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L’improvvisazione competente.

Quanta importanza hanno la scelta dei titoli dei laboratori?
C’è differenza tra attività che hanno un approccio interdisciplinare e quelle che non ce l’hanno?

Badiamo ad ogni aspetto: non fa bene accettare caramelle (= Laboratori) dagli sconosciuti (= incompetenti)!

La forma è sostanza
IMG_2438Generalmente non si dà molta importanza al nomi o ai titoli delle attività. Quello che conta sono i contenuti, ci ripetiamo. Personalmente attribuisco sempre tantissima importanza ai nomi: ai nomi dei bambini, ai nomi dei progetti, ai nomi dei laboratori. Sono identificativi. Sono parte integrante del lavoro, non una cosa secondaria su cui possiamo sorvolare.
I titoli sono simbolici, evocativi, funzionali. Lasciano intravedere il percorso fatto, il proprio punto di vista e il fine cui si tende. Il nome, come il titolo di un libro, rappresenta il un elemento in base al quale decidere di scegliere o meno di partecipare ad un incontro.
SAMSUNGL’arte ai bambini si passa meglio se siamo un gruppo di persone che lavorano per un unico obiettivo rimanendo però fedeli alle proprie caratteristiche professionali. Non uniformare i saperi, ma differenziare gli orientamenti per mostrare i punti di vista da cui è possibile osservare un’opera d’arte, conoscere un artista, analizzare un movimento, scoprire una tecnica!
Sono convinta che il buon giorno si veda dal mattino. Sono convinta è possibile avere il sentore di quello che possiamo o non possiamo aspettarci da un laboratorio. Dipende da tante cose, prima durante e dopo lo svolgimento!
Al di là dello slogan pubblicitario, al di là del luogo in cui viene fatto, esistono piccoli
indicatori per una sommaria valutazione dell’attività proposta. Per esempio da come viene:
1- Descritta
2- Pubblicizzata
3- Organizzata
4- Vissuta
5- Percepita
6- Ricordata

Fondamentale è l’apporto dell’operatore che veicola il messaggio. Un laboratorio può prendere anche una strada diversa da quella progettata e rimanere, qualitativamente, di alto livello. Mentre può svolgersi per filo e per segno rispetto a come lo si era immaginato e rimanere di basso profilo.

Improvvisare con sapienza
IMG_2627L’improvvisazione che raccoglie uno stimolo spontaneo, emerso durante un incontro con i bambini, è l’improvvisazione figlia della competenza. Quella che ti fa eseguire rapidi ragionamenti, che ti fa cogliere al balzo una frase, una parola e un commento che si trasforma in nuovo collegamento ad altre logiche!
Che si traduce in una nuova informazione lanciata nel contesto che attiva
nuove interconnessioni. Un sasso lanciato nello stagno, come diceva Rodari.

L’improvvisazione dovuta al disagio di non riuscire a gestire una domanda, un imprevisto o un inconveniente dà la misura dell’intera attività. Non perché non si possano commettere sbagli : attenzione! Ma perché anche l’errore svela e racconta quello che non si vede del metodo di lavoro, dell’approccio adottato, della preparazione posseduta.
SAMSUNGL’attenzione al dettaglio, poi, è l’ago della bilancia. Verso i partecipanti, ma anche verso chi li accompagna. Verso il tema scelto per il laboratorio, ma anche gli argomenti correlati. Verso l’attività manuale, ma anche i supporti informatici o video. L’esperienza indoor o outdoor. Non deve essere selezionato tutto insieme, ma va opportunamente, progettato il nostro intervento partendo dagli obiettivi generali e dal target di riferimento. Molti credono che si possa improvvisare con i bambini. Ed è vero! Solo se si è competenti però. Altrimenti si rischia grosso, in termini di immagine, di educazione o di gradimento. Come in tutti gli altri campi.
Leontina Sorrentino

