Mio figlio non fa colazione…

Scrive una mamma preoccupata…

Buongiorno, mio figlio Simone, la mattina, non fa mai colazione. Sono un po’ preoccupata, perchè leggo sempre che si tratta di una pasto importantissimo.
E’ davvero così grave se la salta? Poi a scuola fa merenda
.
Marina”

Cara Marina, è vero, la colazione è uno dei pilastri di una buona educazione alimentare. Si tratta di dire al corpo, al risveglio, che siamo attivi, che gli daremo cibo buono e sano. Oggi si parla di “alimentazione di segnale”. E la colazione è uno dei più potenti, tra questi messaggi. E non solo per i ragazzi!

NON fare colazione significa
• attenzione, non c’è cibo! Impostare modalità “risparmio”
• abbassare livello energetico
• non potenziare risposta immunitaria
• risparmio calorico (e quindi spinta all’accumulo)

Invece, FARE COLAZIONE, significa
• buon introito nutrizionale e calorico! Impostare modalità “piena efficienza”
• buon livello energetico
• piena risposta immunitaria
• efficienti consumi calorici
Quindi, saltare la colazione (o farla troppo ridotta) costituisce un forte segnale di ingrassamento (vale soprattutto per gli adulti), o di carenza e spegnimento anche per il vivace metabolismo dei ragazzi. Fa sì che inizino la giornata come “sacchettini vuoti”, con maggiori difficoltà di concentrazione a scuola e li spinga poi, famelici, a merenda, con il rischio di buttarsi sul cibo spazzatura (patatine in sacchetto o bibite industriali).
Ecco invece qualche colazione che Simone può fare a casa, per costruire (anche gradualmente) una partenza veramente super, con:

 

Esempio 1
lattebiscottifruttacolazione

 

 

 

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Esempio 2
uovapanefragola

 

 

 

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Esempio 3
spremuta.jpgtoast

 

 

 

 

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Esempio 4
yogurt cereali.jpgcioccofrutta secca

 

 

 

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Buon appetito!

Antonella.

L’improvvisazione competente.

Quanta importanza hanno la scelta dei titoli dei laboratori?
C’è differenza tra attività che hanno un approccio interdisciplinare e quelle che non ce l’hanno?

Badiamo ad ogni aspetto: non fa bene accettare caramelle (= Laboratori) dagli sconosciuti (= incompetenti)!

La forma è sostanza
IMG_2438Generalmente non si dà molta importanza al nomi o ai titoli delle attività. Quello che conta sono i contenuti, ci ripetiamo. Personalmente attribuisco sempre tantissima importanza ai nomi: ai nomi dei bambini, ai nomi dei progetti, ai nomi dei laboratori. Sono identificativi. Sono parte integrante del lavoro, non una cosa secondaria su cui possiamo sorvolare.
I titoli sono simbolici, evocativi, funzionali. Lasciano intravedere il percorso fatto, il proprio punto di vista e il fine cui si tende. Il nome, come il titolo di un libro, rappresenta il un elemento in base al quale decidere di scegliere o meno di partecipare ad un incontro.
SAMSUNGL’arte ai bambini si passa meglio se siamo un gruppo di persone che lavorano per un unico obiettivo rimanendo però fedeli alle proprie caratteristiche professionali. Non uniformare i saperi, ma differenziare gli orientamenti per mostrare i punti di vista da cui è possibile osservare un’opera d’arte, conoscere un artista, analizzare un movimento, scoprire una tecnica!
Sono convinta che il buon giorno si veda dal mattino. Sono convinta è possibile avere il sentore di quello che possiamo o non possiamo aspettarci da un laboratorio. Dipende da tante cose, prima durante e dopo lo svolgimento!
Al di là dello slogan pubblicitario, al di là del luogo in cui viene fatto, esistono piccoli
indicatori per una sommaria valutazione dell’attività proposta. Per esempio da come viene:
1- Descritta
2- Pubblicizzata
3- Organizzata
4- Vissuta
5- Percepita
6- Ricordata

Fondamentale è l’apporto dell’operatore che veicola il messaggio. Un laboratorio può prendere anche una strada diversa da quella progettata e rimanere, qualitativamente, di alto livello. Mentre può svolgersi per filo e per segno rispetto a come lo si era immaginato e rimanere di basso profilo.

