Decaloghi della didattica #3 A cura di Leontina Sorrentino.

Quali vantaggi personali possono derivare dalla conoscenza dell’arte?
In cosa può giovarci raccontare storie di opere e di movimenti?

Ai nostri figli arrivano sensazioni che non abbiamo mai provato?

Durante le mie Conversazioni sull’arte, momenti in cui racconto agli adulti possibili strade per parlare di arte ai bambini, invito sempre a sperimentare in prima persona quello che andremo poi a proporre. Per tanti motivi, ma il principale è che esiste sempre un gap tra il pensiero e l’azione. E che per far scoprire attraverso l’“esperienza” occorre sporcarsi le mani. L’arte, in tutte le sue declinazioni e forme, contiene tutte le opportunità utili per la crescita culturale, personale e civile di ciascuno. Occorre affidarcisi e lasciarsi andare.
10 buoni motivi per imparare ad amare l’arte:
1- DIVERTIRSI AD IMMAGINARE
Non ci riflettiamo abbastanza, ma sempre meno ci concediamo del tempo da dedicare alla cura della nostra immaginazione. Quei voli della mente considerati sempre inutili o, peggio, deleteri. Proiettare se stessi in una dimensione altra, futuribile, emancipa dall’ancoraggio a terra considerato, erroneamente, meno problematico del volo. 

2- SCOPRIRE POSSIBILI PROIEZIONI DELLA REALTA’.
Lo sguardo dell’artista non è altro che una possibile interpretazione de
lla realtà. I dati degli eventi sono filtrati dalla sensibilità soggettiva influenzata dal contingente che passa, inesorabilmente, attraverso un preciso momento storico. Osservare criticamente questo caleidoscopio di punti di vista serve a farsi un idea del totale.

3- NUTRIRE UN PENSIERO AUTONOMO.
Conoscere direttamente le cose aiuta a formarsi una propria opinione, anche guidate o vincolate da quelle altri. Mettendo in relazione causa ed effetti, eventi e reazioni, conoscenze e luoghi comuni. Credo più ad un testo, un manifesto, un pensiero dell’artista che non all’analisi di un critico. Meno ci arrivano filtrate le informazioni più possibilità abbiamo di non uniformarci a cose che, magari, neanche condividiamo.

4- ACCRESCERE L’AUTOSTIMA
Il confronto, diretto o indiretto, con le vicende che ci circoncidano, ci spinge a riconoscere la nostra posizione e a credere che le nostre idee abbiamo lo stesso valore di quelle degli altri. Portare avanti la ricerca ed esprimere la propria personalità aumenta l’autostima, in maniera proporzionale alla libertà che concediamo a noi stessi di sbagliare.

5- AMMIRARE LE DIVERSITA’
L’arte si esprime in forme infinite. Attraverso difficoltà, medium, volti, determinazioni sconosciute. E’ espressione di culture, tradizioni, sensibilità provenienti da ogni dove. Avere la possibilità di conoscere ciò che è differente da noi, ci aiuta a collocare e gestire timori, paure, ansie. Un po’ come dire che non si può apprezzare ciò che si ignora.

6- ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE
Accogliere l’altro fortifica la propria posizione anche socialmente. La propensione all’intercultura è figlia della tolleranza. La flessibilità deriva dalla interrelazione. La crescita si nutre di contaminazioni. La creatività è una voce della complessità. Quella che non spaventa, ma alimenta determinazione, competenze e felicità.

7- LEGGERE I CAMBIAMENTI
L’informazione acquisisce un ruolo considerevole se la si contestualizza. E’ il mettere in relazione le nostre conoscenze che le accresce, le chiarisce e le spinge a superare imiti per familiarizzare con probabili orizzonti. Arrivare al nocciolo dell’attualità (passata o presente) facendo comparazioni tra le opere: un po’ come confrontare diverse testate giornalistiche o andare dritti alla fonte.

8- CREDERE NELLE PROPRIE POTENZIALITA’
Talvolta scoprire storie lontane che ci sembrano romanzi e capire come, invece, abbiano dato inizio a vicende rivoluzionare, consente una nuda riflessione.
Svelare i miti in cui è avvolta l’Arte offre una visione ‘umana’ del talento, del successo e del destino. Insinuare il dubbio che investire sui propri talenti possa valerne la pena e dare frutti oltre lo sperato.

9- VIVERE COSCIENTEMENTE
Il fatto che un opera ci sconvolga, ci piaccia, ci indigni, ci rapisca, ci irriti, ci stimoli in qualche modo, è una buona anticamera per risvegliare sensi, rivedere pregiudizi, cambiare opinione. Guardare attentamente e reagire responsabilmente in merito agli input esterni e alle proprie ideologie.

10- SCOPRIRSI STUPITI
Oltre a tutti i messaggi che è in grado di veicolare l’Arte, ce n’è uno che cerco sempre di esaltare: è il senso della meraviglia. L’arte mi stupisce sempre! Che sia un reperto della preistoria o un’opera video può contenere in sé elementi sintetici, tecnici, sensoriali, ironici notevoli. Coglierli migliora la vita.


Anche questi 10 motivi, come quelli degli articoli precedenti, sono degli spuntidi riflessione. A leggerli in maniera trasversale sembra che una vada in coppia con gli altri. Li trovo indissolubilmente collegati, quasi fossero 10 spicchi di un’unica sfera. Possono incontrare il vostro favore o meno. Possono essere nell’ordine che gli assegnereste anche voi, o essere completamente ribaltati.
Come un artista propongo una mia lettura della realtà, che investe l’arte di un valore globale e fondamentale.
Per la vita di ciascuno!

 

Decaloghi della didattica #2 A cura di Leontina Sorrentino.

A cosa serve l’Arte nella vita? Perché dovremmo spendere energie per insegnare ad apprezzare l’universo Arte con ‘annessi e connessi’? Ecco 10 buoni motivi per insegnare ad amare l’arte!

A lungo mi sono interrogata sull’opportunità o meno di dedicarsi ad un’attività che ha come fulcro un’idea che sembra vana e pretestuosa. Insegnare l’arte a chi serve? Concentrarsi su periodi, metodi, regole, scoperte quanto serve? Conoscere le vicende degli artisti, le filosofie dei movimenti, le interazioni sociali a cosa serve? A più di quanto uno possa immaginare! A ben guardare, l’interazione dell’arte con la nostra esistenza, è molto più concreta di quello che possa apparire. Si prende consapevolezza del proprio potenziale gradatamente. Fa bene alla qualità della vita e alle relazioni interpersonali fino a poter diventare un lavoro! A volte credo che il nostro Patrimonio culturale ci spaventi a tal punto, da non sapere come gestire la nostra tradizione, la nostra identità, le nostre eredità. Se vi sembro troppo filosofica, provate a leggere i motivi concreti che stimo legati all’insegnamento dell’arte. Sono solo alcuni, ciascuno ne potrebbe trovare ancora, tanti…almeno altri 10!

1-RIFLETTERE SUL PASSATO COGLIERE MECCANISMI GLOBALI.
Le opere d’arte ci offrono un aspetto variegato o multiforme della storia. Ci introducono ad un’analisi precisa e profonda, a volte molto emotiva a volte molto cinica.

