Il Sole è una stella come tante, probabilmente nata insieme a molte sorelle in un ammasso aperto che si è velocemente disperso nello spazio galattico. Basta guardare un qualsiasi marchingegno tecnologico o anche solo un’analisi del sangue per rendersi conto che in quel miscuglio di gas e polvere che ha formato la famiglia del Sole doveva già trovarsi del materiale troppo pesante per essersi formato insieme alla nostra piccola stella. E’ un concetto ben noto a tutti: siamo figli delle stelle, ma non certo solo della nostra. Essa non sarebbe nata cosi com’è, senza l’aiuto di materia proveniente da stelle più vecchie che avevano completato più o meno drammaticamente la loro vita. Qualitativamente la preistoria solare è relativamente intuitiva e descrivibile, ma le cose cambiano se si vogliono datare i vari periodi che hanno portato alla formazione finale. Per continuare il nostro paragone “umano”, una cosa è dire che l’uomo discende dalla scimmia e un’altra è stabilire le esatte fasi di trasformazione e datarle.

Lo studio delle meteoriti può insegnarci molto sulla preistoria del Sole. Esse contengono non solo il materiale originario del disco proto planetario, ma portano i segni di tutti i regali fatti alla nebulosa che stava preparandosi per formare il “nostro” ammasso aperto. Ogni elemento presente in questi fossili antichissimi contiene degli orologi radioattivi, il cui tempo di decadimento può dirci il momento in cui si sono uniti al gas e alla polvere primordiale. Non è certo cosa semplice leggere questi orologi e le operazioni da svolgere non sono certo banali, ma recentemente si sono fatti passi decisivi in questa direzione. Le meteoriti hanno permesso di tornare, come fossero viaggiatori del tempo, alle situazioni antecedenti a quelle della formazione stellare e cominciare a dare dei numeri “abbastanza” precisi.

In sintesi, sembra che elementi come l’oro, l’argento e il platino siano arrivati nella nube primordiale circa 100 milioni di anni prima della nascita del Sole. Il piombo è invece più recente: solo 30 milioni di anni.

Questi numeri possono dire molte cose, come ad esempio stabilire le varie fasi precedenti alla formazione stellare vera e propria e il periodo di incubazione che ha fatto passare da una nube informe, sempre più ricca in elementi chimici, a una famiglia di stelle capaci di mantenersi da sole. Capire le varie fasi, vuole anche dire avere un quadro di cosa esisteva una volta dove oggi c’è la nostra stella e poter fare confronti con quanto si vede nelle altre zone di incubazione stellare. Una cosa è vedere qualcosa di simile alla nostra preistoria in altre zone dello spazio e un’altra è riuscire a leggere proprio il nostro periodo più antico.

Le attuali analisi sempre più sofisticate delle meteoriti danno grandi speranze di trovare orologi ancora più accurati e/o di saperli leggere sempre meglio. La nostra macchina del tempo radioattiva potrebbe veramente portarci fino al momento dell’inizio della gestazione del Sole e dare un’occhiata all’ambiente che lo circondava.

[Prof. Vincenzo Zappalà – www.infinitoteatrodelcosmo.it]