Improvvisare con sapienza
IMG_2627L’improvvisazione che raccoglie uno stimolo spontaneo, emerso durante un incontro con i bambini, è l’improvvisazione figlia della competenza. Quella che ti fa eseguire rapidi ragionamenti, che ti fa cogliere al balzo una frase, una parola e un commento che si trasforma in nuovo collegamento ad altre logiche!
Che si traduce in una nuova informazione lanciata nel contesto che attiva
nuove interconnessioni. Un sasso lanciato nello stagno, come diceva Rodari.

L’improvvisazione dovuta al disagio di non riuscire a gestire una domanda, un imprevisto o un inconveniente dà la misura dell’intera attività. Non perché non si possano commettere sbagli : attenzione! Ma perché anche l’errore svela e racconta quello che non si vede del metodo di lavoro, dell’approccio adottato, della preparazione posseduta.
SAMSUNGL’attenzione al dettaglio, poi, è l’ago della bilancia. Verso i partecipanti, ma anche verso chi li accompagna. Verso il tema scelto per il laboratorio, ma anche gli argomenti correlati. Verso l’attività manuale, ma anche i supporti informatici o video. L’esperienza indoor o outdoor. Non deve essere selezionato tutto insieme, ma va opportunamente, progettato il nostro intervento partendo dagli obiettivi generali e dal target di riferimento. Molti credono che si possa improvvisare con i bambini. Ed è vero! Solo se si è competenti però. Altrimenti si rischia grosso, in termini di immagine, di educazione o di gradimento. Come in tutti gli altri campi.
Leontina Sorrentino

GREENPEACE: in Africa piantagioni di palma da olio e caucciù minacciano l’habitat di grandi scimmie.

Alla vigilia della Giornata internazionale delle foreste – promossa per il 21 marzo dalle Nazioni Unite – Greenpeace torna a denunciare i pericoli che in Africa centrale corrono gli habitat di specie molto rare di primati, minacciati dall’espansione di piantagioni industriali.
Coastal Rainforest in Cameroon

Alcune immagini satellitari, in possesso di Greenpeace Africa, mostrano come più di 3 mila ettari di foresta pluviale al confine con la Riserva faunistica di Dja, nella regione Sud del Camerun, siano già stati distrutti per far spazio a coltivazioni di caucciù e olio di palma in concessione alla società cinese Hevea Sud. La riserva è patrimonio mondiale dell’UNESCO e ospita gorilla, scimpanzé e mandrilli.

Un’indagine condotta nello scorso mese di dicembre proprio da Greenpeace Africa ha inoltre rivelato che la società camerunense Azur sta puntando a convertire in piantagione di palma da olio una vasta area della fitta foresta nella regione Littoral ​del C​amerun. Gran parte di questa è adiacenMefou Sanctuaryte alla foresta di Ebo, dove dovrebbe essere istituito un parco nazionale e dove vivono numerosi mammiferi, come gli elefanti di foresta, e svariate specie di primati a rischio estinzione.

Tra questi, il drillo –Gorilla in National Park in Congo un esemplare di scimmia molto rara, che è possibile trovare soprattutto in Camerun – e la sottospecie di scimpanzé “Nigeria-Camerun”, uno dei primati più minacciati al mondo a causa della distruzione del suo habitat per disboscamento illegale, del bracconaggio, del commercio della carne di animali selvatici e degli effetti del cambiamento climatico.