2-INVESTIRE SUI PROPRI TALENTI.
Conoscere linguaggi diversi da quelli convenzionali porta a realizzare associazioni inconsuete, a sperimentare e a investire tempo ed energie su se stessi. Riconoscersi il diritto e trovare il coraggio di dare la propria ‘narrazione degli eventi’.

3- CONOSCERE E APPREZZARE I PATRIMONI DI OGNI CULTURA .
Le meraviglie del mondo sono infinite e sorprendenti. Ammirare e prendere coscienza dei Patrimoni degli altri Stati, grandi o piccoli che siano, ci invita alla tolleranza, all’apertura, alla condivisione. Alla gestione del contrasto.

4- SCOPRIRE EVOLUZIONI TECNICHE E STORIE DI UOMINI.
Le evoluzioni artistiche sono indissolubilmente legate alle evoluzioni scientifiche della società di riferimento! Le opere sono frutto di uomini, dei loro sforzi professionali e delle proprie storie personali.

5- COLTIVARE IMMAGINAZIONE E PERSEVERANZA.
Entrare in contatto con i generi artistici, di tutti i tempi, aiuta a stimolare la propria creatività e insegna che per arrivare ai risultati eccellenti occorrono esercizi, tentativi e dedizione.

6- IMPARARE A FARSI DOMANDE.
La molteplicità dei modi di vedere la realtà ci porta, inesorabilmente, a confrontarci con le nostre idee. Interrogarsi sui motivi di una scelta, anche non nostra, avvia contaminazioni che portano a nuove evoluzioni.

7- RELATIVIZZARE I MONENTI STORICI.
Gli artisti, assecondando mode, teorie e tendenze politiche o sociali, oppure avversandole, partecipano agli avvenimenti culturali contribuendo a formare l’opinione pubblica. L’arte investe la storia di una luce altra, che contribuisce a dare una visione complessiva.

8- UN MODO PER RIFLETTERE SU SE STESSI.
Riflettere sulle versioni degli artisti ci insegna anche qualcosa sulle nostre sensazioni, più o meno evidenti. Anche interrogarsi su quello che ci piace e quello che ci infastidisce vedere, serve a tarare le opinioni personali e ad alimentare sani dubbi intellettuali.

9- ATTIVARE LINK SOCIALI E CULTURALI.
Condividere, ascoltare, guardare modi differenti di interpretazione e di azione consente un’apertura culturale in grado, poi, di ben disporre verso nuove comunità. Entrare in contatto con visioni culturali differenti si può tradurre in relazioni personali con altre collettività, il tutto per un maggiore progresso sociale.

10- GIRARE IL MONDO IN UN BATTER DI CIGLIA.
L’arte ha questa caratteristica inconfondibile: è globale e locale nel medesimo tempo! È quello che racconta un artista, ovvero il mondo atavico che si porta dentro, anche frutto di condizioni e tradizioni del pezzo di mondo da cui arriva e che vuole rappresentare.

Nel prossimo articolo vi racconto i miei 10 buoni motivi per imparare ad amare l’arte.

Decaloghi della didattica. A cura di Leontina Sorrentino.

Decaloghi della didattica #1
Un laboratorio d’arte per bambini è sempre una bella esperienza? Quali sono gli errori più comuni che si commettono? Come influiscono sui bambini?

Quando si svolgono attività con i bambini occorre avere ben chiari gli obiettivi: ci stiamo occupando di loro (proponendo progetti adeguati e stimolanti) o stiamo lavorando per noi (preoccupandoci di far vedere quanto siamo bravi)? La differenza è abissale: si vede, si sente, si tocca. Ecco, secondo me, l’elenco delle azioni meno lodevoli, eppure diffuse, che limitano la relazione educativa.

Decalogo della cattiva prassi:
1- MORTIFICARE LA CREATIVITA’ dei bambini e delle bambine. Ovvero imporre la nostra visione (adulta e parziale) perché crediamo che sia la più corretta. Esperienza non è espressione!
2- UNIFORMARE I METODI, ovvero utilizzare sempre lo stesso modo di mediazione; fossilizzarsi su alcune tecniche per comodità, potenziare solo alcune attività a discapito di altre. Omologazione non è pluralità.
3- IGNORARE LE SOLLECITAZIONI spontanee che i bambini regalano durante un laboratorio. Con la convinzione che sia più opportuno terminare un lavoro che non soddisfare improvvise curiosità. Eludere risposte non elimina domande.
4- RELEGARE LA MANUALITA’ a puro passatempo. Ovvero non riconoscere alle attività pratiche significati e valenze che vanno ben al di là del farli ‘pasticciare’. Le mani sono veicolo di conoscenza!
5- ALZARE LA VOCE PER FARSI ASCOLTARE. Ovvero incentrare il rapporto su una direttrice verticale up- down. Ascoltare perché devo e non perché voglio. La fiducia che creiamo con i bambini è frutto di conquista, non di diritto! L’attenzione non va imposta!
6- SOTTOSTIMARE L’INTELLIGENZA dei bambini. Ovvero dichiarare a parole grandi valori pedagogici, ma di fatto comportarsi senza preoccuparsi di farla emergere. L’autostima come cura di sé!
7- GIUDICARE GLI ERRORI. Ovvero emettere valutazioni negative qualunque sbaglio, senza soffermarsi sul processo che lo ha prodotto, rafforzando l’idea che ‘meno errori fai più sei bravo’! Sbagliando si impara!
8- ASSECONDARE LE PAURE. Ovvero sostituirsi al bambino in qualunque fase critica incontri (sia pratica che cognitiva) incidendo sull’insicurezza, che cresce, nel non saper fare qualcosa. Spronare all’autonomia!
9- METTERE FRETTA. Ovvero proporre un lavoro inadeguato al tempo stabilito e poi riversare sui bambini la responsabilità di non concludere. Anche l’incompiuto ha valore!
10- MOSTRARE SOLO UN LATO DELLE COSE. La parzialità è importante per soffermarsi sui dettagli, ma la visione d’insieme ci chiarisce percorso e idee. Le letture a più livelli stimolano il pensiero!
Tutte facce di uno stesso approccio
Se penso a questo decalogo penso a 10 cose concatenate tra loro. Come radici intrecciate di un albero. A ragionare a fondo vedremo che questi enunciati non viaggiano mai da soli.
Mortifica la creatività chi sottostima l’intelligenza uniformando i metodi…
Alza la voce chi mette fretta e giudica gli errori fomentando paure… Deride la manualità che ha una visione parziale e non raccoglie gli spunti che emergono dagli interventi dei bambini…così andando possono essere fatti infiniti diversi abbinamenti.
Sono tutti indizi di un dichiarato atteggiamento negativo, con orientamento limitante e spesso controproducente.
Mutare l’approccio, proporre uno stesso concetto sotto una luce positiva piuttosto che evidenziare solo gli aspetti normativi, porta a cambiamenti di resa notevoli. Come note di uno spartito, a secondo dell’ordine e degli accordi viene fuori una musica diversa.

Educare all’arte: un lento agire. A cura di Leontina Sorrentino.

Perché la lentezza non è più un valore? È possibile interessare dei bambini per più di 1 ora parlando d’arte? Cosa ci guadagniamo a soffermarci sui particolari?

