Alex e gli indagatori del cosmo

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CAPITOLO 1°

UNA MATTINA COME TUTTE LE ALTRE.

Per la classe I C dell’Istituto Ignazio Silone di Sognate, era davvero un giorno speciale.
Si sarebbero, infatti, recati in gita al Planetario di Milano e avrebbero assistito ad un’emozionante lezione su stelle, buchi neri, pianeti e costellazioni.
Salire sul grosso pullman colorato, con quegli strani specchietti che da sopra il parabrezza sembrano ripiegarsi verso il basso, come antenne di un gigantesco grillo stanco, faceva sempre sembrare ad Alex di essere inghiottito da un assurdo insetto dagli occhi luminosi e un pò spaventosi.
Nonostante la pioggerellina insistente e le facce ancora un pò impastate dal sonno, i ragazzi diligentemente prendono posto e con uno scossone il bestione di ferro parte.
L’autunno abbraccia la campagna con una ragnatela di nebbia densa come succo di frutta, il sole sulla faccia e il tepore che ti fanno girovagare senza meta in maglietta sono ormai un bel ricordo lontano dell’estate, come le cartoline che si scrivono alla nonna dalla Liguria.
Sui sedili ricoperti di ruvida stoffa verde e i poggiatesta di carta spessa e macchiata c’è chi chiacchiera, chi canticchia con le cuffie nelle orecchie, chi mostra foto sul telefonino o ne scatta di nuove, chi si appisola.
E fuori, come scene impresse su una vecchia pellicola di un cinema di periferia, scorrono campagne, case, alberi, stazioni di sosta, camionisti arrabbiati sui loro grandi mezzi rumorosi, prati solitari e un pò tristi, vecchi casolari abbandonati.
Per i ragazzi della I C è sempre una gran festa andare in gita perché significa uscire dalla routine e anche dalle strette cerchia della provincia per avventurarsi nell’affascinante città, brulicante di idee, persone, mode, ambizioni, progetti.
A Sognate, comunque, paesino dell’hinterland milanese di 15.000 anime, non si sta male solo che si è un pò limitati.
Il suo stesso nome, che sembra un invito a fantasticare, è davvero azzeccato perché tutti i giovani che vi abitano passano gran parte del loro tempo a sperare di partire per lunghi viaggi, conoscere nuovi orizzonti, lanciarsi in una tentacolare metropoli iper moderna e fare chissà quali incredibili scoperte.
La vita di provincia ha i suoi vantaggi, ovvero è ad esempio più tranquilla e sicura e tutti conoscono tutti, ma gli stessi pregi hanno anche un rovescio della medaglia: spesso la noia ti prende all’improvviso e non sai proprio cosa inventarti per uscire dal suo circolo vizioso.
Passi allora le giornate al muretto o sulla quarta panchina del parchetto comunale dedicato a un noto ex partigiano, fai un giro in scooter o ti racconti storie più o meno vere, aspettando che un’altra giornata passi senza grandi novità.
E poi il brutto di abitare in un posto così raccolto è che qualsiasi cosa tu faccia e dica, qualunque persona tu frequenti, ”gli altri” prima o poi lo sanno… se vuoi avere un segreto è tutto molto difficile, anche gli alberi sembrano avere occhi, orecchie e la capacità di far girare vorticosamente le notizie. Insomma anche un desiderio bello e profondo rischia di diventare motivo di derisione se viene raccontato alla persona sbagliata o se la stessa ha deciso di farsi i fatti tuoi.