Le concessioni ad aziende agroalimentari su scala industriale, spesso di proprietà estera, sono assegnate nell’Africa occidentale e centrale senza una vera e propria pianificazione territoriale. Ciò può causare conflitti sociali – quando la deforestazione avviene senza il preventivo consenso delle comunità locali – e può avere impatti molto negativi sulle specie in via di estinzione che appartengono a quell’ecosistema, dato che molte concessioni vanno ad accavallarsi in aree forestali ad alto valore di biodiversità.

Mefou SanctuaryIl bacino del Congo è la seconda area di foresta pluviale più vasta al mondo. Il suo ecosistema ricco e variegato fornisce cibo, acqua potabile, riparo e medicine per decine di milioni di persone. La conservazione di queste foreste è di vitale importanza nella lotta contro il cambiamento climatico. Ma l’area a rischio è in aumento, minacciata della crescente domanda globale di risorse, dalla corruzione e dalla scarsa applicazione della legge.

Guarda le immagini satellitari raccolte da Greenpeace Africa:

http://www.greenpeace.org/international/Global/international/documents/forests/2015/Cameroon-Hevea-Sud.pdfOil Palm Nursery in CameroonMefou SanctuaryOil Palm Nursery in Cameroon

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24 Beni Trattati Male.

Riguardo all’articolo dell’ospite del mese…
con logo3L’intervento del Prof. Piccioli sulla Valorizzazione apre argomenti e scenari tanto interessanti e attuali che meriterebbe un’analisi punto per punto di quanto, così causticamente, affrontato. In questa sede mi lascerò guidare dalla suggestione complessiva del suo articolo cercando di commentare le sollecitazioni che credo funzionali per la Valorizzazione in generale, in particolare per la didattica dell’arte e,nello specifico, rivolta ai bambini.
Le parole su cui mi soffermerò sono complessità, qualità e competitività. Termini uno di supporto all’altro, questioni consequenziali e connesse tra loro indissolubilmente.
Considerare, affrontare e potenziare una delle tre voci, in virtù delle altre due, rappresenta la formula vincente per la creazione di qualunque sistema di Valorizzazione del Patrimonio Culturale. Tuttavia…sono concetti che spaventano.
IMG_3720Per essere competitivi a livello internazionale occorre elevare i nostri standard quantitativi e qualitativi in termini di offerta, gestione e promozione. Questo presuppone un mutamento di visione che, a sua volta, determina un aumento esponenziale di complessità, che mette in crisi situazioni reali e stabilizzate –più o meno funzionanti- , ma anche competenze e ruoli consolidati. Perché tutto ciò possa compiersi è necessario riequilibrare l’intero complesso decisionale e operativo, optando per un approccio trasversale, globale, interdisciplinare, e per una pratica integrata, innovata, multimediale.