24 Beni Trattati Male.

Riguardo all’articolo dell’ospite del mese…
con logo3L’intervento del Prof. Piccioli sulla Valorizzazione apre argomenti e scenari tanto interessanti e attuali che meriterebbe un’analisi punto per punto di quanto, così causticamente, affrontato. In questa sede mi lascerò guidare dalla suggestione complessiva del suo articolo cercando di commentare le sollecitazioni che credo funzionali per la Valorizzazione in generale, in particolare per la didattica dell’arte e,nello specifico, rivolta ai bambini.
Le parole su cui mi soffermerò sono complessità, qualità e competitività. Termini uno di supporto all’altro, questioni consequenziali e connesse tra loro indissolubilmente.
Considerare, affrontare e potenziare una delle tre voci, in virtù delle altre due, rappresenta la formula vincente per la creazione di qualunque sistema di Valorizzazione del Patrimonio Culturale. Tuttavia…sono concetti che spaventano.
IMG_3720Per essere competitivi a livello internazionale occorre elevare i nostri standard quantitativi e qualitativi in termini di offerta, gestione e promozione. Questo presuppone un mutamento di visione che, a sua volta, determina un aumento esponenziale di complessità, che mette in crisi situazioni reali e stabilizzate –più o meno funzionanti- , ma anche competenze e ruoli consolidati. Perché tutto ciò possa compiersi è necessario riequilibrare l’intero complesso decisionale e operativo, optando per un approccio trasversale, globale, interdisciplinare, e per una pratica integrata, innovata, multimediale.
IMG_3729Attualmente esiste un grosso gap tra le istituzioni deputate alla cura del nostro patrimonio e i cittadini, tra gli enti di diffusione culturale e l’utenza, tra gli operatori e i visitatori. Quanti hanno idea di cosa voglia dire gestire un museo oppure condurre uno scavo archeologico o ancora occuparsi di un restauro? Sono molti di più quelli che sanno cosa occorre per sopravvivere su un’isola deserta o come risollevare le sorti di un ristorante. Manca un tassello di congiunzione, un ponte tra il potenziale che c’è in Italia e la sostanziale inadeguatezza politica che viene percepita a riguardo. Vanno risistemati i margini dell’indagine attraverso progetti di partecipazione e vanno rivalutati i termini sulla questione della fruizione consapevole e attiva. Allora la divulgazione, fase di un percorso articolato, capillare e impeccabile sia dal punto di vista scientifico sia creativo, diventa strumento di conoscenza reale, ma anche presupposto per una consapevolezza collettiva e adeguata alle nostre risorse culturali.
Eventi sporadici e mondani perdono la dimensione colloquiale che, a mio avviso, è fondamentale per una didattica efficace ; proponendo per bambini e ragazzi – solo a volte – belle attività, ma quasi sempre per un consumo fast & furious! E’ un atteggiamento insufficiente, dispendioso e talvolta dannoso. Necessita una pratica quotidiana in cui si diffondano concetti sulla tutela e sulla salvaguardia; in cui si discutano le evoluzioni storiche della nozione di Bene Culturale, e in cui si sperimentino (in aula, nei musei, per strada nei parchi, piazze), soprattutto per i più piccoli, sistemi di comunicazione innovativi e condivisi.
IMG_3663La didattica dell’arte deve entrare a pieno titolo ad essere una delle solenni declinazioni che afferiscono al nostro patrimonio. L’esperto del settore è l’elemento umano che interloquisce con il pubblico, l’interfaccia con l’utenza, colui che veicola obiettivi, contenuti e modalità stabiliti in altre sedi. In virtù di queste specifiche dovrebbe sedere al tavolo di concertazione e di individuazione di obiettivi e metodi al pari di architetti, restauratori, legislatori, storici, conservatori. Conoscere processi, difficoltà tecniche, finalità….aiuta ad essere competenti, preparati e credibili.
Ovvio che i problemi da superare sono grossi ed evidenti. Nessuno attribuisce alla didattica dell’arte un valore congruo alla reale importanza e nessuno ne ravvisa i risvolti potenziali. La didattica viene spesso associata ad un laboratorio che viene, di conseguenza, immaginato come un “attacco d’arte”. Questo comporta errori di valutazione che inibiscono e rallentano (per carenza di fondi, inadeguatezza di
personale e interventi non integrati) la crescita e l’espansione di questo settore che non riesce ad emanciparsi dall’etichetta grossolana di puro intrattenimento.
Eppure dosando bene cambiamento e memoria potremmo emanciparci dalle nostre remore e cominciare una politica di sensibilizzazione al nostro patrimonio, inteso anche come risorsa economica . Partendo dai bambini c’è la speranza che, in quanto futuri dirigenti, siano all’altezza delle sfide mondiali che il patrimonio italiano merita di poter accettare.

