Luca Lo Presti: lettere di viaggio 22.02.2013

Non voglio apparire nostalgico o raccontarmi come io sia un anziano signore anche se i capelli bianchi oramai superano per numero quelli neri ma ricordo viaggi dove lo spazio tra Milano e Roma richiedeva una prenotazione in cuccetta e la notte profumava di caciotta e salame accompagnati da un fiasco di rosso.

Sono in treno, partito alle 17.00 da Milano cenero’ a Roma in orario perfetto per un settentrionale alle 20.00. Il profumo di formaggio e’ sostituito da qualche salatino e il fiasco da una mezza naturale temperatura ambiente. Uomini e donne hanno il volto illuminato non dalla compagnia ma dalle loro tavolette elettroniche e le conversazioni divengono tutte virtuali. Per rasserenarmi osservo lo sbattere di ciglia e questo mi conferma che sono vivi! E’ la fotografia di un Italia che cambia e l’evolvere di italiani che si adattano ai tempi senza accorgersi che viviamo nei racconti degli Urania che leggevamo non molti anni fa. Da allora abbiamo vissuto l’epoca dei capelli lunghi dei sognatori, l’austerity delle domeniche a piedi, lo yuppismo e i paninari. Dopo di loro e’ arrivata tangentopoli e la seconda repubblica ma il vero cambiamento lo ha segnato l’11 settembre con la caduta delle torri gemelle. Credevamo di aver visto tutto ma la guerra economica che stiamo vivendo ci fa più paura dei talebani. In questo scenario tra tecnologia ed economia ci approcciamo al voto senza sapere esattamente chi siamo e cosa vogliamo. Vestiamo abiti da yuppi ma abbiamo il conto in rosso. Leggiamo giornali di finanza ma li approcciamo come fossero l’oroscopo di Branco e ci apprestiamo a votare uomini che ci hanno raccontato di aver partecipato allo zecchino d’oro o di aver passato del tempo piacevole con la nipote di un capo di stato. Uomini che non hanno carisma oppure ne hanno troppo e riescono a riempire le piazze parlando del nulla. Ma chi siamo noi che viaggiamo in questo treno gli uni vicini agli altri senza guardarci in faccia. Cosa vogliamo noi che viviamo della luce riflessa dai tablet ma neanche troppo in fondo all’animo amiamo il profumo del minestrone?

Questi i pensieri che mi passano nella mente mentre viaggio da Milano verso Roma. Pensieri forse animati dal fatto che, guardando fuori dal finestrino, vedo campi imbiancati dalla neve attraversati da strade dove le luci gialle delle auto mi ricordano il Natale e scorgo un Italia che ha tutte le caratteristiche per essere autentica. Tento di fotografare questo paesaggio ma l’immagine che risulta più evidente e’ la mia riflessa dal finestrino. Vedo il volto di un cinquantenne con i capelli brizzolati ma lunghi segno che quel sogno non si e’ spento. Il volto di un uomo che crede che un giorno potremo svegliarci al mattino senza che si sappia di guerre o si ascolti di spred. Un mondo dove la prima notizia annunciata dai giornali radio la mattina dica di persone che costruiscono vita onesta per il presente guardando al futuro.
Non voglio sembrare un romantico o ancor peggio un nostalgico, non lo sono. Mi piace viaggiare su treni veloci e impiegare poco tempo per attraversare l’Italia ma mi auguro davvero di cuore che, domenica, andando a votare, lasciamo a casa le tavolette luminose, prendiamo per mano i nostri figli e, per loro, recuperiamo quegli aspetti umanistici da tanti bistrattati perché considerati inutili ma che trovo indispensabili perché l’uomo ritorni al centro della vita e non sia più ai margini dell’economia. Solo con questo pensiero riusciremo ad individuare quella che potrebbe essere la strada giusta per ricominciare a costruire un mondo senza paura di guardare al futuro, un mondo che non dovrà’ essere guidato dall’uomo che verrà eletto e dalla squadra che lui sceglierà ma da tutti noi che responsabilmente e con spirito pluralista dovremo percorrere immaginando che i sogni si possano tramutare in segni e che la parola impossibile non esista.

Le tavolette si spengono, i corpi si rianimano, siamo arrivati.

Buona serata a tutti