IMG_3729Attualmente esiste un grosso gap tra le istituzioni deputate alla cura del nostro patrimonio e i cittadini, tra gli enti di diffusione culturale e l’utenza, tra gli operatori e i visitatori. Quanti hanno idea di cosa voglia dire gestire un museo oppure condurre uno scavo archeologico o ancora occuparsi di un restauro? Sono molti di più quelli che sanno cosa occorre per sopravvivere su un’isola deserta o come risollevare le sorti di un ristorante. Manca un tassello di congiunzione, un ponte tra il potenziale che c’è in Italia e la sostanziale inadeguatezza politica che viene percepita a riguardo. Vanno risistemati i margini dell’indagine attraverso progetti di partecipazione e vanno rivalutati i termini sulla questione della fruizione consapevole e attiva. Allora la divulgazione, fase di un percorso articolato, capillare e impeccabile sia dal punto di vista scientifico sia creativo, diventa strumento di conoscenza reale, ma anche presupposto per una consapevolezza collettiva e adeguata alle nostre risorse culturali.
Eventi sporadici e mondani perdono la dimensione colloquiale che, a mio avviso, è fondamentale per una didattica efficace ; proponendo per bambini e ragazzi – solo a volte – belle attività, ma quasi sempre per un consumo fast & furious! E’ un atteggiamento insufficiente, dispendioso e talvolta dannoso. Necessita una pratica quotidiana in cui si diffondano concetti sulla tutela e sulla salvaguardia; in cui si discutano le evoluzioni storiche della nozione di Bene Culturale, e in cui si sperimentino (in aula, nei musei, per strada nei parchi, piazze), soprattutto per i più piccoli, sistemi di comunicazione innovativi e condivisi.
IMG_3663La didattica dell’arte deve entrare a pieno titolo ad essere una delle solenni declinazioni che afferiscono al nostro patrimonio. L’esperto del settore è l’elemento umano che interloquisce con il pubblico, l’interfaccia con l’utenza, colui che veicola obiettivi, contenuti e modalità stabiliti in altre sedi. In virtù di queste specifiche dovrebbe sedere al tavolo di concertazione e di individuazione di obiettivi e metodi al pari di architetti, restauratori, legislatori, storici, conservatori. Conoscere processi, difficoltà tecniche, finalità….aiuta ad essere competenti, preparati e credibili.
Ovvio che i problemi da superare sono grossi ed evidenti. Nessuno attribuisce alla didattica dell’arte un valore congruo alla reale importanza e nessuno ne ravvisa i risvolti potenziali. La didattica viene spesso associata ad un laboratorio che viene, di conseguenza, immaginato come un “attacco d’arte”. Questo comporta errori di valutazione che inibiscono e rallentano (per carenza di fondi, inadeguatezza di
personale e interventi non integrati) la crescita e l’espansione di questo settore che non riesce ad emanciparsi dall’etichetta grossolana di puro intrattenimento.
Eppure dosando bene cambiamento e memoria potremmo emanciparci dalle nostre remore e cominciare una politica di sensibilizzazione al nostro patrimonio, inteso anche come risorsa economica . Partendo dai bambini c’è la speranza che, in quanto futuri dirigenti, siano all’altezza delle sfide mondiali che il patrimonio italiano merita di poter accettare.