Scoprire l’arte in #contestINSOLITI.

Quale esperienza può essere utile per aprrezzare l’Arte? Esiste un luogo migliore di un altro per incontrare storie, autori, opere?

Esistono condizioni ottimali o meglio affidarsi al caso?

libreria1nForse né l’una né l’altra cosa. O meglio: probabilmente entrambe le strada andrebbero perseguite. Senza dubbio esistono dei luoghi più suggestivi di altre per avvicinare i bambin/e ragazzi/e ad un mondo insolito e poliedrico come quello degli artisti. É vero anche che ogni occasione è buona per rimandare all’Arte che accompagna l’umanità dai suoi albori e di cui non ha mai potuto farne a meno!
Partendo da questo presupposto ha molto senso mostrare o far riferimento ad un opera fuori da musei e lontana dai riflettori: Parliamo di arte in contesti inusuali. Invitiamo i bambini a leggere la storia, la scienza, la società, la geografia, l’ecologia, la letteratura, la moda…attraverso l’osservazione dei dipinti di tutti i tempi. Perché, da sempre, rappresentano lo specchio della società in cui sono stati creati! L’opera d’arte come ipertesto per indagare passato e presente! La libreria come un luogo dove incontrarsi, vivere un’esperienza interdisciplinare, creare significati e ravvivare dinamiche culturali in continuo movimento. Ecco perché il mio progetto L’arte a Portata di Libro funziona e piace a grandi e piccoli.

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Due ambiti a contatto
Nell’era del digitale siamo sottoposti ad una quantità di immagini e di informazioni notevole. Spesso subiamo la rapidità dei consumi di messaggi e prodotti, senza essere in grado di operare verso di essi una reale selezione consapevole. Al contempo l’arte e il museo (concetti spesso sovrapposti nell’immaginario collettivo) sono avvertiti ancora come qualcosa di noioso, vecchio e statico o tutt’al più elitario. Così l’enorme patrimonio culturale italiano rappresenta una risorsa inespressa e sconosciuta ai propri cittadini, anche adulti.
Il tentativo è quello di avvicinare i due ambiti proponendo riflessioni che utilizzino strumenti, contenuti e linguaggi che appartengano a mondi così distanti. Le opere d’arte vengono esaminate quasi esclusivamente dal punto di vista formale e artistico. Tuttavia oltre alla vicenda biografiche dell’artista (e del suo prodotto) esistono una quantità di informazioni contenute nei quadri che non vengono considerate o che sono sottovalutate.