In un sistema sempre più frenetico e in una società in cui persone, mezzi e immagini sono votate alla “velocità” è facile farsi prendere la mano. Ovvero aumentare il passo senza neanche rendersene conto.
Il tempo di laboratori didattici (nei musei, nelle scuole, negli eventi) viene sempre più ridotto. Si consolida la pratica di mediare informazioni complesse in una sola ora di lavoro con i bambini. Considero un errore pretendere di esaurire un argomento sull’arte – di qualunque natura esso sia- in un tempo così esiguo. Un laboratorio non è solo un momento di trasmissione di informazioni, ma un luogo di incontro e di scambio, in cui valorizzare anche la sfera relazionale.

Chi va piano resta indietro?
Esistono dei momenti, delle fasi, delle attività in cui non arrivare per primi al traguardo non è sinonimo di sconfitta! Raccogliamo suggestioni differenti a seconda della velocità a cui viaggiamo. Maggiormente ci soffermiamo su un’opera d’arte, più elementi singoli cogliamo, più interconnessioni siamo in grado di attivare!
A volte mi è stato contestato quest’approccio ‘statico’, in cui invito i bambini a soffermarsi anche i più piccoli particolari attraverso semplici osservazioni. Perché i tempi di attenzione dei bambini sono ridotti e se non arrivano in fretta al punto rischiamo di perderli. Il che può essere vero. Ma è anche vero che, se mi occupo di didattica, ho il compito di proporre visioni alternative al quotidiano. L’imperativo di offrire pluralità di sguardi su un mondo che è come ci appare, ma anche il suo contrario. Dobbiamo smettere di trasmettere un messaggio forviante: la lentezza non è necessariamente ritardo.

È una questione di attenzione
I bambini e le bambine di oggi sono, senza dubbio, proiettati ad un dinamismo maggiore rispetto alle generazioni passate. Ma questo non esclude che una buona pratica dell’osservazione, dell’ascolto, della valutazione e della sedimentazione dell’informazione non sia utile anche a questa generazione.
I bambini si annoiano quando non provano interesse. Se riusciamo a scandire il tempo del nostro laboratorio dando ritmi, differenziati a seconda delle attività e delle competenze che chiediamo loro di mettere in campo, eviteremo il problema della caduta di attenzione dopo i fatidici 30/40 minuti.

Vedere a lungo per capire a fondo
Senza allargare il discorso e allargarmi ad altri ambiti educativi, resto nel mio campo: la didattica dell’arte. È stato dimostrato che mediamente, per esempio durante una visita museale, le opere vengono guardate per pochi secondi. Per contrastare queste tendenze se attivano altre. Lo #SlowArtDay, per esempio, nasce come evento internazionale che invita invece a soffermarsi su un opera almeno 10 minuti. Quello che si vede soffermando lo sguardo per più tempo è differente da quello che si vede sorvolando l’immagine. Gli artisti operano, cercano, indagano materia, sensazioni, contenuti. Invitare a ‘sostare’ davanti ad un’opera è il promo passo per conoscerla. La prima mediazione culturale appartiene solo allo sguardo che si vi posa. Poi arriva il resto: le parole, le storie, le teorie.
Arte è sguardo d’insieme, ma anche dettaglio. Badare alle minuzie è una scelta che si porta dietro degli effetti. La visione d’insieme è indispensabile per collocare i particolari; per seguire il progetto; per visualizzare l’idea. Analizzare i pezzi del puzzle è un sistema per scoprire i codici che sottendono il tutto; per capire le possibili declinazioni; per afferrare sensi più o meno reconditi.

Opere come frattali
Per arrivare a cogliere i diversi livelli di lettura di un’opera, prima di una preparazione storica artistica occorre tempo per indagare. Esplorare le forme che ci regala l’artista; cogliere le sensazioni che ci suscita; comprendere rimandi culturali;
Un’opera non è mai un blocco monolitico. Ma un caleidoscopio di realtà che coesistono in un’unità formale. La possiamo ammirare nel suo intero o provare a scomporla in sottoinsiemi, che a loro volta ci rimandano ad altri significati e forme che a loro volta ci suggeriscono nuovi link, verosimili e parziali, dunque personali. Uno degli scopi della conoscenza dell’arte è questo: accogliere visioni non nostre per evolvere in possibili direzioni.

La didattica di Peter Pan. A cura di Leontina Sorrentino.

Come si reagisce alla noia? Cosa accade se chiediamo agli adulti di fare le esperienze che proponiamo ai bambini? Quali risposte vengono emergono?

Simulazione: facciamo finta di aver portato i bambini al museo e di essere nel bel mezzo di una visita guidata ad ascoltare le solite spiegazioni riguardo un’opera. Riusciranno i bambini a tenere l’attenzione per più di 20 minuti? Si distrarranno pensando ad altre cose? Avranno una voglia matta di scappare? Si sentiranno a proprio agio in quell’ambiente? Alzi la mano chi non ha mai provato queste stesse sensazioni anche da adulto. L’unica differenza è che l’adulto maschera molto meglio, talvolta improvvisando addirittura domande che dimostrino interesse, mentre il bambino non riesce a nascondere nulla!
Ma chi ha ragione? E’ così sbagliato essere annoiato davanti a delle cose che ci sembrano noiose? La risposta è no, non è sbagliato: è naturale. Le opere d’arte conservate nei nostri musei, i siti archeologici, le raccolte, le case storiche, tutto quanto attiene al nostro Patrimonio presenta numerose caratteristiche, talvolta complesse da divulgare. Per veicolare informazioni di diversa natura occorrono dei sistemi comunicativi accattivanti e interattivi. Ne esistono adeguati per le varie età di riferimento, ma la cosiddetta modalità ludica è valida per tutti i target. Il gioco inteso non come intrattenimento, né come competizione. Ma come scoperta, come strumento per un percorso educativo.
E’ un sistema che funziona con i bambini, perché non si propone anche agli adulti? Per attirare l’attenzione dei bambini durante una visita al museo si propongono delle attività mirate e consecutive. Per esempio si invitano i bambini a cercare un particolare all’interno di una grande tela per stuzzicare la curiosità, si creano dei collegamenti con la vita reale per ben disporre all’ascolto, si propongono attività manipolative o operative per rafforzare l’apprendimento. Mi sono detta che sarebbe stato più divertente e più proficuo utilizzare la stessa modalità anche con gli adulti.
Quando incontro degli adulti io propongo le stesse cose che faccio fare ai bambini, nutro con maggiori parole la griglia di riferimento, nel senso che spiego le teorie e il percorso che sottendono il mio operato, ma: modifico lo spazio formale, accorcio le distanze, sovverto i punti di partenza e quelli di arrivo, do da fare gli stessi giochi che preparo per i bambini. E in effetti, negli anni, mi sono trovata davanti tante risposte differenti. C’è chi alla proposta di eseguire qualcosa di manuale si è schernito dietro un “Io non so disegnare”. C’è chi non ha voluto sedersi a terra per provare un punto di vista differente. C’è chi fatto fatica a toccare materiali naturali. C’è chi si è divertito e chi ha storto il naso.
Da piccoli facciamo fatica a capire il punto di vista dei grandi e da adulti perdiamo il punto di vista dei bambini. Mettere in comunicazione questi estremi potrebbe aiutarci a vivere appieno alcune esperienze che etichettiamo come infantili. I modi e le strade della didattica dell’arte percorribili sono molteplici e con infinite sfumature. Nella progettazione considero sempre il target per cui sto lavorando ma, nei dovuti modi e nelle opportune condizioni, mi piace mischiare un po’ le carte. Se queste aiutano a porsi in maniera rilassata e ricettiva verso i temi e generi dell’arte. Il come ciascuno di noi reagisce alle sollecitazioni, che normalmente riserviamo ai bambini, è tutto da scoprire.