Infezione delle vie urinarie, una patologia che colpisce l’8% dei bambini.

La Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) presenta un progetto per pediatri e famiglie per affrontare un problema che colpisce oltre l’8% dei bambini sotto agli 8 anni.
Febbre, inappetenza o vomito? Anche la mamma potrà escludere infezioni molto comuni ma poco conosciute: parola dei pediatri.

Prende vita il progetto educazionale promosso da FIMP per i pediatri e lo sviluppo di leaflet informativi, con lo scopo di intervenire rapidamente ed efficacemente sul problema delle infezioni delle vie urinarie. E con una novità diagnostica di facile utilizzo per le mamme.

leafletIVU_1Succede sempre così: di fronte a febbre, vomito o inappetenza del piccolo la preoccupazione delle mamme è riconoscere i sintomi indicativi di malattie più preoccupanti delle banali forme influenzali . E se non fosse così evidente? Potrebbe trattarsi di un’infezione delle vie urinarie, una patologia che colpisce l’8% dei bambini, con un’incidenza
superiore nei primi anni di vita.
Le infezioni delle vie urinarie sono la causa più frequente di infezioni batteriche nei bambini dopo quelle delle vie respiratorie. Con valori differenti nelle varie età pediatriche si arriva a seconda delle statistiche a una frequenza anche dell’8%. Tale frequenza si accompagna, specie nei bambini più piccoli, alla presenza di segni e sintomi aspecifici, quali disappetenza, vomito, irritabilità, febbre, che dai genitori spesso sono visti come segni iniziali di malattie di altri apparati, ritardando il contatto col proprio pediatra e quindi una diagnosi che con un semplice e rapido esame delle urine potrebbe essere posta. L’importanza di una rapida e corretta diagnosi, e del conseguente rapido inizio del trattamento antibiotico, è molto importante per ridurre al massimo le possibili complicazioni sulla funzionalità renale che possono portare fin dall’età pediatrica a malattie urinarie croniche.
Tutte le linee guida raccomandano ad esempio che per il lattante febbrile sia fatta una analisi delle urine attraverso degli stick, per valutate la presenza di leucociti e/o nitriti quali indicatori di infezione. La semplicità del metodo di lettura si scontra però con la difficoltà della raccolta delle urine, e le normali procedure consigliate ( sacchetti adesivi, mitto diretto )creano frequentemente problemi di raccolta ai genitori. Tale difficoltà genera un disuso dell’esam ambulatoriale e il ricorso alle strutture ospedaliere con un grande onere di tempo ed economico sia dei pazienti sia
degli operatori sanitari.
I pediatri quindi vedono con molto favore tutte modalità che semplifichino la raccolta e permettano di arrivare ad una rapida diagnosi di infezione, quale un nuovo stick adesivo che, posizionato semplicemente sul pannolino, consente alle mamme di identificare segni indicativi di infezioni urinarie (attraverso il rilevamento dei valori di nitriti e/o leucociti nelle urine dei bambini) e in caso di esito positivo ricorrere precocemente al parere del proprio pediatra.

TENA_Carton_Box_120x220x25 KopieTENA, leader per competenze ed esperienze nell’ambito dell’incontinenza, raccoglie l’esigenza di lanciare un innovativo dispositivo medico per il riconoscimento rapido di infezioni urinarie (TENA U-Test), e supporta in modo non condizionante il progetto educativo “Mamma sto male, hai controllato la mia pipì?”
Tale progetto promosso da FIMP è a disposizione di tutti i pediatri della FIMP (circa 6000) che potranno ora usufruire sia di corsi formativi riconosciuti dal ministero (ECM) sia di quelli a distanza (FAD).

leafletIVU_2Il Progetto prevede, inoltre, un supporto per le famiglie che, grazie alla diffusione di un leaflet informativo predisposto dai pediatri, potranno conoscere in modo più approfondito le infezioni delle vie urinarie e approfondire eventuali sintomi sospetti nei propri figli sotto la guida costante del proprio pediatra di famiglia. Il materiale educativo contenuto nel leaflet sarà inoltre scaricabile da www.fimp.pro per avere sempre sottomano le 5 regole suggerite da FIMP
“Le infezioni urinarie sono facilmente curabili – spiega Giampietro Chiamenti, pediatra e Presidente Nazionale FIMP – ma, se trascurate, possono condurre a complicanze che si manifesteranno da adulti, quali ipertensione, gestosi e, nei casi più gravi, a insufficienze renali importanti, segnando l’intera vita di un paziente. Per una sintomatologia spesso silenziosa e complessa come quella legata a tali patologie, la diagnosi precoce si è dimostrata fondamentale.
Crediamo sia importante educare bene la famiglia a sospettare e riconoscere sintomi comuni in modo tempestivo invitando la mamma a tener monitorati alcuni “campanelli di allarme” (es. febbre, inappetenza, cattivo odore della pipì) consultandosi con il pediatra che potrebbe suggerire di fare una prima indagine sulle urine. Ecco perché abbiamo ideato anche un leaflet informativo che spiega la problematica e i 5 sintomi da monitorare.”
“Vogliamo lanciare quest’iniziativa anche a livello nazionale – precisa Chiamenti – che prosegue quella pilota dello scorso anno effettuata su 3 aree test, coinvolgendo oltre ai pediatri, le famiglie e i farmacisti”.

FUKUSHIMA: la contaminazione non si ferma.

Sono passati quattro anni dal disastro nucleare di Fukushima che si verificò l’11 marzo 2011, in seguito al maremoto e allo tsunami, con la fusione dei noccioli di tre reattori della centrale. L’incidente, come Greenpeace valutò per prima, venne classificato dall’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica) al grado 7, il massimo grado della scala, prima raggiunto solo dal disastro di Cernobyl.