Lo sa bene Alex che ha molti sogni da realizzare e che per tutti è quello ”un pò strano”, sempre immerso nei suoi pensieri, nelle sue osservazioni, nelle sue appassionate letture.
Quattordici anni, innamorato di gialli e di indagine, dalla mitica Agata Christie al bizzarro indagatore dell’incubo Dylan Dog e passando per alcune serie televisive americane di polizia scientifica, Alex legge come un matto, si informa continuamente e cerca di affinare da sempre le sue capacità investigative e il suo ineccepibile fiuto.
Si inventa spesso un sacco di missioni e quando accade qualcosa di insolito cerca di raccogliere tutti i dati possibili per risolvere l’enigma, generalmente con ottimi risultati dati anche dalla sua esagerata tenacia e dalla sua innegabile intelligenza.
Come quando a scuola il registro della prof di italiano, la signora Nerelli, scomparve misteriosamente. Nessuno aveva visto niente, nessuno sapeva nulla, ma nel quarto d’ora dell’intervallo qualcuno si era introdotto furtivamente nell’aula professori e aveva rubato il temuto fascicolo rilegato di blu.
Uno scherzo? La vendetta di qualche impenitente somaro? Un atto di bullismo?
In pochi minuti era scoppiato un caso di proporzioni esagerate e tutte le classi, convocate in giardino, erano in subbuglio mentre giravano voci di imminenti perquisizioni di zaini e cartelle: insomma un vero, incontrollabile putiferio.
La preside era letteralmente impazzita e passeggiava nel corridoio, strepitante e sconvolta, dall’alto del suo metro e ottanta e i suoi enormi fianchi grassocci, spandendo scie di quel suo terribile profumo alla lavanda.
Con voce stridula gridava strane minacce di arresti, garantendo di sbattere in galera, o meglio in riformatorio, il colpevole, mentre le lenti spesse degli occhiali, con quella strana montatura fucsia e la collanina di perline colorate in cui erano infilate le stanghette, le si appannavano come se fosse entrata in una sauna.
Alex, con l’aiuto del suo fidato gruppetto di amici, Edo, Alessia, Paola, Marco e Angela aveva dato il via all’inchiesta e aveva ricostruito le ultime cinque ore della Nerelli, cercando di capirne ogni movimento.
Con domande, grande sensibilità e verifiche incrociate l’arcano era stato poi pazientemente svelato, disinnescando la bomba pronta ad esplodere all’istituto Ignazio Silone.
La povera Nerelli, infatti, era stata chiamata sul cellulare dalla figlia Azzurra, odiosa quindicenne viziatissima e con la fissa dei Tokio Hotel, a causa di un suo insormontabile e devastante problema: aveva perso l’ipod. Una tragedia disumana che aveva reso la giovane una gallina starnazzante incrociata con una scimmia urlatrice, che sputacchiava nel microfono frasi sconnesse e petulanti.
”Mamma, se non trovi subito il mio lettore, la faccio finita, lo avevo appena caricato con un sacco di MP3 troppo fighi, ci ho messo sei giorni a scaricarli! C’erano anche i live. No, dico, non so se te-ne-rendi-conto!” – sbraitava Azzurra su tutte le furie – ”vai subito a vedere se è rimasto in macchina stamattina quando mi hai accompagnato tu, o faccio veramente un gesto bruttissimo! Capito mami? Mami? Mami? Mi sentiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii?”
La povera donna, senza nemmeno finire di bere il caffè e macchiandosi clamorosamente il tailleur tinta pastello, era corsa nel parcheggio degli insegnanti e aveva cominciato a rovistare tra sedili, cartacce, cappotti e tutta la gran confusione che regnava nel suo abitacolo, frutto delle angherie dei suoi tre figli e del cane Poldo, un mastino più irrispettoso dei suoi stessi pargoli, in grado di riempire in pochi minuti la macchina di peli e bava.
Dopo cinque minuti di delirio totale, la prof aveva trovato l’agognato oggetto dei desideri di sua figlia nello sportellino laterale posteriore, infilato in un pacchetto finito di patatine al bacon, e si era precipitata a ritelefonarle e tranquillizzarla.
”L’ho trovato, l’ho trovato! Ora fa la brava e rientra a scuola che stasera mamma te lo porta sano e salvo!”
Dopodiché, trafelata, la donna era corsa in classe, in III B, per la sua lezione di antologia e si era accorta solo una volta seduta e dopo aver rimproverato ripetutamente i ragazzi per la loro indisciplinatezza, che non era passata a prendere il registro in sala professori… ma qui, dal suo personale cassetto, rigorosamente chiuso con una piccola chiave che portava nel taschino della giacca appuntata ad una vecchia spilla, il testimone di tante brutti voti e note di demerito era clamorosamente sparito, volatilizzato.
L’allarme era stato così diffuso immediatamente e tutta la scuola si domandava con una mal celata preoccupazione cosa sarebbe successo.
Qualcuno cominciò a buttare lì dei nomi di possibili incriminati, l’aria si fece pesante, volarono insulti e qualche scappellotto tra ragazzi, mentre la preside entrava nella sua infinita ed inarrestabile paranoia senza freno.
Alex, dopo qualche minuto di incertezza, si era fatto avanti e aveva cominciato a ricostruire le ultime ore della vittima, ovvero la povera Nerelli che, seduta in un angolo accanto ad una grossa pianta di ficus Benjamin, singhiozzava delusa e ferita e angustiata per le reazioni inconsulte della preside.
Qualche domanda, uno schemino approntato su un pezzo di carta e qualche anonima soffiata aveva spinto Alex a prendere da parte la Nerelli ed invitarla a tornare alla sua fedele Fiat Panda Super, color ”azzurrino senza speranza”.
Ed eccolo lì, sotto il sedile smangiucchiato, giaceva il caro, vecchio registro.
La Nerelli tirò un sospiro di sollievo, baciò ed abbracciò Alex e tornò mestamente dalla preside, bofonchiando una scusa poco plausibile e non ben comprensibile, ma senza dire proprio tutta la verità sulla sua sbadataggine.
Alex, del resto, per solidarietà verso quella poverina che doveva sopportare le angherie di tre figli intollerabili, non tradì la fiducia della prof e tenne per sé dove fosse finito davvero quel tanto ricercato registro.