Vietato toccare! Vietato non toccare! A cura di Leontina Sorrentino

Qual è il metodo migliore per insegnare l’arte ai bambini? I bambini la pensano come noi? Cosa occorre curare quando progettiamo un laboratorio didattico?

“State indietro, fate silenzio. NON TOCCATE!” OPPURE: “Venite avanti. Ditemelo voi. Taccate!” Ecco due approcci di apprendimento completamente diversi! Il primo come una lezione frontale: il docente parla, l’alunno ascolta senza una reale possibilità di replica. Il secondo come uno una lezione interattiva: l’adulto accompagna il bambino attraverso un percorso fatto di scambi. Non sono qui per fare una classifica dell’approccio migliore, essendo convinta che l’efficacia del metodo dipenda dalla coerenza, dalla preparazione e dalla predisposizione di chi lo applica.
Ci può essere un metodo frontale che centra gli obiettivi educativi e uno interattivo che non funziona, tanto per intenderci. Dove per funzionamento mi riferisco potere comunicativo e al valore formativo, alla capacità di attivare stimoli! Parliamo invece di cose pratiche come ci impone questa rubrica. I bambini sono sottoposti a tantissime sollecitazioni, in qualunque ambiente si ritrovino sono invitati a rispettare regole differenti. In classe chiediamo che abbiano una certa condotta, li portiamo al museo e chiediamo un altro modello di comportamento, in biblioteca e durante i laboratori un altro ancora. In ogni occasione un contegno adeguato non solo all’ambiente, ma anche all’adulto di riferimento, sia esso maestro, educatore, operatore, bibliotecario e via andare. Non solo. In ciascuno delle situazioni in cui li esponiamo pretendiamo che siano al massimo, che mostrino il loro smalto e che non ci facciano fare brutta figura. Senza generalizzare eccessivamente facciamo l’esempio di quando portiamo i bambini in musei, a mostre o li iscriviamo per partecipare a laboratori didattici. Se l’attività è divertente – per noi- ci chiediamo perché il bambino non si diverte. Se l’argomento è interessante –per noi- ci domandiamo perché il bambino non stia attento. Se l’operatore di riferimento è simpatico-a noi- ci meravigliamo che il bambino si annoi.


Ma cosa succede se ci mettiamo nei panni del bambino? Proviamo a valutare alcuni punti che impattano sulle reazioni dei bambini che vivono per la prima volta un’esperienza didattica.
1- Ambiente: quasi sempre, mai visto prima e che a seconda degli spazi può intimorire, essere scomodo, non leggibile.
2- Metodo: probabilmente diverso rispetto a quello cui si è abituati, con modalità non sempre coerenti agli obiettivi dichiarati.
3- Tempo: quasi mai adeguato alle attività proposte, troppo breve o troppo lungo, stimolando a seconda sensazioni di ansia o di noia.
4- Approccio: il personale non sempre riesce a creare un clima frendly kids, sottovalutando, talvolta, accoglienza e feedback.

Considero queste quattro variabili fondamentali. Occorre creare un contesto familiare e gradevole per far vivere un’esperienza proficua ai nostri piccoli utenti. Se invece, in due ore di tempo, accolgo i bambini in un ambiente poco identificabile, propongo un metodo confuso e sorvolo sul momento che dovrebbe creare empatia con l’operatore, non posso avere pretese di alcun genere! Se voglio risposte brillanti e creative, devo costruire le condizioni per farle emergere. Non meravigliamoci, allora, se i bambini danno risposte pigre a certe sollecitazioni. La causa è da ricercare negli stimoli che gli sono stati lanciati e nella chiarezza con cui è stato chiesto di lavorare.

Amare l’Arte? Come andare in Bicicletta. A cura di Leontina Sorrentino

Come possiamo sensibilizzare i nostri bambini all’arte? Come scegliere un’attività laboratoriale? Cosa dobbiamo valutare in un contesto educativo?

Tutto si può imparare. Ogni cosa si può conoscere, studiare, approfondire. I bambini crescendo acquisiscono abilità e competenze proporzionate all’età, alle opportunità, alle predisposizioni. Prima imparano a gattonare, poi a stare in piedi, a tenere l’equilibrio finché non iniziano a correre, saltare e fare mille acrobazie. Ciascuno scopre e coltiva interessi, passioni, talenti. Alcune di queste attività (come quelle fisiche) vengono coltivate e incrementate con la crescita. Mentre le attività didattiche e manipolative spesso si associano all’infanzia. L’idea di ritagliare, colorare, osservare, ‘stare’ non è utile solo quando si hanno meno di 6 anni. Né devono essere sostitutive dallo sport o dal cinema quando i bambini da infanti si fanno ragazzi. Posso coesistere come funzionali ad un completamento formativo utile e divertente anche da grandi. Ad ogni età è possibile avvicinarsi all’universo dell’arte e lasciarsi affascinare da sempre nuove e sorprendenti scoperte. Prima si comincia, meglio si lavora. Non per plasmare tanti potenziali artisti, quanto per sensibilizzare la persona alla storia, al gusto, ad una identità che da secoli ci appartiene. Ci si può avvicinare all’arte in tanti modi e a diversi livelli. Non per forza dobbiamo essere travolti dalla passione, quantomeno per familiarizzare con i codici, accettare la diversità di visioni e la pluralità di messaggi, per conoscere e per emozionarsi.
Imparare ad amare l’arte è come imparare ad andare in bicicletta!
Cosa occorre per imparare ad andare in bicicletta? Voglia di giocare, desiderio di conquista, esercizio per stare in equilibrio, perseveranza quando si cade. I genitori sono stati affianco ai propri figli sorreggendoli, incitandoli e consolando i fallimenti. Quanti adulti hanno insegnato ad un bambino ad andare in bicicletta pur non essendo campione di ciclismo!
Lo stesso principio vale per l’arte! Non occorre essere dei critici o degli storici dell’arte per insegnare ad amare l’arte. Occorre desiderio di conoscenza, esercizi di osservazione, perseveranza (se si rimane delusi da quello a cui partecipiamo) e la stessa voglia di giocare! La curiosità quando ci si approccia, continuità durante la crescita e esperienze multiple garantiscono la stimolazione di una sfera che collega continuamente l’individuo con il suo esterno, con un ritorno sotto forma di stimoli, associazioni, emozioni e conoscenza.

