Le api, è noto, vivono in grandi gruppi. Ma ci sono delle api (e sono tantissime) che preferiscono vivere da sole. Hanno modi di vita interessanti e sono utilissime per l’impollinazione di molte piante.

Le api solitarie vengono chiamate così perché, a differenza delle api domestiche, non possiedono alcuna forma di vita sociale. Ciascuna femmina di ape solitaria, infatti, dopo la fecondazione, costruisce il nido formato da una serie di cellette o camere individuali d’allevamento che vengono riempite di nettare e di polline. Le api selvatiche impastano questi due prodotti fino a formare il cosiddetto “pane d’api” con il quale riempiono completamente la celletta all’interno della quale, in ultimo, depongono un uovo.
Le larve si sviluppano esclusivamente grazie a queste provviste, senza ricevere alcuna cura da parta della madre. In genere questi insetti passano la brutta stagione all’interno delle cellette sotto forma di larva per poi sfarfallare in primavera.
Non sempre le api “solitarie” però si comportano come tali, a volte si raccolgono per nidificare in veri e propri raggruppamenti chiamati “borgate”. Le borgate possono raggiungere dimensioni modeste (dai 20 ai 30 nidi) nel genere Colletes o arrivare a dimensioni ragguardevoli:
l’evileo marginato, ad esempio, forma raggruppamenti che superano il migliaio di nidi.

Ma cerchiamo di vedere un po’ più nel dettaglio quali sono le specie che compongono questo gruppo di insetti: in tutto il mondo esistono circa 20.000 specie di api solitarie di cui solamente 550 specie vivono in Europa.
ape
Osservare le api solitarie non è così difficile come può sembrare a prima vista, basta infatti appostarsi nelle vicinanze di un albero o di un arbusto in fiore o passeggiare su un prato fiorito, per accorgersi che non tutte le apl che visitano incessantemente i fiori alla ricerca di polline e di nettare sono uguali: alcune sono più piccole di un’ape domestica (le ceratine raggiungono i 6 mm di lunghezza contro i 12 dell’ape domestica), altre come l’antidio punteggiato si contraddistinguono invece per l’addome e il torace provvisti di una fine macchiettatura giallastra, altre ancora sono dotate di antenne particolarmente sviluppate come l’eucera longicorne.

Sembrerà strano ma la specie più facile da vedere è anche la più spettacolare ed anche quella che raggiunge le maggiori dimensioni: si tratta della silocopa violacea, un insetto di aspetto tozzo e di grande mole (21-24 mm di lunghezza, quasi il doppio di un’ape), che deve il suo nome al corpo nerastro, ricco di riflessi violacei. Il ciclo biologico della silocopa inizia alla fine dell’inverno, quando ai primi, quando ai primi tepori del sole, gli adulti sfarfallano ed iniziano a cercare il luogo dove scavare il nido; la scelta in genere cade su un tronco di un grande albero ricco di anfrattuosità, ma vanno bene anche i grossi rami o le cavità dei muri. All’interno degli alberi la femmina della silocopa scava un breve tunnel orizzontale fino a raggiungere il legno, poi affonda in profondità con una galleria verticale dai 15 ai 30 cm, suddivisa in 15 cellette all’interno delle quali depone le uova.
Anche alcuni megachile nidificano nei tronchi degli alberi, anche se in maniera diversa rispetto alle silocope: il megachile centoculare, infatti, utilizza le gallerie precedentemente scavate negli alberi dagli insetti che si nutrono di legno, come i cerambici e le tappezza con frammenti di foglie di rosa, in seguito la femmina vi trasporterà al suo interno il “pane d’api”. Riempire una celletta di pane d’api costa una grande fatica ai nostri megachile: al megachile rotundato ad esempio occorrono circa 15 carichi che vengono realizzati raccogliendo polline e nettare da fiori posti spesso a grande distanza; in genere per eseguire tale lavoro questo insetto impiega un totale complessivo di 5 ore di lavoro. Non appena il megachile ha terminato di riempire la cellula di “pane d’api” vi depone un solo uovo e poi ottura la cellula.
Ma a questo punto non terminano le fatiche di questo instancabile insetto; esso infatti inizia nuovamente a ricercare altro polline ed altro nettare per riempire altre cellette ed assicurare così una folta discendenza per la propria specie. Non tutti i megachile però nidificano nel legno, in altri casi infatti vengono scelti i posti più impensati come le anfrattuosità di una pietra, le tegole del tetto, le fessure di un muro, ecc. L’oscar della bizzarria spetta però ad un altro genere di ape selvatica e cioè alle osmie che possiedono gusti veramente particolari nella scelta e nella realizzazione del nido: l’osmia rufa ricerca per nidificare i gusci vuoti delle chiocciole all’interno dei quali fabbrica delle caratteristiche cellette a forma di botte; l’osmia dei papaveri, invece, scava il nido sottoterra rivestendo le cellette esclusivamente con i frammenti rosso fuoco dei petali di papavero.