Alex oggi è compiaciuto di andare al planetario, il suo ”senso speciale”, quello che viene denominato sesto dai giallisti e scrittori di un certo tipo, gli fa pensare che sarà una giornata particolare.
Appena arrivati davanti all’antico palazzo liberty e al suo bel giardino il pullman, con qualche veloce manovra, parcheggia e i ragazzi rumorosi cominciano a scendere a piccoli gruppi saltellanti. Sono più o meno una settantina, accompagnati da cinque insegnanti tra cui la sopracitata Nerelli.
Con un’imbarazzante scompostezza, i ragazzi entrano dalla grande reception e vengono invitati a formare due file, prima di venire accolti dietro un grande tendone blu di velluto che ospita una prima, emozionante, visione dello spazio.
Angela è vicino ad Alex e gli sussurra all’orecchio un pettegolezzo su Edo e Paola. Le trecce rossicce e una manciata di efelidi le conferiscono un aspetto birichino e furbetto, mentre le gambe lunghe e slanciate dentro i pantacollant verde bottiglia mettono in evidenza la sua flessuosità da ballerina classica (sono infatti già parecchi anni che Angela si dedica a studiare danza, con impegno e tanta fatica, sognando di volteggiare in qualche teatro). La sua inconfondibile erre moscia rende tutto quello che dice sempre allegro e divertente, particolarmente frizzante.
Edo, dall’altra parte della sala, sgranocchia qualcosa e lancia sguardi di intesa a Paola. è un ragazzo un pò in carne, sornione, gioca a pallone e non smette mai di fare battute molto sagaci ma è un gran timidone e da anni è, innamorato, neanche poi tanto segretamente dato che lo sanno quasi tutti, di Paola.
Paola, detta Pippi, ha un sorriso meraviglioso e delle simpatiche fossette sulle guance, capelli castano mossi che raccoglie con un’immancabile mollettone rosso ed un amore sconfinato per i jeans a vita bassa, che porta aderentissimi e con sgargianti scarpe da tennis.
È molto brava a scuola e questo ogni tanto le crea qualche problema dato che viene chiamata impunemente ”secchiona” per quanto in realtà lei studi relativamente poco.
Marco e Alessia sono invece fratello e sorella. Alessia ha un caschetto bruno e dei grandissimi occhi verdi, è piccolina di statura ma ha un carattere molto deciso e forte che la porta spesso a sembrare leggermente ”capitano” ma che le regala anche un grande spirito organizzatore.
Marco, più riservato e meno vigoroso della sorella, è un ragazzino magro e alto che sembra un giunco oscillante, sui suoi lunghi piedi affondate nelle scarpe da basket. Da grande vorrebbe fare il musicista e sta prendendo lezioni di batteria. Lessy e Marco sono famosi a scuola perché il loro papà guida i treni superveloci delle ferrovie dello Stato, le famose frecce delle Alpi.
Un giorno con la classe sono stati su uno di quei treni, una signorina molto gentile ha dato loro salatini e bibite e poi hanno fatto un breve tratto ad alta velocità ma i ragazzi sono rimasti un pò delusi, nessuno si è accorto di quando andasse forte il treno o forse effettivamente non era poi questa gran freccia.

