La produzione dell’olio di oliva negli ultimi decenni si è ulteriormente affermata. Nel 1990 le aree olivicole hanno il 7% della superficie utilizzata.

L’ Italia detiene in questo settore un ruolo preminente, con circa 614 mila tonnellate di olio d’ oliva prodotto nel 2000, pari al 27% della produzione mondiale

 

 

 

 

 

LAVORI DEL MESE

La potatura dell’olivo era (e lo è tuttora) l’occasione ideale per la verifica dello stato di salute dell’intero albero. Le piante sane venivano semplicemente sfrondate e diradate all’interno della chioma per favorire la vegetazione del frutto. Invece per quelle malate si interveniva direttamente sul tronco provvedendo alla cosiddetta “sluppatura” con appositi attrezzi: malimpeggio (o ascia sgorbia), ascia, raschietto e barramina. Con detti attrezzi si provvedeva a togliere la parte malata della pianta, sia nella zona scoperta che in quella appena interrata. Le fronde potate potevano essere date in pasto alle vacche e alle pecore, mentre la parte marcia (“cajccio”) veniva bruciata.

 

LA STORIA

L’olivastro, che cresceva spontaneamente nell’area mediterranea, è l’antenato più immediato dell’olivo domestico. Il processo di domesticazione di questa pianta spontanea portò ad un miglioramento della specie, con frutti più polposi di quelli presenti nell’albero selvatico. Di olivicoltura propriamente detta si può parlare a partire dal IV millennio a.C., localizzabile in area palestinese; ma ancora nella civiltà micenea (metà del Il millennio a.C.) si conoscevano ed utilizzavano entrambe le specie. Infatti, mentre l’olio dei frutti dell’olivastro era utilizzato per unguenti e profumi, nella concia delle pelli e per l’illuminazione, l’olio dell’olivo domestico veniva impiegato soprattutto per scopi alimentari. La coltura dell’olivo giunse in Italia dall’area dell’isola di Creta minoica e dalla Grecia micenea. L’olivo è la terza delle tre piante fondamentali dell’agricoltura mediterranea: cereali, vite ed, appunto, olivo. La coltivazione dell’olivo era sconosciuta in Roma arcaica e fu introdotta successivamente in seguito ai contatti con gli etruschi ed i greci. Se nel corso dell’alto medioevo si ebbe una riduzione della coltura dell’olivo, essa riprese -soprattutto dal sud-centro Italia- a partire dal ‘300-‘400.

 

NELLA RELIGIONE

Riguardo all’olio, la pratica dell’unzione è antica e presente in varie aree culturali. Con il cristianesimo essa entra pienamente nelle liturgie e in vari sacramenti come battesimo, confermazione (cresima), ordine sacerdotale con un significato di consacrazione ad opera dello Spirito Santo. In ambito cattolico è sacramento anche l’unzione degli infermi, pratica documentata fin dal IV secolo. I rametti benedetti di olivo vengono distribuiti in chiesa nella Domenica delle Palme come segno di benedizione e di pace.

 

TUTTO E’ UTILE

La morchia è il deposito lasciato dall’olio. Il termine morchia deriva da “amurca”, parola di matrice greca trasmessa ai romani dagli etruschi. E’ celebrata da Catone (234149 a.C.) per una pluralità di impiego: bauli unti di morchia salvaguardano le vesti dalle tarme; la ruggine non attaccherà alcun oggetto di rame, prima lucidato, poi unto con essa; la legna imbevuta di morchia brucerà senza provocare il fastidio del fumo.

 

 

 

Nella mitologia greca si narrava la gara tra Atena e Poseidone per la sovranità sull’Attica, nel corso della quale il dio aveva fatto balzare sulla terra il primo cavallo, mentre la dea aveva piantato il primo olivo e le era stata assegnata la vittoria. Questo mito è molto indicativo per valutare l’importanza dell’olivo in seno alla cultura greca.