L’abbondanza di specie e le diversità riscontrabili nella biologia riproduttiva di questi insetti costituiscono l’esatta immagine della loro importanza ecologica.
In molti casi si tende a svalutare il ruolo svolto dalle api solitarie nell’impollinazione delle piante, attribuendo un’importanza a volte non del tutto meritata alle api domestiche.

Vediamo assieme i cinque motivi per cui le api solitarie risultano superiori alle api domestiche.

2Maggior peso corporeo.
Il maggior peso corporeo di alcune specie di api solitarie come le silocope, le antofore e le lucere permette loro, di poter impollinare anche i fiori chiusi. Per esempio una silicopa è capace di introdursi in un dente di leone, mentre questa stessa operazione costa all’ape domestica grandissima fatica.
Scarsa sensibilità al freddo.
La folta peluria presente nelle andrene, nelle silocope e nelle osmie consente loro, diversamente dalle api domestiche, di volare anche con temperature molto basse. Esse mantengono infatti all’interno del loro organismo una temperatura quasi costante e, con una temperatura fino a + 5° C, sono capaci di tenere la loro temperatura corporea per un lungo spazio di tempo a 35° C.
Inoltre queste specie di api solitarie, possono volare anche con un tempo piovoso e ventoso, così come la mattina molto presto e la sera molto tardi.
Ampio spettro di specie impollinate.
Le api solitarie impollinano anche le piante a scarsa produzione di polline e di nettare che invece vengono disertate spesso dalle api domestiche a favore di specie più produttive; è il caso ad esempio del pero che spesso vede il suo ciclo riproduttivo più legato alle api selvatiche del genere Andrena che alle api domestiche.
Maggiore capacità bottinatrice.
Le api solitarie in genere visitano più fiori di un’ape domestica nello stesso arco di tempo. In media, durante un volo di raccolta di 100 minuti, una melitturga si posa; su oltre 1500 fiori, mentre un’ape può arrivare al massimo alla metà.
Dimensioni minori.
La dimensione ridotta di alcune specie di api selvatiche (le ceratine e gli antidi) consente a queste specie di visitare con più facilità i fiori più minuti.

Purtroppo, come testimoniano numerose indagini condotte in tutta Europa, le api solitarie risultano in diminuzione; in Italia in particolare, il numero di specie segnalato nelle varie regioni diminuisce sempre in maggior misura: nel Lazio ad esempio sono state contate, negli anni ’40, 343 specie di api solitarie contro le 123 attualmente segnalate.
Il principale fattore limitante che ha provocato la scomparsa e la rarefazione di questi imenotteri è rappresentato dal crescente impiego di diserbanti e di insetticidi in agricoltura. Un ruolo marginale ha avuto pure la distruzione degli habitat idonei alla riproduzione di queste specie come le siepi, i grandi alberi isolati, gli incolti e i muri di pietra a secco.