Oltre 150 mila persone furono costrette ad abbandonare le loro case per sfuggire alla contaminazione radioattiva. Di queste, 120 mila persone non hanno ancora fatto ritorno a casa e il processo di decontaminazione sembra non aver fine, perché le montagne coperte di foreste e i fiumi rilasciano continuamente radioattività che raggiunge zone in precedenza decontaminate.

Residui radioattivi si trovano ora in 54 mila diversi siti all’interno della Prefettura di Fukushima, inclusi parcheggi e parchi pubblici. Le stime ufficiali parlano di 15-28 milioni di metri cubi di rifiuti
atomici.

Nonostante il progressivo arresto di tutti i 48 reattori giapponesi (che coprivano circa il 30 per cento della produzione elettrica) e sebbene non sia stato più prodotto un solo kilowattora da energia
nucleare negli ultimi 18 mesi, non si è mai registrato finora alcun blackout. Al contrario si è assistito a interventi massici di efficienza energetica e a un’espansione significativa delle
rinnovabili: dopo la Cina, il Giappone è stato il secondo Paese al mondo per installazione di pannelli fotovoltaici nel 2013 e l’efficienza energetica ha consentito una riduzione dei consumi energetici pari a quella prodotta da tredici reattori atomici.

Uno dei problemi maggiori a Fukushima oggi è il trattamento delle acque radioattive che vengono continuamente prodotte. L’azienda giapponese del nucleare, TEPCO, prevedeva di completare il trattamento
delle oltre 300 mila tonnellate di acqua contaminata entro questo mese di marzo, ma ora la scadenza è stata spostata a maggio. Ogni giorno occorrono 300 tonnellate d’acqua per raffreddare il nocciolo e il
combustibile fuso in tre reattori, che si aggiungono all’acqua da decontaminare. A questa quantità se ne aggiungono altre 3/400 di acque sotterranee che passano quotidianamente dal sito e si contaminano.

“Un’emergenza che si trova ora la TEPCO è quella di ridurre il volume d’acqua di falda che entra nel sito di Fukushima” spiega Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia. “L’idea che stanno
studiando i tecnici è di costruire un muro di ghiaccio lungo un chilometro e mezzo attorno al sito, per ridurre di un terzo la quantità di acqua radioattiva che viene rilasciata nell’oceano. Il muro dovrebbe resistere sei anni, fino a quando i noccioli dei reattori saranno stati sigillati. L’efficacia di quest’operazione, mai tentata prima, anche secondo alcune fonti ufficiali è tutta da capire e rappresenta l’assurdità della situazione a Fukushima, destinata a durare decenni”.

In questi giorni è in corso in Giappone la visita del Cancelliere tedesco Angela Merkel che sta cercando di ottenere impegni precisi per combattere i cambiamenti climatici da parte del Giappone e degli altri
Paesi del G7 prima del vertice che si terrà in Germania a giugno. Il paese nipponico però non riuscirà a ridurre le emissioni di gas serra se continua a puntare sul nucleare per il 15-25 per cento e sulle rinnovabili solo per il 20 per cento, secondo gli obiettivi che si è prefissato al 2030. In seguito al disastro di Fukushima 21 reattori sono sotto indagine da parte dell’Autorità di sicurezza nucleare: se anche tornassero operativi, arriverebbero a generare al 2030 non più del 14 per cento dell’energia, meno della metà rispetto al 2011.

“Fukushima: la situazione a 4 anni dal disastro in 10 punti”:

A quattro anni dal disastro dell’11 marzo 2011, spieghiamo in dieci punti qual è la situazione oggi a Fukushima.

