell’olio di palma da fornitori controversi» afferma Esperanza Mora, campagna Foreste di Greenpeace Italia.

Grazie ad approfondite indagini, Greenpeace ha dimostrato che nelle concessioni di proprietà del Gruppo Plantation BW, uno dei fornitori di P&G, si sono verificate diverse uccisioni di oranghi e sono stati allestiti dei cimiteri animali clandestini in aree confinanti con il parco nazionale Tanjung Puting – brutale pratica utilizzata per allontanare altri oranghi dalle coltivazioni. Inoltre altri due fornitori della multinazionale sono coinvolti nel taglio a raso di aree di foresta pluviale nelle proprie concessioni.

«Negli ultimi otto mesi abbiamo cercato il confronto con la Procter & Gamble, ma invece di agire in modo serio e concreto, l’azienda si nasconde dietro mere azioni di greenwashing. Ė tempo che P&G si impegni a delle politiche di acquisto a Deforestazione Zero tagliando i propri legami con l’estinzione di specie chiave per questo ecosistema come l’orango e la tigre di Sumatra» continua Mora.

Il commercio dell’olio di palma apporta un reale contributo allo sviluppo economico dell’Indonesia e sempre più produttori di olio di palma sostenibile, parte del “Palm Oil Innovation Group”, insieme a gruppi come GAR e Wilmar si sono dati ambiziosi obiettivi in termini di gestione sostenibile delle coltivazioni dimostrando che si può produrre olio di palma che non costi nulla alle foreste.

“Non ci sono scuse quindi per P&G, o per altre aziende come Reckitt Benckiser o Colgate Palmolive. È tempo che queste aziende prendano subito un impegno come hanno già fatto altre, più responsabili e coraggiose, come l’italiana Ferrero, L’Oreal e Nestlé»

Greenpeace chiede che la Procter & Gamble prenda immediatamente impegni concreti scegliendo solo fornitori che coltivano l’olio di palma in modo sostenibile, per fermare così la distruzione delle foreste.

Leggi il briefing (in inglese): http://www.greenpeace.org/international/Global/international/briefings/forests/2014/ProcterGambleDS_MediaBriefing_Final.pdf

Greenpeace annuncia: anche l’Oreal si impegna a non impiegare più olio di palma…

ROMA, 30.01.14 – L’Oréal, l’azienda più grande al mondo nella cosmetica, si impegna a eliminare da tutti i prodotti le materie prime che provengono dalla deforestazione entro il 2020, inviando così un segnale importante all’intero settore dell’olio di palma.
Greenpeace si complimenta per gli obiettivi che si è posta la multinazionale, ma crede che possano essere raggiunti in tempi più brevi, e chiede a L’Oréal di accelerare i tempi.

L’impegno di L’Oréal segue quello di altre grandi aziende come Ferrero, Unilever e Nestlé, che si sono già impegnate a eliminare dalla propria filiera olio di palma di dubbia provenienza.
Anche il più grande rivenditore al mondo di questa materia prima, Wilmar International ha annunciato a dicembre una nuova politica a Deforestazione Zero.
“Apprezziamo l’impegno di L’Oréal anche se consente ancora ben sei anni per continuare ad approvvigionarsi da fonti controverse.
Chiediamo a L’Oréal di accelerare il ritmo d’implementazione della politica di acquisto, dimostrando più responsabilità verso le foreste e garantendo ai propri clienti prodotti liberi da deforestazione prima del 2020” spiega Esperanza Mora, campagna foreste di Greenpeace
Italia.

Il settore dell’olio di palma è la prima causa di deforestazione in Indonesia e porta all’estinzione specie importanti come la tigre di Sumatra. L’olio di palma finisce sugli scaffali dei supermercati (e non solo) di tutto il mondo nelle forme più varie e inimmaginabili:
viene usato in cosmetici, alimentari, detergenti e perfino nei biocarburanti, prodotti che anche gli italiani usano quotidianamente.

Sempre più persone sono consapevoli del collegamento tra i propri acquisti e la deforestazione in posti lontani come l’Indonesia. Grazie a loro è possibile convincere le grandi multinazionali ad adottare pratiche più sostenibili. Ora i consumatori punteranno la propria attenzione a quelle aziende che continuano a far parte del problema senza assumersi le loro responsabilità, come – per restare ai cosmetici – Colgate Palmolive e P&G, il produttore di Pantene.

Leggi l’impegno di L’Oreal:
www.loreal.com/news/loreal-committed-to-0-deforestation-by-2020.aspx