Uno degli esercizi che meglio giovano alla confidenza che possiamo creare con il mondo dell’arte è la FREQUENTAZIONE. A musei, siti, biblioteche, laboratori, eventi associazioni, escursioni, visite guidate…tutto quanto concerne il mondo culturale. Non solo laboratori tematici, ma anche passeggiate all’aria aperta (organizzate e non), piuttosto che la lettura di libri per bambini su artisti e storie di collezioni, o semplicemente andare alla ricerca su internet., insieme ai bambini, di informazioni su sculture, artisti e quant’altro Perché tutto ciò che non conosciamo non sia un limite che ci allontana da un settore, ma il pretesto per aprire nuove porte.

Un laboratorio è fatto bene se…
Sono convinta che il buon giorno si veda dal mattino. Sono convinta è possibile avere il sentore di quello che possiamo o non possiamo aspettarci da un laboratorio o da un attività per bambini relativa all’arte. Dipende da tante cose, prima durante e dopo lo svolgimento! Al di là dello slogan pubblicitario, al di là del luogo in cui viene fatto, esistono piccoli indicatori per una sommaria (prima) e precisa (dopo) valutazione dell’attività proposta. Per esempio da come viene:
– Descritta ( Quali parole sono messe in evidenza e se sono personalizzate o sembra di averla già letta e già sentita molte altre volte)
– Pubblicizzata (Quali canali vengono utilizzati e se funzione il passaparola ci garantiamo una testimonianza diretta)
– Organizzata (Qual è la struttura dell’intervento, i materiali, la gestione degli spazi, se e come favoriscono la partecipazione)
– Vissuta (Quale reazione del bambino ai diversi stimoli, dipende dal carattere, se si riesce ad attivare un livello di empatia rilassata e produttiva)
– Percepita (Quale clima si viene a creare, indice di attenzione a dettagli che sembrano invisibili, però si avvertono)
– Ricordata (Quale sensazione ed esperienza si porta dietro un bambino, o il suo accompagnatore, se lascia una scia e un desiderio di tornare).
Fondamentale è l’apporto dell’operatore che veicola il messaggio. Un laboratorio può prendere anche una strada diversa da quella progettata e rimanere, qualitativamente, di alto livello. Mentre può svolgersi per filo e per segno rispetto a come lo si era immaginato e rimanere di basso profilo.
Nel contesto educativo metto sempre al primo posto la relazione diretta che si costruisce con il bambino: se questo agisce, interagisce, e sorride, vorrà dire che la sua attenzione è catturata. Se, invece, si annoia i motivi possono essere diversi. Ma difficilmente è colpa dell’Arte!

La valorizzazione del bambino e del suo lavoro. A cura di Leontina Sorrentino.

Che cosa è importante in un laboratorio sull’arte per bambini? Perché valorizzare i lavori dei bambini?

Oltre all’attività manuale, ci sono altri momenti ugualmente importanti da curare nell’incontro con i più piccoli.
Alcuni termini sono usati come slogan ma spesso si dimentica il reale significato, più che semantico, evocativo. Si fa un gran parlare intorno alla Valorizzazione dei Beni Culturali Italiani, atto dovuto ad un Patrimonio inestimabile di cui siamo eredi e testimoni. Anche la Valorizzazione, come il Rispetto e la Creatività, è frutto di un percorso educativo. È una pratica che va presentata, coltivata e consolidata. Pensare a quanto ciascuno di noi realmente si dedichi a ‘valorizzare’ il lavoro proprio o quello degli altri nella quotidianità, ci darà la misura della questione. Nella valutazione di un lavoro, ci si concentra sugli errori da superare, sulle singole criticità emerse, ma raramente dedichiamo la stessa attenzione ad elogiare gli aspetti positivi che, inevitabilmente, accompagnano gli errori.
Quanto tempo dedichiamo a ‘fare aumentare di valore’ i lavori eseguiti dai bambini con cui lavoriamo? Quanto spazio riserviamo al ‘fare con le mani’ e quanto all’analisi critica, ovvero descrizione, ovvero racconto da parte del bambino di ciò che ha realizzato?

Io immagino il LABORATORIO come un segmento suddiviso in tre macro-aree: accoglienza, lavoro manuale, restituzione.

Accoglienza
Il tipo di accoglienza che riserviamo ai bambini prima di un laboratorio determina l’andamento dell’intera attività. L’accoglienza, rappresenta il momento del passaggio del bambino dalla mano dei genitori alla nostra. Il primo contatto in qualunque relazione è quello che ci influenza e che ci colpisce. Poi sarà difficile cambiare idea. L’accoglienza come primo contatto non solo umano tra operatore e bambini (fondamentale per sviluppare l’empatia necessaria per avviare un lavoro libero e fruttuoso) ma che stabilisce cosa possiamo chiedere l’uno all’altro. L’accoglienza avviene attraverso la presentazione propria e dei bambini.

Attività Manuale
E’ la parte riservata alla sperimentazione, libera e guidata, di tecniche su percorsi selezionati e pensati appositamente per le fasce di età coinvolte. È il momento in cui proponiamo, attraverso materiali diversi, un’esplorazione pratica su un dato tema, che può essere sensoriale e cognitiva, individuale o di gruppo. Il quanto il bambino si senta libero di esprimersi e di interagire con noi, ci farà capire il tipo di relazione che si è costruita: più si sente a proprio agio, più un bambino osa, più si sente libero di creare.

Restituzione
E’ la parte conclusiva del percorso. Per me è fondamentale. È il momento in cui un bambino espone la propria opera agli altri, in cui può raccontarla, commentarla o solo mostrarla. Questa operazione consente di formalizzare, codificare, illustrare le proprie scelte attraverso un atto ‘critico’ inteso come analisi, non come giudizio. Un lavoro assume connotati diversi quando lo si trasporta dalla sfera personale (lavoro del bambino) a quella pubblica (esposizione collettiva), necessita di un linguaggio suppletivo. Esponendo diamo valore all’opera e al suo piccolo creatore, che riconosce in essa il proprio estro e la propria identità.

Un laboratorio non serve solo a creare con le mani e a far trascorrere due ore di divertimento ai bambini. Un laboratorio, impostato con i criteri della didattica, attiva delle abilità, rafforza delle competenze sia pratiche, che emotive che relazionali. Attraverso un percorso che parla di arte è possibile incentivare l’espressività individuale in tutte le sue forme. La didattica dell’arte prevede percorsi per far conoscere artisti, generi, movimenti, metodi, tecniche, ma influisce sull’esplorazione del proprio microcosmo e sulla scoperta delle proprie preferenze. Con il tempo influenza il personale gusto estetico (che diventa quello dominante e collettivo) e determina la ricerca di un approccio personale e l’ottimizzazione del proprio metodo.
Il fattore tempo in un laboratorio è sempre determinante. So bene che spesso i committenti (per questioni di denaro, di organizzazione e di logistica) chiedono percorsi che durano anche solo un ora. Tuttavia, pur avendo a disposizione un tempo minimo possono essere lo stesso rispettati, in maniera esauriente, l’aspetto dell’accoglienza e quello della valorizzazione dei lavori finali. Perché non rappresentano un orpello al lavoro manuale, ma, insieme ad esso, ne figurano l’essenza.

L’arte da sfogliare. A cura di Leontina Sorrentino.

Quali sono i metodi per parlare di arte ai bambini? Che ruolo può avere l’adulto? Perché è importante personalizzare le esperienze?