1. Noccioli fusi. La precisa ubicazione dei diversi noccioli fusi resta sconosciuta a TEPCO come a chiunque altro, ma è accertato che una buona parte si è fusa attraversando i vessel (contenitori d’acciaio a pressione) e scendendo nella parte bassa della struttura di contenimento. L’operazione di raffreddamento del combustibile fuso dovrà continuare ancora per molti anni.

2. Acqua contaminata. L’acqua utilizzata per il raffreddamento rappresenta la maggior parte dell’acqua contaminata immagazzinata nelle circa mille vasche d’acciaio montate sul sito dal 2011 ad oggi. A dicembre 2014, un totale di 320 mila tonnellate di acqua altamente contaminata era immagazzinata nei serbatoi. TEPCO sta utilizzando diverse tecnologie per rimuovere fino a 62 radionuclidi da quest’acqua, ma non l’isotopo radioattivo trizio che non si sa ancora come trattare. L’acqua già trattata ma contenente trizio ammontava lo scorso 8 febbraio a 297 mila tonnellate.

3. Il programma di TEPCO. Inizialmente TEPCO stimava di riuscire a completare il trattamento di tutte le acque altamente contaminate entro la fine di marzo 2015, ma questo piano è stato rivisto a gennaio, quando la società ha annunciato di aver completato “circa il 50 per cento” del lavoro. Un nuovo programma dovrà essere annunciato in questi giorni, con TEPCO che ora prevede di completare il trattamento delle acque entro il prossimo maggio. Allo stesso tempo, circa 300 tonnellate di acqua sono necessarie ogni giorno per raffreddare il nucleo rimanente e il combustibile fuso nei tre reattori.

4. Acque sotterranee. La stima ufficiale è che una quantità pari a circa 800 tonnellate di acqua scorra sul sito ogni giorno. Secondo una stima di TEPCO, 300/400 tonnellate di quest’acqua vengono contaminate. TEPCO afferma che la contaminazione delle acque sotterranee entrata nel sito è dovuto alla contaminazione della superficie che permea il terreno e raggiunge le falde acquifere, e che – ‘teoricamente’ – le acque sotterranee non vengono a contatto con l’acqua all’interno degli edifici del reattore; una teoria ancora non provata, che al momento resta solo sulla carta.

5. Un muro di lamiera. I tentativi di evitare questa contaminazione sono concentrati sulla costruzione di un tubo d’acciaio lungo 770 metri e di un muro di lamiera. La struttura in acciaio è situata ad una profondità di 30 metri, ovvero – secondo TEPCO – sotto il livello del suolo permeabile. Questa ipotesi è però messa in discussione dalle indagini geologiche sul sito, che mostrano come gli strati permeabili composti da arenaria e pomice siano ad una profondità di circa 200 metri rispetto alla superficie.

6. La costruzione di un muro di ghiaccio. TEPCO prevede di ridurre il volume delle acque sotterranee che entrano nel sito costruendo una parete di ghiaccio, con una circonferenza di 1,5 chilometri attorno alla centrale di Fukushima Daiichi. Per mettere in pratica questa soluzione, si dovrebbe forare il terreno per poter inserirvi 1.571 tubi di acciaio di 30 metri, da raffreddare a -30C°. L’obiettivo è quello di ridurre di due terzi l’acqua che fuoriesce nell’oceano. Il muro di ghiaccio dovrebbe restare in attività per 6 anni, fino a quando saranno sigillati i nuclei del reattore. Dubbi sull’efficacia di questa soluzione, e sulle conseguenze che questa porterebbe con sé, sono stati mossi anche da uno tra gli stessi consulenti internazionali di TEPCO e da un Commissario presso l’Autorità di regolamentazione nucleare giapponese (NRA).