Le luci si abbassano e parte una musica da film di fantascienza. Su un mega schermo vengono proiettate immagini dello spazio più profondo e per un attimo i ragazzi si sentono quasi supereroi in missione: quella sì che è una sensazione di grande rapidità, di viaggio a tutta birra, di ultra dinamicità.
Vedere scorrere le stelle e fette di cielo nero dal punto di vista di un meteorite significa davvero schizzare come saette.
La voce guida femminile e dolce racconta di strani fenomeni atmosferici e inclinazioni dell’asse terrestre, di intensità stellare, di asteroidi, di galassie, di gravità, di come funziona il sistema solare, di che cos’è la velocità della luce, di composti chimici e delle possibilità che esista vita su altri pianeti.
Alex ci pensa. Sarebbe bello se in qualche posto del cosmo esistesse qualche altra popolazione con dei ragazzi come lui, magari fisicamente molto diversi, interessanti, stimolanti e con facoltà particolari. Chissà quante cose potrebbero insegnarsi a vicenda, quante prospettive nuove lui e i suoi amici potrebbero scoprire e quanti fantastici viaggi intraprendere, insieme ai quei nuovi compagni. Chissà quale tecnologia sensazionale ed avanzata potrebbero aver sviluppato gli alieni, magari sul loro pianeta non esiste malattia, dolore, guerra…

Sopra la testa dei ragazzi è una volta celeste sconfinata più di quella che si possa vedere in pieno agosto al mare, uno spettacolo da perdere il fiato che va oltre tanti effetti preconfezionati di tanti film americani.
Angela è davvero affascinata e rapita e per qualche attimo desidera buttarsi dentro quello schermo e capire se è capace di volare davvero. Socchiude le braccia e resta in attesa, leggera, quasi senza peso come se non esistesse più la gravità. Le sembra che una strana forza la abbracci e la culli dolcemente, portandola via.
Edo ha smesso di ruminare e si sta concentrando sugli anelli di Saturno. Lo hanno sempre affascinato un sacco e gli sembra davvero una cosa troppo ganza quel pianeta tondo e così strano. Chissà se ci si può giocare a calcio su quegli anelli… forse no ma è bello immaginarlo.
Paola pensa che da grande forse farà la stilista e disegnerà abiti ed accessori pieni di luccichii fatti apposta per andare in giro la notte e brillare a chilometri di distanza, abbagliando tutti.
I due fratelli si scambiano gomitate e commenti sotto lo sguardo scocciato di Lamberti, il prof di fisica che i due fratelli davvero non li sopporta granché, anche quando non fanno nulla di male. Del resto non si applicano abbastanza secondo lui e sono sempre lì a pensare uno alla musica e quell’altra a scarabocchiare modelli o a sognare di fare l’attrice (sue seconda grande passione). Lessy, in effetti, l’avevano anche presa per uno spot dei biscotti ai cereali quando aveva cinque anni, per quella sua faccetta particolare e simpatica. Purtroppo, durante le riprese aveva rotto due scodelle, lanciato un sacco di biscotti in giro, infilato un dito nell’occhio dell’assistente regia e picchiato una bambina bionda saccente e insopportabile che sembrava la figlia della Barbie, quindi era stata sostituita dalla stessa piccola biondina detestabile.