Spesso mi viene fatta questa domanda: come si avvicinano i bambini all’arte? Si possono avvicinare in diversi modi, si può parlare di arte a differenti livelli, si possono scegliere argomenti e tagli infiniti. Per alcune cose è necessario l’aiuto di un esperto, ma per altre basta una buona dose di curiosità e la voglia di condividere un momento insieme ai nostri bambini. Occorre partire a piccoli passi, coinvolgere se stessi ed essere disposti a sperimentare. Dove per ‘sperimentazione’ non intendo solo utilizzare tecniche impegnandosi in qualcosa di manuale, attività che tanto piace ai bambini (vedi articolo precedente). Ma anche avere il coraggio di superare la convinzione che vede l’arte come un argomento che dà soggezione e da cui è meglio stare alla larga per non fare ‘brutta’ figura.

L’arte di attirare all’arte
Se voglio avvicinare qualcuno, per esempio ad una vetrina, occorre che io sia in una posizione favorevole e contigua rispetto alla vetrina. Per tendergli la mano e attiralo, per cominciare a illustrargli dettagli che non vede o sensazioni che non riesce a provare se ne rimane lontano. Se siamo distanti entrambi diventa difficile convincere che quello a cui ci avviciniamo è davvero così bello come affermo. La stessa cosa vale per l’arte. Per affacciarmi alla vetrina dell’arte, non devo essere per forza un esperto. Il punto di partenza non è la competenza ma la curiosità! Gli approfondimenti ‘tecnici’, arriveranno in un secondo momento! Esistono tanti modi per suscitare interesse: esistono i giochi, la drammatizzazione, l’enigmistica, la narrazione, la manualità e molto ancora. L’efficacia risiede nel connubio di questi elementi. Per essere incisivi bisogna contaminare generi e situazioni: l’immagine si può guardare, ma si può anche raccontare, si può reiventare, si può manipolare, la si può far parlare. Uno dei miei preferiti sistemi preferiti per avvicinare i bambini all’arte è sfogliare insieme a loro cataloghi di mostre.

Libri per una comunicazione emozionale
Il libro è un oggetto magico. È un oggetto magico per come è fatto, per le immagini o le parole che contiene, per il senso di intimità che riesce a creare quando ci si siede uno accanto all’altro, per l’atmosfera per produce una voce che narra a orecchie che ascoltano.
Se un bambino gioca con un libro che è particolarmente malridotto, con pagine strappate, con piccoli disegni sopra, con la copertina scucita…cosa vuol dire? Che ci è affezionato! Più amiamo un libro più lo consumiamo. Un libro di compagnia, di viaggio, di passione, di rifugio, di avventura. Meno amiamo un libro più ne stiamo alla larga, più rimane nuovo. Sfogliare libri d’arte (come cataloghi, manuali, monografie) dove ci sono tante immagini, rappresenta un primo contatto con un universo sconosciuto ai più piccoli. Può essere il pretesto per conoscere grandi opere, ma anche collezioni minori. Guardare un dipinto, una statua o una architettura ci consente di commentare innanzitutto quello che vediamo – che cosa è? Mi piace? Cosa ti ricorda? Cosa ci racconta?-. Conoscere le informazioni sulle opere e sugli artisti, o sul movimento di appartenenza non è una priorità. Non in questa fase. Esistono dei testi di arte a prezzo democratico, acquistiamoli e diamoli ai bambini. Facciamoglieli toccare, sfogliare, anche piegare le pagine. Sarà un modo per far entrare nel loro mondo pluralità soggetti e di rappresentazioni. Sarà l’occasione per discutere su come cambiano le forme di rappresentare nel tempo, o di quello che potremmo andare a vedere nel Museo vicino casa. Saremo impressionati dalle suggestioni che danno le opere e dei riferimenti anche a lungo temine che saranno in grado di attivare i bambini.
Poi esistono pubblicazioni molto interessanti sull’arte nell’editoria per l’infanzia, ma di questo argomento parlerò altro momento.

Lavorando coi bambini definiamo noi stessi
Grazie a questa semplice attività con i bambini avremo modo di esplorare anche noi argomenti, generi, autori (conosciuti o sconosciuti) per approfondire il nostro rapporto con l’arte. A seconda dell’età del bambino, con cui condividiamo l’esperienza, e della nostra sensibilità sceglieremo le opere da sottoporgli e da fargli tenere sotto occhio e sotto mano. Personalizzare un percorso da presentare ai nostri bambini è un altro piccolo passo verso quella passione e quella educazione all’arte: piacevole a breve termine, interessante per il medio termine e funzionale per il lungo termine.

Dalla teoria (dei Colori) alla pratica. A cura di Leontina Sorrentino.

Come si può parlare di arte con i bambini?

Solo facendogli vedere le opere o portandoli nei Musei? Farli “pasticciare” con i colori è la prima lezione sull’arte.
La teoria dei colori ci introduce al significato di colori primari, secondari, terziari, al concetto di sintesi additiva e sottrattiva e molto altro. Interessante fatta al momento giusto! Se vogliamo affascinare i bambini, anche molto piccoli, e regalargli un alone di magia, procuriamoci la goccia di uno di quei vecchi lampadari e, accostandolo alla finestra, facciamo osservare quello che compare. Come la scena di un datato film in cui la piccola Pollyanna, aprendo le tende di una finestra lega tutti i prismi di una lampada, creando un magnifico arcobaleno sulla parete della camera. Parlare di arte ai bambini non vuol dire fargli vedere dipinti, sculture, siti archeologici. Raccontargli la vita, le date, i movimenti. O meglio non vuol dire solo questo! Parlare di arte ai bambini vuol dire introdurli in un mondo fatto di persone, di immagini si, ma anche di materiali, di colori, di tecnica, di errori, di tentativi, di scoperte. E’ un pretesto per mettersi in contatto con se stessi e con gli altri. E’ un’occasione per esplorare, per provarsi e per riflettere! Facciamoli familiarizzare con le varie tecniche, non per farne degli artisti, ma per lasciarli esprimere graficamente e non solo verbalmente. Proponiamo loro frequentemente un certo tipo di attività, non solo due volte l’anno portandoli ad un laboratorio didattico.
Pennarelli, cere e pastelli, tempere, gessi, carboncini, acquerelli, inchiostri. Proviamo ad usarli a casa con i nostri bambini! Vi sembra un’impresa titanica? Ecco l’elenco degli inconvenienti più ricorrenti, delle tecniche più comuni, e come arginare i danni con pochi piccoli gesti preventivi.

Acquerelli
Rischi: rovesciare l’acqua sul tavolo e bucare il foglio.
Rimedi: Utilizzare i fogli spessi e ruvidi (specifici per l’acquerello), oppure i più comuni cartoncini lisci. Per evitare il problema dell’acqua utilizzare ciotoline o piatti di carta riempiti a metà. Se i bambini sono più di uno mettere più di un contenitore con l’acqua dove intingere il pennello, meno incroci si fanno con le braccia meno possibilità c’è di rovesciarli.