Cosa rappresenta un’opera d’arte
libreria4nUn’opera d’arte è il frutto di talento e teorie estetiche, ma anche di scoperte tecnologiche, storie personali, contesti sociali, contaminazioni, scambi, convenzioni, rapporti politici internazionali, giochi di potere o teorie filosofiche.
L’opera diventerà un ipertesto: dall’immagine rappresentata, dall’inquadratura, dai materiali utilizzati attiveremo dei link che spaziano in campi che artistici non sono, toccando argomenti che vanno al di là dello sguardo puramente iconografico.
La libreria in questa ottica rappresenta il luogo ideale entro cui attivare contaminazioni di genere. Perché la sensibilizzazione alla memoria collettiva, al fascino dei libri e alla sperimentazione personale può essere, a buon grado, annoverata tra attività educative significative.
Osservare le opere d’arte, offrire un’analisi formale, invitare alla lettura di testi e di immagini, stimolare la connessioni e collegamenti interdisciplinari, suscitare un dibattito su tradizione e innovazione, sviluppare una visione critica.
Perché le architetture cambiano forme? Perché nasce la pittura all’aria aperta? Perché nelle sculture vengono usate pietre differenti? Partendo da quesiti generici, passando attraverso l’esperienza di ciascuno dei partecipanti, in un percorso fatto di immagini che rimandano ad altre immagini, notizie che rimandano ad altre notizie, si approderà ad una visione amplificata delle opere d’arte proposte.

Cosa raccontare a bambini e bambine
L’obiettivo è quello di considerare i prodotti (artistici, tecnologici, letterari, musicali…) di una società come facce diverse di un unico procedere socio-evolutivo. Studiare settori della cultura, ognuno con peculiari regole e finalità, non come compartimenti stagni, ma come saperi che si incontrano, si conoscono, si influenzano vicendevolmente. Occorre senza dubbio programmare l’incontro con grande attenzione e adeguare lo spazio a disposizione al numero di bambini massimi che si possono accogliere, perché l’apprendimento ottimale passa anche dall’ambiente e dallo spazio che riserviamo ai bambini.

Leontina Sorrentino  –  www.didatticaartebambini.

Decaloghi della didattica #3 A cura di Leontina Sorrentino.

Quali vantaggi personali possono derivare dalla conoscenza dell’arte?
In cosa può giovarci raccontare storie di opere e di movimenti?

Ai nostri figli arrivano sensazioni che non abbiamo mai provato?

Durante le mie Conversazioni sull’arte, momenti in cui racconto agli adulti possibili strade per parlare di arte ai bambini, invito sempre a sperimentare in prima persona quello che andremo poi a proporre. Per tanti motivi, ma il principale è che esiste sempre un gap tra il pensiero e l’azione. E che per far scoprire attraverso l’“esperienza” occorre sporcarsi le mani. L’arte, in tutte le sue declinazioni e forme, contiene tutte le opportunità utili per la crescita culturale, personale e civile di ciascuno. Occorre affidarcisi e lasciarsi andare.
10 buoni motivi per imparare ad amare l’arte:
1- DIVERTIRSI AD IMMAGINARE
Non ci riflettiamo abbastanza, ma sempre meno ci concediamo del tempo da dedicare alla cura della nostra immaginazione. Quei voli della mente considerati sempre inutili o, peggio, deleteri. Proiettare se stessi in una dimensione altra, futuribile, emancipa dall’ancoraggio a terra considerato, erroneamente, meno problematico del volo. 

2- SCOPRIRE POSSIBILI PROIEZIONI DELLA REALTA’.
Lo sguardo dell’artista non è altro che una possibile interpretazione de
lla realtà. I dati degli eventi sono filtrati dalla sensibilità soggettiva influenzata dal contingente che passa, inesorabilmente, attraverso un preciso momento storico. Osservare criticamente questo caleidoscopio di punti di vista serve a farsi un idea del totale.

3- NUTRIRE UN PENSIERO AUTONOMO.
Conoscere direttamente le cose aiuta a formarsi una propria opinione, anche guidate o vincolate da quelle altri. Mettendo in relazione causa ed effetti, eventi e reazioni, conoscenze e luoghi comuni. Credo più ad un testo, un manifesto, un pensiero dell’artista che non all’analisi di un critico. Meno ci arrivano filtrate le informazioni più possibilità abbiamo di non uniformarci a cose che, magari, neanche condividiamo.