Alex sente uno strano calore vicino a lui e vede una specie di raggio verde, probabilmente un effetto creato da qualche particolare luce, che rende la programmazione ancora più emozionante. Si gira e non scorge più Angela.
Forse è andata in bagno o ha raggiunto una delle sue amiche. La cerca un pò tra la folla di teste che ondeggiano ammaliate, ma non la vede.
La proiezione continua poi le luci pian piano si riaccendono e i ragazzi vengono fatti passare in un’altra sala. Qui enormi riproduzioni dei pianeti troneggiano lungo il percorso: grandissime sfere con crateri, colori più o meno accesi, piccoli laghi dipinti, anelli, satelliti.
I ragazzi camminano accanto alla Luna, Venere e Plutone, come giganti che si sono impossessati dello spazio, e osservano, scrutano, commentano.
Alex prende qualche appunto per la sua tesina poi raggiunge Edo.
”Hai mica visto Angela?” – gli chiede.
”Uellà zio, come va?” – risponde l’amico un pò goffo, dentro il suo giubbotto bombato – ”no non la vedo da un pò… sarà andata a scattare qualche foto con le altre”.
La Nerelli arriva come una folata di vento improvvisa, seguita dalla Marenghi, prof di matematica, e con la sua vocina dimessa, invita Edo e Alex a proseguire. Mizzega che ansiose!

La mattinata prosegue tra schiamazzi, lezioni di astrologia, panini e caramelle alla frutta, poi arriva l’ora di radunare gli alunni e di riprendere posto sul pullman.
Allevi – Arzani – Bellini – Butelli – Buzzini, inizia l’appello, i ragazzi passano in rassegna come soldatini e vanno pian piano a sedersi.
”Tarioli. Tarioli? Angela dov’è?” – la Nerelli si guarda attorno, chiede a qualche compagna poi spinge un’altra professoressa ad andare dentro a dare un occhio.
”Com’è che Angela si perde sempre? Dov’è in bagno a truccarsi?” – la Nerelli comincia a dare segni di evidente fastidio.
La professoressa torna scuotendo le spalle e facendo segno di no, la ragazza non è nell’edificio. Cominciano i problemi.
Alex la chiama sul cellulare: staccato.
Alessia torna nei bagni e Paola perlustra il giardino. Qualche professore esce sulla via principale e si avvicina al sottopasso della metropolitana.
Il tempo passa, Angela non si trova.
Inizialmente i professori sono un pò scocciati, poi diventano gradualmente sempre più inquieti. È una bella rogna quando un alunno non si trova. Si perde un sacco di tempo e poi si scopre che era a farsi i fatti suoi da qualche parte. Ma se poi non si trova come il registro della Nerelli?
All’Ignazio Silone di Sognate non è mai successo che un ragazzo si perdesse. Che rimanesse chiuso una giornata nei gabinetti bloccati a scuola, che durante la gita a Parigi sbagliasse la metropolitana o che fosse beccato al bar durante l’ora di biologia sì, ma che ad un certo punto scomparisse non era mai accaduto.
La Nerelli comincia a cambiare colore: assume tutte le sfumature del rosso-arancione, le mani cominciano a sudarle in maniera imbarazzante e la voce le si fa ancora più sottile.
Dopo due ore in cui l’intero planetario è stato rivoltato come un calzino, tremando come una foglia, la professoressa avvisa la preside dell’increscioso accaduto.
La preside ovviamente si accende come una miccia, comincia il conto alla rovescia per l’auto implosione. Arrancando comincia a dare qualche disposizione dall’altro capo del telefono.
Dopo circa un’altra ora passata nell’attesa e nelle imprecazioni più varie, dopo altre cento telefonate sul cellulare di Angela e altre inutili ricerche, viene avvisata la polizia.
Sgommando un’auto impantanata con a bordo quattro agenti frena nel cortile schizzando ghiaia addosso ai ragazzi.
Scendono uno dietro l’altro, impostati e scuri in volto.
”Sono il vice commissario Allegroni” – scandisce uno dei quattro, piccolo, tarchiatello e con una barba da orsacchiotto di peluche, mentre tira fuori dal pacchetto una sigaretta e l’avvicina al mento. ”raccontatemi cosa è successo e datemi le generalità della minore.”
Cala il silenzio.