Tempere
Rischi: Alta probabilità di sporcare mani, vestiti e ambente circostante. Immergere il pennello da un colore all’altro uniforma le tinte rendendole grigie.
Rimedi: circoscrivere l’angolo di un tavolo rivestendolo con una tovaglia in plastica o con del giornale fermato con lo scotch. Infilare addosso al bambino/a un grembiule o una maglia vecchia per proteggere i vestiti e tirare indietro le maniche. Mettere piccole quantità di tempera in contenitori bassi e larghi. Poi per eliminare il problema di mischiare i colori, usare un pennello diverso per ciascun colore.

Cere/Pastelli ad olio
Rischi: sfregare produce piccoli “trucioli” che si attaccano e si impastano creando piccole macchie con spessore.
Rimedi: lavorare con attenzione e utilizzare i vari residui per il disegno, controllare di non avere “truciolini” attaccati ai vestiti per evitare di portarli in giro.

Inchiostri
Rischi: macchiano mani e i vestiti (in maniera indelebile) ed essendo liquidi c’è difficoltà a governarli. Si possono usare pennini, pennelli o aerografo.
Rimedi: Proteggersi con grembiuli plastificati e con tele cerate per il tavolo. Utilizzare poco inchiostro alla volta per evitare, in caso si rovesci, di perderlo tutto.

Gessi
Rischi: producono polvere e non sono stabili, la maggior parte delle volte il disegno col tempo si perde, la durata dipende anche dal supporto su cui lo eseguiamo.
Rimedi: Ci sono gessi prodotti a posta per bambini che producono poca polvere. Per l’altro rischio esistono dei fissativi da usare con delle mascherine protettive.

Carboncino
Rischi: si sporcano le mani di nero e si rischia di lasciare impronte ovunque. Se si usano sotto forma di gessi o bastoncini rischiano di spezzarsi.
Rimedi: Tenere delle salviette imbevute o un tovagliolo bagnato, appena finito si tamponano le mani per eliminare il grosso del nero. Poi si lavano le mani. Dare ai bambini la

Pennarelli
Il tipo di colore più familiare in assoluto per i bambini. Si usano a scuola, a casa, in viaggio. Perché non hanno controindicazioni particolari. Sono comodi da trasportare, rapidi da utilizzare e sporcano poco, se non le mani dei bambini che basta sfregare energicamente col sapone, o lavare due volte non consecutive.

Matite colorate
Le matite si spezzano spesso le punte visto che i bambini li spingono forte sul foglio, in questo caso temperare la matita senza fare la punta…che punge!

Ci sono tecniche che presentano meno rischi rispetto alle altre, ma per tutte esistono piccoli accorgimenti che, se adottati, possono rendere l’esperienza molto appagante. Per gli adulti perché sentono di avere sotto controllo la situazione e per i bambini che vivono un momento sereno e creativo. Questo non vuol dire che non ci saranno incidenti!!!! Ma che saremo pronti per affrontarli.
Il come utilizzare questi colori e le sperimentazioni che si possono fare sono un’altra storia!

Leontina Sorrentino

 www.didatticaartebambini.it

I diritti dei bambini all’arte e alla cultura. A cura di Leontina Sorrentino.

Sapevate che esiste una Carta dei Diritti dei bambini all’arte e alla cultura?

Come nasce? Che cos’è? Ecco tutte le informazioni, gli articoli e il perché fa bene leggerla.

“Noi commettiamo molti sbagli e molti errori, ma il più grande delitto che possiamo commettere è quello di trascurare i bambini, la nostra fonte di vita. Molte cose di cui abbiamo bisogno possono aspettare. Il bambino non può aspettare. Ad ogni istante che passa le sue ossa si formano, si forma il suo sangue, si sviluppano i suoi sensi. A lui non possiamo rispondere ‘domani’. Il suo nome è ‘oggi’” G.Mistral

La Carta dei Diritti dei Bambini all’Arte e alla Cultura nasce nel 2009 da un’idea di Testoni Ragazzi-La Baracca ed è l’esempio riuscito di una politica bottom-up. Il progetto è durato due anni ed ha coinvolto educatori, genitori, dirigenti scolastici, insegnanti, ovvero persone che quotidianamente lavorano e si interfacciano con bambini e ragazzi si confrontano su temi e questioni fondamentali. E’ emerso un documento tanto valido da ottenere riconoscimenti formali dalle più alte cariche istituzionali sia italiane che europee. 18 sono gli articoli contenuti. 22 gli illustratori coinvolti. 30 gli anni da cui il gruppo promotore si occupa di teatro per l’infanzia e per la gioventù. E 27 sono le lingue in cui è stata tradotta. Ogni articolo enuncia un principio semplice ma non scontato, indica una via democratica, che rispetta le pluralità, che focalizza l’attenzione su temi vitali, che stigmatizza principi universali, che concerta posizioni differenti. Vale davvero la pena approfondire l’argomento, perché tanto ci si può ancora lavorare – come affermano nella prefazione gli stessi promotori – ma senza dubbio quanto dichiarato è insindacabile. Molti intellettuali, artisti, scrittori e personalità hanno aderito alla Carta dei Diritti dei Bambini all’Arte e alla Cultura. L’iniziativa continua ad essere in atto e, sul sito dedicato. Qualunque cittadino ha la possibilità di avallare il documento sottoscrivendolo. Io l’ho fatto. Perché ciascun bambino ha i suoi diritti, anche in tema di arte e di cultura.

 

 

OGNI BAMBINO HA DIRITTO:
1. Ad avvicinarsi all’arte, in tutte le sue forme: teatro, musica, danza, letteratura, poesia, cinema, arti visuali e multimediali.
2. A sperimentare i linguaggi artistici in quanto anch’essi “saperi fondamentali”
3. A essere parte di processi artistici che nutrano la loro intelligenza emotiva e li aiutino a sviluppare, in modo armonico, sensibilità e competenze.
4. A sviluppare, attraverso il rapporto con le arti, l’intelligenza corporea, semantica, iconica.
5. A godere di prodotti artistici di qualità, creati per loro appositamente da professionisti, nel rispetto delle diverse età.
6. Ad avere un rapporto con l’arte e la cultura senza essere trattati da “consumatori”, ma da “soggetti” competenti e sensibili.
7. A frequentare le istituzioni artistiche e culturali della città, sia con la famiglia che con la scuola, per scoprire e vivere ciò che il territorio offre.
8. A partecipare a eventi artistici e culturali con continuità, e non saltuariamente, durante la loro vita scolastica e prescolastica.
9. A condividere con la famiglia il piacere di un’esperienza artistica.
10. Ad avere un sistema integrato tra scuola e istituzioni artistiche e culturali, perché solo un’osmosi continua può offrire una cultura viva.
11. A frequentare musei, teatri, biblioteche, cinema, e altri luoghi di cultura e di spettacolo, insieme ai propri compagni di scuola.
12. A vivere esperienze artistiche e culturali accompagnati dai propri insegnanti, quali mediatori necessari per sostenere e valorizzare le loro percezioni.
13. A una cultura laica, nel rispetto di ogni identità e differenza.
14. All’integrazione, se migranti, attraverso la conoscenza e la condivisione del patrimonio artistico e culturale della comunità in cui vivono.
15. A progetti artistici e culturali pensati nella considerazione delle diverse età.
16. A luoghi ideati e strutturati per accoglierli nelle loro diverse età.
17. A frequentare una scuola che sia reale via d’accesso a una cultura diffusa e pubblica.
18. A poter partecipare alle proposte artistiche e culturali della città indipendentemente dalle condizioni sociali ed economiche di appartenenza, perché tutti i bambini hanno diritto all’arte e alla cultura.