4- ACCRESCERE L’AUTOSTIMA
Il confronto, diretto o indiretto, con le vicende che ci circoncidano, ci spinge a riconoscere la nostra posizione e a credere che le nostre idee abbiamo lo stesso valore di quelle degli altri. Portare avanti la ricerca ed esprimere la propria personalità aumenta l’autostima, in maniera proporzionale alla libertà che concediamo a noi stessi di sbagliare.

5- AMMIRARE LE DIVERSITA’
L’arte si esprime in forme infinite. Attraverso difficoltà, medium, volti, determinazioni sconosciute. E’ espressione di culture, tradizioni, sensibilità provenienti da ogni dove. Avere la possibilità di conoscere ciò che è differente da noi, ci aiuta a collocare e gestire timori, paure, ansie. Un po’ come dire che non si può apprezzare ciò che si ignora.

6- ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE
Accogliere l’altro fortifica la propria posizione anche socialmente. La propensione all’intercultura è figlia della tolleranza. La flessibilità deriva dalla interrelazione. La crescita si nutre di contaminazioni. La creatività è una voce della complessità. Quella che non spaventa, ma alimenta determinazione, competenze e felicità.

7- LEGGERE I CAMBIAMENTI
L’informazione acquisisce un ruolo considerevole se la si contestualizza. E’ il mettere in relazione le nostre conoscenze che le accresce, le chiarisce e le spinge a superare imiti per familiarizzare con probabili orizzonti. Arrivare al nocciolo dell’attualità (passata o presente) facendo comparazioni tra le opere: un po’ come confrontare diverse testate giornalistiche o andare dritti alla fonte.

8- CREDERE NELLE PROPRIE POTENZIALITA’
Talvolta scoprire storie lontane che ci sembrano romanzi e capire come, invece, abbiano dato inizio a vicende rivoluzionare, consente una nuda riflessione.
Svelare i miti in cui è avvolta l’Arte offre una visione ‘umana’ del talento, del successo e del destino. Insinuare il dubbio che investire sui propri talenti possa valerne la pena e dare frutti oltre lo sperato.

9- VIVERE COSCIENTEMENTE
Il fatto che un opera ci sconvolga, ci piaccia, ci indigni, ci rapisca, ci irriti, ci stimoli in qualche modo, è una buona anticamera per risvegliare sensi, rivedere pregiudizi, cambiare opinione. Guardare attentamente e reagire responsabilmente in merito agli input esterni e alle proprie ideologie.

10- SCOPRIRSI STUPITI
Oltre a tutti i messaggi che è in grado di veicolare l’Arte, ce n’è uno che cerco sempre di esaltare: è il senso della meraviglia. L’arte mi stupisce sempre! Che sia un reperto della preistoria o un’opera video può contenere in sé elementi sintetici, tecnici, sensoriali, ironici notevoli. Coglierli migliora la vita.


Anche questi 10 motivi, come quelli degli articoli precedenti, sono degli spuntidi riflessione. A leggerli in maniera trasversale sembra che una vada in coppia con gli altri. Li trovo indissolubilmente collegati, quasi fossero 10 spicchi di un’unica sfera. Possono incontrare il vostro favore o meno. Possono essere nell’ordine che gli assegnereste anche voi, o essere completamente ribaltati.
Come un artista propongo una mia lettura della realtà, che investe l’arte di un valore globale e fondamentale.
Per la vita di ciascuno!

 

Vietato toccare! Vietato non toccare! A cura di Leontina Sorrentino

Qual è il metodo migliore per insegnare l’arte ai bambini? I bambini la pensano come noi? Cosa occorre curare quando progettiamo un laboratorio didattico?