7. Rimozione del combustibile esausto. Dopo il successo ottenuto con la rimozione del combustibile esausto e fresco dal reattore 4, la TEPCO vuole ora trasferire il combustibile ancora presente al reattore 3 o nella struttura comune dell’impianto oppure nella piscina del reattore 6 nel corso del 2015. A differenza però del trasferimento effettuato dal reattore 4, l’operazione dovrà essere svolta da remoto a causa dell’elevato livello di radiazioni nell’edificio che rende impossibile per degli esseri umani lavorare in un ambiente così contaminato. A complicare ulteriormente le cose, la presenza di macerie nel sito del reattore 3.

8. Decontaminazione. Dal monitoraggio della radioattività svolto da Greenpeace risulta che il 59% dei campioni presi in aree ufficialmente “decontaminate” era ancora oltre la soglia, con i livelli più alti rilevati lontano dalle strade. Il lavoro di decontaminazione è servito in sostanza solamente a “spostare” il problema, ma non a liberarsene. Attualmente 120 mila persone non hanno ancora fatto ritorno nelle loro case e il processo di decontaminazione sembra non conoscere fine. Le colline, le montagne e le foreste della Prefettura di Fukushima sono fortemente contaminate. Il risultato è che il materiale radioattivo viene dilavato attraverso i corsi d’acqua e raggiunge anche aree precedentemente decontaminate, ricontaminandole.

9. Rifiuti nucleari. Il processo di decontaminazione sta generando elevate quantità di rifiuti radioattivi stoccati in 54 mila siti temporanei in tutta la Prefettura di Fukushima. Le stime ufficiali sulle quantità di rifiuti che verranno prodotti dalle operazioni di decontaminazione parlano di 15-28 milioni di metri cubi di rifiuti nucleari. L’area contaminata al di sopra di 1mSv è di duemila chilometri quadri. Se venisse decontaminata genererebbe circa 100 milioni di tonnellate di rifiuti. In realtà questo non è possibile e quindi in futuro avremo una costante ricontaminazione di città e paesi dovuta all’impossibilità di decontaminare le montagne forestate e i fiumi.

10. I costi. I costi delle operazioni di decontaminazione sono stimati in 170 miliardi di dollari. L’istituto privato di ricerca JCER (Japan Centre for Economic Research) stima i costi totali del disastro, la compensazione e il decommissioning dei sei reattori di Fukushima in 520/650 miliardi di dollari.

http://www.greenpeace.org/italy/it/ufficiostampa/rapporti/Fukushima-4-anni-fa-il-disastro-nucleare/

Il Vangelo da vivere… [Marco 14,27]

Nel Rito Ambrosiano la celebrazione della S. Messa è sospesa nei venerdì di Quaresima. Propongo perciò in questi giorni la lettura della Passione di Gesù Cristo secondo Marco (capitoli 14-15) e il commento di una frase del testo.

«Gesù disse loro:

«Tutti rimarrete scandalizzati»

poiché sta scritto: Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse. Ma, dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea.
Allora Pietro gli disse: «Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò».
Gesù gli disse: «In verità ti dico: proprio tu oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte».
Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò».
Lo stesso dicevano anche tutti gli altri. Giunsero intanto a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia.
Gesù disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell’ora. E diceva: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu».
Tornato indietro, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un’ora sola? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole».
Allontanatosi di nuovo, pregava dicendo le medesime parole. Ritornato li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano appesantiti, e non sapevano che cosa rispondergli.
Venne la terza volta e disse loro: «Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino». E subito, mentre ancora parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani.
Chi lo tradiva aveva dato loro questo segno: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Allora gli si accostò dicendo: «Rabbì» e lo baciò. Essi gli misero addosso le mani e lo arrestarono. Uno dei presenti, estratta la spada, colpì il servo del sommo sacerdote e gli recise l’orecchio.
Allora Gesù disse loro: «Come contro un brigante, con spade e bastoni siete venuti a prendermi. Ogni giorno ero in mezzo a voi a insegnare nel tempio, e non mi avete arrestato. Si adempiano dunque le Scritture!». Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono. Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono. Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo».

(Marco 14,27)