Perché leggere la Carta dei Diritti dei Bambini all’Arte e alla Cultura:

– Riconosce ai bambini una dimensione privilegiata e fattiva ponendoli al centro della fruizione e dell’agire culturale.
– Ogni articolo enunciato fa riflettere sfociando su questioni etiche, di opportunità operative o culturali.
– Ha un formato quadrato, una grafica chiara e lineare con pagine sufficientemente grandi per godere delle splendide opere degli illustratori partecipanti
– E’ un esempio di progetto che parte e si afferma dal basso e poi viene riconosciuta dai vertici istituzionali.
– Impone dei sani interrogativi sul ruolo dell’adulto come educatore e sulle opportunità che possiamo creare per agevolare un certo tipo di esperienze.
– E’ bello da guardare anche insieme ai bambini per usarlo come pretesto per confrontarsi, scambiarsi opinioni e dialogare.
– Ispira immagini suggestive che si possono sottoporre all’attenzione dei bambini e provare a ricrearne di proprie.

Leontina Sorrentino

www.didatticaartebambini.it

 

 

Arte e Bambini: storia di un’ amicizia possibile. A cura di Leontina Sorrentino.

Che cosa è la didattica dell’arte per bambini? Perché dovremmo occuparcene? quali vantaggi reali potrebbe portare ai nostri figli?

La didattica dell’arte ( http://www.livinglikeamom.com/larte-e-i-bambini-consigli-pratici-e-didattica/ ) è una strategia che mettere in campo accorgimenti, sistemi, modalità per facilitare l’apprendimento dell’arte. Una procedura che organizza azioni, mirate e consequenziali, finalizzate ad un certo tipo di conoscenza. Se facciamo didattica dobbiamo tenere conto, per esempio, del contesto in cui si apprende, della relazione docente-discente, del ruolo attivo del bambino nella sua stessa educazione , della metodologia ludica (termine un po’ abusato) e narrativa.

L’operatore didattico non sviluppa solo un laboratorio (o visita interattiva o altro tipo di percorso), ma struttura fortemente la parte iniziale (identificazione di obiettivi) e finale (verifica raggiungimento obiettivi) della sua proposta, documenta e rielabora il proprio lavoro per ottimizzarlo. Il capostipite di tutto quello che vedete rapidamente evolversi intorno a noi, rispetto alla didattica museale, è Bruno Munari ( http://www.brunomunari.it/index2.htm ), che negli anni ’70, dello scorso secolo, sperimentava il primo laboratorio museale per bambini a Brera.

Perché educare i bambini all’arte ? Perché è importante (http://www.tafterjournal.it/2013/02/04/arte-e-infanzia-limportanza-dellarte-nello-sviluppo-del-bambino/)! Per l’aspetto cognitivo ed emotivo, per la socializzazione, per sviluppare l’autonomia, per attivare connessioni tra le cose e nel tempo, perché l’arte fa parte delle nostre radici e tradizioni, per coltivare interessi, per scoprire se stessi, per capire altri punti di vista, perché la conoscenza di aneddoti e tecniche stimola la creatività, perché è divertente, perché forma un cittadino consapevole, perché ci aiuta a sviluppare senso critico ed estetico. E se tutto questo non bastasse, perché può essere un significativo momento di condivisione familiare. Visitare un museo o partecipare ad un laboratorio didattico, utilizzare alcune tecniche pittoriche o sfogliare il catalogo di una mostra, sono tutte attività che arricchiscono non solo i bambini e non solo nel campo artistico. Arte -Bambini è un binomio fantastico (per dirla alla Rodari). Allora perché parlare di arte per bambini agli adulti? Perché, anche senza volerlo, noi abbiamo il potere di inibire talune esuberanze che manifestano i bambini. L’arte è uno di quegli argomenti che, frequentemente, spaventa e intimidisce. Ho sentito tante persone raccontare il senso di disagio e di inadeguatezza su questi temi. Chiunque interagisca con i bambini ( ma questo è valido anche nelle comunicazione (http://www.comunicascuola.it/ainfo_articolo3.html ) tra adulti) trasmette più rapidamente e più efficacemente le cose che gli piacciono. E’ più facile tramandare una passione che un’avversione. E’ più facile lavorare con ciò che ci fa stare bene, che con quello che ci annoia. Inoltre, sempre prima, chiediamo ai bambini di abbandonare la fase esplorativa e sensoriale per quella cognitiva. Sempre meno spazio viene riservato al momento della conoscenza di sé anche attraverso l’uso di tecniche e attività manuali e manipolative, perché sporcano o creano confusione. Un nostro compito potrebbe essere quello di favorire il contatto con l’arte semplicemente come ponte verso un mondo nuovo, che neanche noi conosciamo tanto bene, accompagnando lo sviluppo ( http://www.iss.it/auti/?lang=1&id=400&tipo=32 istituto Superiore di Sanità) di piccole menti anche con la coscienza estetico-creativa. Si possono immaginare tanti tipi di attività legate all’arte e non occorre essere degli esperti per affrontare questa avventura, ma solo dei buoni compagni di viaggio! Nel bagaglio inserire sole 2 cose: il riconoscimento del valore educativo dell’arte e la voglia di giocare ! (http://www.slideshare.net/imartini/limportanza-del-gioco-nello-sviluppo-del-bambino )
Se sentite di poter fare vostre queste motivazioni siete gli adulti giusti per condividere un cammino che vi avvicini, insieme ai vostri bambini, allo sconosciuto pianeta degli artisti di tutti i tempi.

Che cosa faccio io? Progetto, conduco e sperimento laboratori sull’arte con bambini, a partire dai 3 anni. Nei miei lavori cerco di trattare con l’universo arte a 360 gradi! Mi piace considerare le opere d’arte come un ipertesto: una sorta di pagina internet dove a seconda di dove posizioni il cursore si attivano link differenti. Un dipinto, per esempio, è l’immagine che vediamo, il materiale di cui è composto, l’autore che lo ha eseguito, una storia commerciale, una superficie che si deteriora, un significato nascosto…Un dipinto si può raccontare come fosse una favola. Una statua può emozionare come fosse un film. Un’istallazione può sorprendere come fosse una magia. Un video artistico può divertire come fosse una barzelletta. Una fotografia può incuriosire come fosse un enigma! Insomma è tempo di ribaltare la concezione polverosa che abbiamo dell’arte e riscoprirne la bellezza, l’attualità e l’importanza.
Per avere un’esperienza appagante con attività laboratoriali, fuori o dentro i musei, conta: 1- la qualità del servizio che ci viene offerto, 2- la nostra predisposizione alla scoperta. Sul primo punto non possiamo incidere direttamente, ma sul secondo si. Basta porsi in ascolto.
Ringrazio ‘Il portale dei bambini’ per avermi dato spazio. In questa rubrica condividerò le mie esperienze, pratiche e collaudate, nel campo del binomio fantastico. L’amicizia tra arte e bambini non solo è innata, ma è possibile coltivarla per scoprire inaspettate evoluzioni!

Leontina Sorrentino – www.didatticaartebambini.it