“State indietro, fate silenzio. NON TOCCATE!” OPPURE: “Venite avanti. Ditemelo voi. Taccate!” Ecco due approcci di apprendimento completamente diversi! Il primo come una lezione frontale: il docente parla, l’alunno ascolta senza una reale possibilità di replica. Il secondo come uno una lezione interattiva: l’adulto accompagna il bambino attraverso un percorso fatto di scambi. Non sono qui per fare una classifica dell’approccio migliore, essendo convinta che l’efficacia del metodo dipenda dalla coerenza, dalla preparazione e dalla predisposizione di chi lo applica.
Ci può essere un metodo frontale che centra gli obiettivi educativi e uno interattivo che non funziona, tanto per intenderci. Dove per funzionamento mi riferisco potere comunicativo e al valore formativo, alla capacità di attivare stimoli! Parliamo invece di cose pratiche come ci impone questa rubrica. I bambini sono sottoposti a tantissime sollecitazioni, in qualunque ambiente si ritrovino sono invitati a rispettare regole differenti. In classe chiediamo che abbiano una certa condotta, li portiamo al museo e chiediamo un altro modello di comportamento, in biblioteca e durante i laboratori un altro ancora. In ogni occasione un contegno adeguato non solo all’ambiente, ma anche all’adulto di riferimento, sia esso maestro, educatore, operatore, bibliotecario e via andare. Non solo. In ciascuno delle situazioni in cui li esponiamo pretendiamo che siano al massimo, che mostrino il loro smalto e che non ci facciano fare brutta figura. Senza generalizzare eccessivamente facciamo l’esempio di quando portiamo i bambini in musei, a mostre o li iscriviamo per partecipare a laboratori didattici. Se l’attività è divertente – per noi- ci chiediamo perché il bambino non si diverte. Se l’argomento è interessante –per noi- ci domandiamo perché il bambino non stia attento. Se l’operatore di riferimento è simpatico-a noi- ci meravigliamo che il bambino si annoi.


Ma cosa succede se ci mettiamo nei panni del bambino? Proviamo a valutare alcuni punti che impattano sulle reazioni dei bambini che vivono per la prima volta un’esperienza didattica.
1- Ambiente: quasi sempre, mai visto prima e che a seconda degli spazi può intimorire, essere scomodo, non leggibile.
2- Metodo: probabilmente diverso rispetto a quello cui si è abituati, con modalità non sempre coerenti agli obiettivi dichiarati.
3- Tempo: quasi mai adeguato alle attività proposte, troppo breve o troppo lungo, stimolando a seconda sensazioni di ansia o di noia.
4- Approccio: il personale non sempre riesce a creare un clima frendly kids, sottovalutando, talvolta, accoglienza e feedback.

Considero queste quattro variabili fondamentali. Occorre creare un contesto familiare e gradevole per far vivere un’esperienza proficua ai nostri piccoli utenti. Se invece, in due ore di tempo, accolgo i bambini in un ambiente poco identificabile, propongo un metodo confuso e sorvolo sul momento che dovrebbe creare empatia con l’operatore, non posso avere pretese di alcun genere! Se voglio risposte brillanti e creative, devo costruire le condizioni per farle emergere. Non meravigliamoci, allora, se i bambini danno risposte pigre a certe sollecitazioni. La causa è da ricercare negli stimoli che gli sono stati lanciati e nella chiarezza con cui è stato chiesto di lavorare.

L’arte da sfogliare. A cura di Leontina Sorrentino.

Quali sono i metodi per parlare di arte ai bambini? Che ruolo può avere l’adulto? Perché è importante personalizzare le esperienze?

Spesso mi viene fatta questa domanda: come si avvicinano i bambini all’arte? Si possono avvicinare in diversi modi, si può parlare di arte a differenti livelli, si possono scegliere argomenti e tagli infiniti. Per alcune cose è necessario l’aiuto di un esperto, ma per altre basta una buona dose di curiosità e la voglia di condividere un momento insieme ai nostri bambini. Occorre partire a piccoli passi, coinvolgere se stessi ed essere disposti a sperimentare. Dove per ‘sperimentazione’ non intendo solo utilizzare tecniche impegnandosi in qualcosa di manuale, attività che tanto piace ai bambini (vedi articolo precedente). Ma anche avere il coraggio di superare la convinzione che vede l’arte come un argomento che dà soggezione e da cui è meglio stare alla larga per non fare ‘brutta’ figura.

L’arte di attirare all’arte
Se voglio avvicinare qualcuno, per esempio ad una vetrina, occorre che io sia in una posizione favorevole e contigua rispetto alla vetrina. Per tendergli la mano e attiralo, per cominciare a illustrargli dettagli che non vede o sensazioni che non riesce a provare se ne rimane lontano. Se siamo distanti entrambi diventa difficile convincere che quello a cui ci avviciniamo è davvero così bello come affermo. La stessa cosa vale per l’arte. Per affacciarmi alla vetrina dell’arte, non devo essere per forza un esperto. Il punto di partenza non è la competenza ma la curiosità! Gli approfondimenti ‘tecnici’, arriveranno in un secondo momento! Esistono tanti modi per suscitare interesse: esistono i giochi, la drammatizzazione, l’enigmistica, la narrazione, la manualità e molto ancora. L’efficacia risiede nel connubio di questi elementi. Per essere incisivi bisogna contaminare generi e situazioni: l’immagine si può guardare, ma si può anche raccontare, si può reiventare, si può manipolare, la si può far parlare. Uno dei miei preferiti sistemi preferiti per avvicinare i bambini all’arte è sfogliare insieme a loro cataloghi di mostre.

Libri per una comunicazione emozionale
Il libro è un oggetto magico. È un oggetto magico per come è fatto, per le immagini o le parole che contiene, per il senso di intimità che riesce a creare quando ci si siede uno accanto all’altro, per l’atmosfera per produce una voce che narra a orecchie che ascoltano.
Se un bambino gioca con un libro che è particolarmente malridotto, con pagine strappate, con piccoli disegni sopra, con la copertina scucita…cosa vuol dire? Che ci è affezionato! Più amiamo un libro più lo consumiamo. Un libro di compagnia, di viaggio, di passione, di rifugio, di avventura. Meno amiamo un libro più ne stiamo alla larga, più rimane nuovo. Sfogliare libri d’arte (come cataloghi, manuali, monografie) dove ci sono tante immagini, rappresenta un primo contatto con un universo sconosciuto ai più piccoli. Può essere il pretesto per conoscere grandi opere, ma anche collezioni minori. Guardare un dipinto, una statua o una architettura ci consente di commentare innanzitutto quello che vediamo – che cosa è? Mi piace? Cosa ti ricorda? Cosa ci racconta?-. Conoscere le informazioni sulle opere e sugli artisti, o sul movimento di appartenenza non è una priorità. Non in questa fase. Esistono dei testi di arte a prezzo democratico, acquistiamoli e diamoli ai bambini. Facciamoglieli toccare, sfogliare, anche piegare le pagine. Sarà un modo per far entrare nel loro mondo pluralità soggetti e di rappresentazioni. Sarà l’occasione per discutere su come cambiano le forme di rappresentare nel tempo, o di quello che potremmo andare a vedere nel Museo vicino casa. Saremo impressionati dalle suggestioni che danno le opere e dei riferimenti anche a lungo temine che saranno in grado di attivare i bambini.
Poi esistono pubblicazioni molto interessanti sull’arte nell’editoria per l’infanzia, ma di questo argomento parlerò altro momento.

Lavorando coi bambini definiamo noi stessi
Grazie a questa semplice attività con i bambini avremo modo di esplorare anche noi argomenti, generi, autori (conosciuti o sconosciuti) per approfondire il nostro rapporto con l’arte. A seconda dell’età del bambino, con cui condividiamo l’esperienza, e della nostra sensibilità sceglieremo le opere da sottoporgli e da fargli tenere sotto occhio e sotto mano. Personalizzare un percorso da presentare ai nostri bambini è un altro piccolo passo verso quella passione e quella educazione all’arte: piacevole a breve termine, interessante per il medio termine e funzionale per il lungo termine.